sabato 28 luglio 2012

Cartoline di guerra Le immagini e i testi Seconda parte

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la produzione di cartoline in serie e riguardanti temi specifici non era una novità; questo fatto era stato preceduto dalla fotografia che aveva illustrato monumenti e opere d’arte, diffuso volti di personaggi famosi (ad esempio gli attori) e scene in cui venivano ricostruite particolari situazioni.
La stereoscopia era stata la forma per cui vere e proprie storie erano state raccontate attraverso due fotografie identiche e realizzate con un’apposita macchina stereoscopica. Una storia suddivisa in più stereoscopie, come le inquadrature di un film, veniva vista in casa propria attraverso un visore la cui qualità differiva a seconda del costo.

Stereoscopia americana con la presentazione del neonato al padre, è compresa in una serie dedicata ad una storia famigliare




La produzione seriale aveva diffuso anche una versione militare: la fotografia aveva raccontato con riproduzioni di opere pittoriche, le grandi battaglie del XIX° secolo e fatto conoscere i volti di generali e teste coronate che prima del lungo quarantennio di pace in Europa, seguito alla guerra franco-prussiana del 1870, avevano combattuto sui campi di battaglia per la conquista dell’egemonia sul vecchio continente.

Cartolina sulla Battaglia di Rezonville, da un quadro di Albert Morot, guerra Franco-Prussiana del 1870






Alla cartolina toccò il compito di estremizzare questo processo culturale e commerciale.
La cartolina divenne ben presto una vera e propria industria, un mezzo popolare di portata straordinaria per diffondere non solo messaggi tra le persone, ma icone di carattere visivo che dovevano restare nell’immaginario collettivo e individuale.

Cartolina in cui due sposi ricordano il momento del fidanzamento, si noti la messa in scena fotografica



La guerra mondiale portò alle estreme conseguenze il ruolo della cartolina postale che fu prodotta nell’ordine di milioni di copie; non è stato mai fatto un computo preciso di quante cartoline con al centro il tema della guerra furono stampate, vendute, inviate e conservate. Pensiamo che fossero nell’ordine di milioni.
La guerra creò l’abitudine a consumare un racconto estremamente sintetico che attenuò gli aspetti più duri della guerra. Lo storico George L. Mosse ha parlato di banalizzazione della guerra attraverso numerosi oggetti di consumo popolare: uno di questi, e fra i più importanti, fu proprio la cartolina postale.

Cartolina francese con un soldato in trincea che sogna sua moglie, nella didascalia: “con il cuore e il pensiero, sono sempre vicino a te”



Una fotografia e un illustrazione dovevano dire in un’unica immagine molte più cose che non un bollettino militare o un articolo di giornale, strumenti di comunicazione e diffusione delle notizie destinati ad un pubblico culturalmente più colto o più avvezzo a leggere tra le righe anche notizie che riguardavano false vittorie o avanzate che si riducevano a poche centinaia di metri di terreno conquistato al nemico.
La caratteristica di ammorbidimento della realtà della guerra favorì il fatto che soldati e famiglie si abituassero a spedire le cartoline che c’erano a disposizione, senza preoccuparsi molto dell’immagine che riproducevano: erano cartoline e niente più. Venivano definite “illustrate” per sottolineare il fatto che si inviava qualcosa di scritto con un messaggio ritenuto più rapido e meno faticoso di una lettera che invece richiedeva il tempo e la capacità necessaria per scriverla.
Un vigoroso alpino schiaccia Francesco Giuseppe: l’imperatore austroungarico è ridotto a un essere lillipuziano per rappresentare i primi passi degli italiani per la liberazione delle “terre irredente”. Questa cartolina proviene dalla corrispondenza della famiglia Mizzoni e sul retro ci sono i saluti di Luigi al fratello di Giuseppe che è al fronte. Venne spedita il 16 novembre 1915. A quella data i primi passi della conquista italiana si erano rivelati ben più ardui di quanto l’immagine che voleva essere anche umoristica, rappresentasse.

I primi passi



La guerra italiana si combatte anche sul mare e l’Adriatico è lo spazio marino che bisogna conquistare non solo per essere più forti in Europa e nel mondo, ma per vendicare la sconfitta di Lissa nel corso della Terza Guerra d’Indipendenza del 1866. Questa cartolina venne utilizzata per inviare auguri di buona Pasqua. La didascalia contraddice il messaggio di pace e fine della guerra che tutti si augurano nel 1917: “Dai misteri del mare le onde vaganti di Lissa invocano vendetta: adunate l’oro per dare a questa le armi”. Altro che pace! Si chiedeva ancora uno sforzo, questa volta economico, per conseguire una vittoria che appariva lontana. Sul retro solo un semplice saluto.


