domenica 9 dicembre 2018

Artigianato di trincea 1914-1918

Un'arte popolare nata al fronte



martedì 4 dicembre 2018

"La seconda vita".


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  " La seconda vita" è il titolo di un volume, pubblicato quest'anno per le Edizioni Atelier Grafico (Schio), da Giacomo Molon e Giovanni Dalle Fusine, sull'arte e artigianato di trincea della Grande Guerra: è la "seconda vita" dei materiali fabbricati per uccidere, sotto forma di bombe e proiettili, e "piegati" successivamente ad uso pacifico dalle abili mani di soldati-artigiani, che ne ricavarono oggetti di uso quotidiano (come gli accendini), gioielli (anelli e bracciali) e altri souvenir (come i tagliacarte) o bossoli lavorati, spesso di grande bellezza e ispirati all'Art nouveau.
   Il merito del volume, che è un'ampia illustrazione della tipologia, degli scopi, delle tecniche di lavorazione e della destinazione d'uso di tali manufatti,  è in particolare quello di essere l'unica pubblicazione in italiano sull'artigianato di trincea che ha origine sul Fronte italo-austroungarico: la maggior parte dei libri (in francese, inglese, tedesco) si riferisce ad oggetti provenienti dal Fronte occidentale franco-anglo-tedesco o orientale russo-tedesco.
  In questo caso si tratta di una collezione iniziata dal padre di uno degli autori, Antonio Molon, e proseguita dal figlio Giacomo.
   L'interesse per la Trench Art (come viene definito l'artigianato di trincea nel mondo anglosassone) è nato per certi collezionisti dalla presenza nella famiglia di un nonno o altro parente, soldato nella Grande Guerra e autore di qualche oggetto: nel caso di Giacomo Molon, dalla circostanza dell' incontro personale con la venditrice in rete di un tagliacarte di fabbricazione sicuramente italiana. 
  L'approfondirsi dell'interesse per questi oggetti e la collaborazione con il giornalista Giovanni Dalle Fusine hanno prodotto questo volume, che si può considerare non solo una fonte di informazione ma anche un contributo importante allo sforzo di conservazione della memoria  (che speriamo non si esaurisca con il Centenario!) di quella immane tragedia che fu la Grande Guerra e un omaggio a chi visse e soffrì in essa.
  Il volume, corredato da molte fotografie e dettagliate didascalie, è articolato in otto capitoli, che illustrano
lo scenario della guerra in cui si sviluppò l'attività dei soldati artigiani (di cui si hanno accenni nella diaristica, nelle lettere e in varie opere letterarie),  lavori artigianali e quelli artistici, la classificazione, i materiali e le tecniche di lavorazione, qualche "storia".
  A chi non è interessato alla cultura materiale e, in questo caso, ad un aspetto della quotidianità dei soldati della Grande Guerra, gli oggetti che Molon e Dalle Fusine illustrano (e che sono presenti in tutti i Musei specializzati) possono sembrare di cattivo gusto, brutti o banali: in realtà, sono frammenti di esistenza, spesso rivelati da iscrizioni rievocative con nomi, luoghi e date (una sorta di ex-voto per lo scampato pericolo), di coloro che, scaraventati in trincea e privati degli affetti, hanno cercato di fissare la propria terribile esperienza e di mantenere i legami con il proprio recente vissuto, affidando a piccoli oggetti la volontà di non interrompere le relazioni con il mondo di "prima".

Alida Caligaris - 4.12-2018




mercoledì 7 novembre 2018

Le Miroir 11 novembre 1918, numero 259



La Prima Guerra Mondiale termina il giorno 11 novembre 1918, alle 11 del mattino, e sembra che uno strano silenzio si sia diffuso sul Fronte Occidentale, sorprendendo gli stessi soldati: era il tacere delle armi, quella pace che tutti gli europei da tanto tempo attendevano.
La rivista francese Le Miroir, che dall'estate 1914 ha raccontato la guerra soltanto attraverso fotografie (le illustrazioni di tipo pittorico sono rare), non smentisce la sua vocazione al sensazionalismo con una fotografia che vuole essere il simbolo della vittoria: un soldato tedesco giace accartocciato in una fossa con accanto la sua arma, ormai inutile. Può darsi che questa fotografia sia stata realizzata nei mesi precedenti all'11 novembre, ma non importa. Ciò che conta è che il cadavere del nemico viene mostrato come un trofeo e dimostrazione tangibile della vittoria: la guerra più distruttrice della storia, è vinta.
Così leggiamo nella didascalia:
"Un mitragliere tedesco ucciso da un proiettile che ha distrutto anche la sua mitragliatrice. Rincorse dalle armate alleate vittoriose, le divisioni tedesche si sforzano invano di raggrupparsi su un nuovo fronte, lasciando alle compagnie dei mitraglieri il compito di coprire la loro ritirata."
Sono in molti tra i soldati e gli ufficiali tedeschi a non sentirsi vinti e se qualcuno di essi avrà osservato la copertina della rivista, avrà pensato che prima o poi dovrà scattare l'ora della rivincita. Cosa che avverrà 21 anni dopo, nel 1939.
Altre fotografie contenute in questo numero sono significative di ciò che si verificherà nei mesi e negli anni successivi.
Nella pagina centrale ci sono i soldati vittoriosi dell'esercito britannico, si tratta di una brigata della Quarantottesima Divisione che ha contribuito allo sfondamento della Linea Hindemburg.

Questi uomini sanno di aver vinto la guerra e che tra pochi giorni si aprirà un altro capitolo della loro vita; essi non dimenticheranno mai i momenti tragici che hanno vissuto e se riusciranno ad invecchiare i loro pensieri andranno sempre a chi non ce l'ha fatta, a chi è rimasto ucciso sul campo o nelle trincee. Il ricordo dell'esperienza della guerra segnerà le loro vite e la cultura del Novecento. Per il momento sono contenti e pensano di tornare presto a casa, qualcuno di essi morirà prima di questo 11 novembre. Cosa fare di questi uomini? E' il grande problema del dopoguerra: il ritorno nelle fabbriche, nei campi, nelle scuole e università sarà difficile e lento. Non sarà facile ritornare a vivere dopo aver vissuto un lungo periodo con la morte sempre accanto. Il turbamento psicologico generato dagli anni della guerra industriale, segnerà un'umanità profondamente cambiata.

Un'altra fotografia mostra le distruzioni che la guerra lascia dietro di se. La cattedrale di Saint-Quentin è tra le più antiche di Francia e dall'immagine sembra che in parte sia stata risparmiata dalle bombe, ma ha subito un oltraggio di altro genere. Nella didascalia leggiamo:
"Raymond Poincaré visita le rovine della Cattedrale. Durante la sua visita a Saint-Quentin, il presidente della Repubblica, accompagnato dal Prefetto e dai rappresentanti dell'Aisne, è andato a visitare la Cattedrale, che è stata profanata da un sermone oltraggioso, pronunciato in tedesco, sotto le volte gotiche, da cardinale Hartmann, arcivescovo di Colonia..."
Torna in queste parole il conflitto di civiltà di cui è stata impregnata questa guerra e si prefigura l'idea della colpa tedesca per un conflitto di così grave portata e di cui le responsabilità non sono così facili da individuare. Le idee di "trionfo della civiltà" e di "barbarie tedesca" peseranno non poco sulle trattative di pace e sugli anni che seguiranno la Prima Guerra Mondiale.