Il marinaio






Con un montaggio fotografico una bambina chiede un fiore dalle terre redente. Il messaggio è prestampato, la madre di Milena, Margherita del Nero e moglie di Giuseppe Mizzoni, aggiunge un “e che torni presto”.
Sul retro il messaggio è di rassegnazione: “Per molti giorni ti ho atteso credendo che se non ho fatto Natale in tua compagnia, contavo almeno di fare il principio dell’anno 1916 insieme. Rassegniamoci e auguriamoci che questo nuovo anno sia apportatore di quiete di pace e di felicità.”
In questo caso ci sembra di ravvisare una corrispondenza tra il testo è l’immagine: la bambina alla finestra aspetta il padre e la vittoria. La madre utilizza questa cartolina per stimolare suo marito a chiedere una licenza e tornare anche per un momento a casa. Ma la licenza non arriva.

I bambini e la guerra in cartolina



“L’italianità oppressa bacia il simbolo della libertà”, così recita la didascalia di questa cartolina costruita con un fotomontaggio in cui due donne simboleggiano l’Italia e le terre irredente incatenate, sullo sfondo il castello di Trento. Al centro si dispiega il tricolore che è come un ponte di speranza. Una sorella di Giuseppe Mizzoni, Veronica, inviò i saluti di buon anno al fratello. Forse la scelta della cartolina fu influenzata dall’impianto scenico dell’immagine che doveva evocare le ragioni del sacrificio e della lontananza.

Italianità oppressa



E per concludere una fotografia formato cartolina che non proviene dall’archivio della famiglia Mizzoni. Venne inviata da Pierino forse a sua madre e chiedeva di fargli sapere se aveva ricevuto altre sue fotografie.

Una fotografia con il soldato Pierino



La fotografia formato cartolina fu largamente usata sino agli anni successivi la Seconda Guerra Mondiale, era il modo per inviarsi le proprie immagini con messaggi di saluto ed di altro genere. Questa modo di scambiarsi le immagini riprendeva una delle prime forme di uso della fotografia: la “carte de visite”. I due soldati non potendo sollevare in alto la bandiera con al centro la croce sabauda, l’hanno messa in orizzontale e ben in primo piano. E’ un modo di dimostrare a chi sta a casa che quella bandiera per loro è importante ed è per essa che stanno combattendo. Forse in questo caso la scelta non fu solo dettata dalle necessità imposte dall’inquadratura, ma da tante immagini stampate sulle cartoline postali che erano passate sotto i loro occhi.
Il rapporto tra la cartolina postale e la Grande Guerra resta al centro della costruzione di un immaginario che ha fortemente influenzato le scelte delle società europee che si combatterono tra il 1914 e il 1918.

domenica 22 luglio 2012

Cartoline di guerra Le immagini e i testi Prima parte


Bersaglieri, la cartolina sul retro non ha testo



E’ nostra intenzione confrontare le immagini e i testi di alcune cartoline che provengono per la gran parte dalla famiglia Mizzoni e che furono inviate durante la Grande Guerra.
[Chi scrive è nipote di Giuseppe Mizzoni e Margherita del Nero. Durante la Prima Guerra Mondiale i coniugi Mizzoni si scrissero quotidianamente e il loro carteggio, per fortuna salvato, costituisce una finestra aperta sui sentimenti della gente comune nel corso del conflitto. In particolare, le lettere di Margherita sembrano uno strumento utile per capire quale fosse la situazione del cosiddetto “fronte interno” in un paese della Ciociaria, Veroli, tra il 1915 e il 1918. In altri post abbiamo utilizzato brani tratti dalle lettere di Margherita del Nero.]
Ci è parso di ravvisare in questo confronto, una divaricazione tra l’immagine proposta sulle cartoline e i testi scritti dalle persone che le inviavano.
Le immagini appartengono ad un’idea della guerra italiana coltivata dagli intellettuali e di riflesso dalla media borghesia, nei decenni precedenti e che proponeva un’Italia aggressiva e vendicatrice. Un’Italia che si poneva finalmente sullo stesso piano delle altre nazioni europee economicamente e militarmente forti, padrone di imperi coloniali vasti e in competizione tra loro.
I testi, al contrario, riflettono i sentimenti della gente comune che si invia saluti frettolosi, brevi messaggi in cui la speranza è quella che la guerra finisca al più presto.
[Gli storici hanno rilevato che questo dato è comune nella corrispondenza tra i soldati e le famiglie di tutte le nazioni belligeranti.]
E’ molto probabile che non ci fu una scelta premeditata nell’inviare quella o quell’altra cartolina: a disposizione dei soldati ce n’erano migliaia e non si badava al contenuto dell’immagine che giungeva alla famiglia anche se questo fatto, come vedremo, poteva recare inquietudine e preoccupazione.
Milioni di cartoline furono inviate nel corso della Prima Guerra Mondiale da un capo all’altro dell’Europa e la scrittura divenne un vero e proprio esercizio di massa.
In Italia, paese in cui il tasso di analfabetismo era ancora molto alto nel 1915, i soldati-contadini furono costretti a scrivere. Così avvenne anche per le loro famiglie: si trattò nella maggioranza dei casi di messaggi brevi in cui la condizione dura della guerra fu mascherata da poche e semplici parole rassicuranti.
Lo storico Fabio Caffarena ha scritto:
“Le missive dei combattenti comuni allora come oggi restituiscono la cruda realtà della guerra non mediata dalla debordante retorica degli alti ufficiali, i cui messaggi, scevri dall’impianto formulaico della corrispondenza popolare, si dissolvono spesso nel richiamo anonimo e retorico agli ideali nazionalistici.”
[da “Le scritture dei soldati semplici” di Fabio Caffarena, in “La Prima Guerra Mondiale” a cura di Stéphane Audoin-Rouzeau e J.J. Beker, edizione italiana curata da Antonio Gibelli, Vol. II, Einaudi 2007. Fabio Caffarena insegna Storia Contemporanea all’Università di Genova e dirige l’Archivio Ligure di scrittura popolare.]
L’immagine proposta dalle cartoline di guerra doveva essere chiara nei simboli che proponeva allo sguardo: la difesa della patria, l’odio verso il nemico, la giustezza della lotta, la liberazione dei fratelli in schiavitù, il sacrificio per la difesa di donne e bambini minacciati dalla violenza altrui.
Non sempre i messaggi proposti corrispondevano a ciò che troviamo scritto sul retro delle cartoline. Un soldato meridionale di nome Esposito così scriveva a sua moglie:
“Zona di guerra 9/6/1917
Mia carissima Moglia, ti scrivo questi due richi tanto per farti sapere l’ottimo stato della mia salute e così spero sentire sempre di te e di tutta la tua famiglia poi quello che ti raccomando di non farti cattivo sangue e di darti sempre coraggio e di penzare per la tua salute e di stare senza pensiero verso di me che io mi saprò disbrogliare basto per oggi non o altro a dirti mi saluterai tanto assai tuo Padre e tua Madre e tue sorella e fratelli e io dandoti i più affettuosi e cari saluti e Baci di vero cuore e mi dico tuo affezionatissimo Marito per sempre Esposito.”