Una veduta di Aleppo, in Siria, occupata dalle truppe britanniche. L'Impero Ottomano, alleato dei tedeschi, si avvia verso la dissoluzione. La didascalia sottolinea l'importanza di Aleppo
"La mattina del 26 ottobre, la cavalleria britannica insieme alle auto blindate ha occupato Aleppo, dopo aver superato una debole resistenza dell'esercito turco, che continua a ritirarsi davanti alle truppe del generale Marschall. Aleppo è a 310 chilometri a nord di Damasco e conta più di 200.000 abitanti. Dal punto di vista militare, la vicinanza dell'Eufrate, al quale il genio tedesco l'ha collegata per ferrovia, la facevano una base di rifornimento per l'esercito turco."
Dopo trattative durate quasi in anno, 1915-1916, l'accordo segreto passato alla storia come "Sykes-Picot", dai cognomi dei diplomatici, il primo britannico e il secondo francese, aveva sancito la spartizione delle rispettive aree di influenza nel Medio Oriente in caso di vittoria. Aleppo era nella zona francese. L'accordo "Sykes-Picot" era uno dei tanti trattati segreti  che vennero stipulati nel corso della guerra e che, al di là dei proclami e delle frasi ad effetto, nascondevano una voracità senza limiti sulle risorse energetiche di una vasta area del pianeta. Gli effetti di questo accordo si fanno sentire ancora oggi nelle attuali guerre in Medio Oriente.
Nelle quattro fotografie che abbiamo pubblicato si possono intravedere i temi che saranno oggetto di instabilità negli anni a venire e che influenzeranno la politica mondiale sino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
I redattori di Le Miroir impaginando il numero dell'11 novembre 1918, forse non potevano saperlo e volevano soltanto mostrare come la fine di un così grande massacro fosse punteggiato da alcune immagini significative della conclusione di incubo. Oppure se lo sapevano, tacevano a loro stessi e ai lettori.



   

mercoledì 3 gennaio 2018

Piccolo Museo della Prima Guerra Mondiale fotografie,illustrazioni e oggetti.

Sala tre
La guerra illustrata

Gli anni che precedettero la Prima Guerra Mondiale furono caratterizzati da un intenso sperimentalismo nel campo delle arti visive. Lo sconvolgimento nelle coscienze prodotto dalla guerra accentuò il movimento delle avanguardie artistiche, ma nella rappresentazione pittorica e illustrata sulle riviste e gli organi di informazione compresi tra il 1914 e il 1918, non troviamo nulla di tutto questo. Anzi, le necessità della propaganda accentuarono lo stile accademico  con cui venne proposta una guerra ben diversa da quelle che l'avevano preceduta e il punto di riferimento rimase lo stile dell'epica  napoleonica. Mentre la fotografia si imponeva come il media più diretto per rappresentare la condizione dei soldati al fronte, gli illustratori offrivano un'immagine eroica dei combattimenti che non era riconosciuta dai soldati. Nelle quattro immagini della terza sala di questo piccolo museo immaginario, alcuni esempi sula funzione dell'illustrazione pittorica durante la guerra: 1°-mostrare ciò che la fotografia non riesce ancora a cogliere, ad esempio la dinamicità del combattimento con i soldati della propria nazione sempre all'offensiva; 2°-mostrare gli effetti apocalittici del bombardamento notturno; 3°- raccontare le imprese aviatorie; 4°-illustrare e pubblicizzare prodotti industriali e di consumo che la guerra mette a disposizione dei combattenti. E' bene precisare che la fotografia nel corso di questa guerra industriale e avvertita come interminabile, riuscirà a raccontare la dinamicità delle offensive, il combattimento notturno e i duelli aerei.   

Combattimento con soldati tedeschi in un bosco distrutto dai bombardamenti. Dalla rivista tedesca Illustrierte Oefchichte des Weltkrieges, 1916.


Visione notturna di un bombardamento sulla linea del fronte. Dalla rivista francese Panorama de la guerre, 1915.

Gabriele D'Annunzio dall'aeroplano lancia manifestini patriottici su Trieste nel 1915. Dalla rivista italiana La Domenica del Corriere, 1915.


Pubblicità della penna stilografica Parker trasformata in una mitragliatrice. Dalla rivista L'Illustrazione italiana. 

lunedì 1 gennaio 2018

Piccolo Museo della Prima Guerra Mondiale fotografie,illustrazioni e oggetti

Sala due
                                       

La guerra fotografata
Durante la Prima Guerra Mondiale le fotografie debbono rispondere ad alcuni obbiettivi: 1°-pubblicizzare le vittorie e oscurare (o mitigare) le sconfitte; 2°-dare un'immagine quanto più esatta del territorio in cui si combatte; 3°-tramandare il ricordo personale di un'esperienza ritenuta unica e irripetibile; 4°-fornire il materiale visivo affinché la gente possa tornare sui luoghi dei combattimenti dove i propri cari sono caduti o hanno vissuto da combattenti. In questo senso, soprattutto per quel che riguarda il punto uno e due, gioca un ruolo importantissimo la censura militare istituita da tutte le nazioni in lotta. Oggi si sta molto rivalutando la fotografia eseguita per il proprio ricordo personale da ufficiali, sottufficiali e soldati. Essa è ritenuta molto più libera e in grado di mostrare ciò che sfugge alle maglie della censura.

Fotografia con corpi di soldati tedeschi uccisi dall'esplosione di una mina sulla collina di Vauquois nel 1915. Da La Guerre-Documents de la Section Photographique de l'Armée-Ministere del la Guerre-volume primo-Ed. Librairie Armand Colin.
[Sono pochissime le fotografie e le riprese cinematografiche eseguite nel corso di veri combattimenti. La tecnologia dell'epoca non lo permette e gli Stati Maggiori di tutti gli eserciti considerano i fotografi in prima linea non solo un intralcio, ma anche un pericolo per la difficoltà di controllare le immagini realizzate e la loro successiva diffusione. La fotografia eseguita sulla collina di Vauquois (presso Verdun) con brandelli di esseri umani fatti a pezzi, risponde all'esigenza di mostrare i corpi dei nemici uccisi ben sapendo che la guerra si è immobilizzata in un assedio reciproco su fronti che corrono per migliaia di chilometri.]

Fotografia panoramica della zona del Pasubio eseguita nel 1916 e tratta dal libro commemorativo del Battaglione Aosta, IV Regg. Alpini.
[Nei primi cinquant'anni di storia della fotografia era molto diffusa la realizzazione di fotografie panoramiche. Davano  una visione del paesaggio molto vasta e in grado di far conoscere gli aspetti insoliti e anche sconosciuti di territori e città. L'impiego della fotografia panoramica da parte delle sezioni fotografiche dei moderni eserciti era frequente anche prima dello scoppio della guerra e divenne, con il passare del tempo e con la guerra di posizione, il modo per scoprire dov'erano le posizioni nemiche e quindi organizzare le offensive.]

Fotografia stereoscopica con tre ufficiali, tra cui (è scritto sul retro) il Comandante Mongiardini, eseguita forse nel 1916. Da un gruppo di stereoscopie realizzate durante la Prima Guerra Mondiale da un ufficiale italiano probabilmente di Torino.
[L'esperienza della vita militare con l'avvento della fotografia si arricchì di immagini che ricordavano i volti dei compagni d'arme e servivano per mantenere un legame con la giovinezza che altrimenti si sarebbe dissolto con il passare del tempo. L'anonimo ufficiale italiano realizzò una sere di fotografie stereoscopiche durante la sua esperienza di guerra e nel corso degli anni successivi, osservando volti, luoghi e situazioni,  avrebbe rivissuto momenti considerati irripetibili. Queste fotografie possono essere considerate oggi quasi un monumento alla memoria.]

Piccola fotografia contenuta in un album con un gruppo di soldati tedeschi in una trincea di seconda o terza linea. Data e origine imprecisata.
[In questa fotografia possiamo distinguere l'ombra del fotografo, certamente un altro militare di cui ignoriamo il volto, ma che realizzava ricordi.]

Cimitero americano di Romagne. Fotografia tratta da una guida Michelin contenente itinerari sui campi di battaglia di Verdun, delle Argonne e di Metz. Anno di pubblicazione, 1928.

[Oggi il grande cimitero americano di Romagne si presenta, tranne alcune variazioni, come lo vediamo in questa fotografia pubblicata dieci anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Negli anni che seguirono al 1918 venne organizzato un vero e proprio turismo di guerra a cui le guide fornirono il supporto fotografico e di itinerari. Per la verità questo tipo di turismo esisteva già prima che la guerra finisse e chi poteva andava a vedere i luoghi dove erano caduti i propri famigliari con la speranza anche di trovarne qualche traccia (oggetti personali, portafogli, brandelli di divise, anelli) e capire come erano morti e dove. I cimiteri militari ebbero anche un'altra funzione, quella di celebrare il culto della nazione e restano oggi una grande testimonianza visiva del sacrificio di un'intera generazione.]