Cavaliere italiano



Il verso della cartolina propone un immagine “militare” per eccellenza: il cavaliere armato di lancia che galoppa incurante del pericolo. Questa immagine di maschia virilità ricorda le battaglie risorgimentali e la fedeltà dell’esercito a Casa Savoia, simboleggiata nella croce sabauda sull’elmetto del cavaliere. Una sequenza cinematografica con dei cavalieri che attraversano un fiume, forse il Piave o il Tagliamento, viene riproposta ancora oggi come uno dei simboli della riscossa italiana dopo la Battaglia del Solstizio che precede la sconfitta austroungarica di Vittorio Veneto. E’ tratta dal film “Gloria”, realizzato nel 1934.
Tra l’immagine eroica della cartolina e il testo del soldato Esposito, la differenza è forte e si condensa in quella rassicurazione alla moglie: la esorta a non darsi pensiero, ce la farà a disbrogliarsi dalla cattiva situazione in cui è finito.
Per il resto tante raccomandazioni e saluti ai parenti.

Retro cartolina del soldato Esposito



Più inquietante appare il messaggio con un semplice saluto inviato da Cristino Cristini, cognato di Giuseppe Mizzoni, accompagnato da un’immagine di guerra e di morte.
La cartolina mostra un ufficiale di artiglieria, lo desumiamo dal cannocchiale, ferito a morte nella postazione che difende un picco innevato. I soldati italiani stanno per rispondere al fuoco nemico e un verso di Giosuè Carducci accompagna l’immagine: “da nevai che di sangue tingemmo scrosciate macigni”.

Artiglieri italiani



Dalla corrispondenza tra Margherita del Nero e Giuseppe Mizzoni apprendiamo che già in famiglia c’è stato un caduto e questa cartolina scelta fra le tante a disposizione, non sembra voler rassicurare nessuno. Anche se la trasposizione pittorica della guerra non mostra la vera realtà del conflitto, l’immagine della cartolina dice che in montagna si combatte e si muore tra la neve e il gelo. La frase di Carducci incita gli italiani ad usare anche le pietre per contrastare gli austriaci. Forse c’è un riferimento all’offensiva austroungarica, scatenata in Trentino nella primavera del 1916 e passata alla storia come “spedizione punitiva”.
[Riportiamo il testo di una lettera di Margherita in cui si da notizia al marito della morte di un cugino.

15 novembre

…Mi sono alzata a quest’ora, devo uscire con tua madre, andiamo da zia Rosa a scambiare Peppino Cristini e Concetta che hanno fatto nottata. Come già si sospettava ieri giunse al municipio la notizia della morte del povero Fernando avvenuta il 3 novembre sul campo di battaglia. Zia Rosa fu da ieri, da quando il sindaco andò ad avvisarla ha le convulsioni. Non puoi immaginare che brutta impressione abbia fatto proprio in tutti... Peppino mio, come si può vivere tranquilli, al combattimento del 2,3, e 4 ci son capitati già che si sanno 5 di Veroli e pare che siano proprio della città. Sai che cosa si dice?! Che la guerra finirà quando da tutte le nazioni s’incomincerà a morire di fame. E tutti questi poveri giovanotti che stanno ammazzando. Davvero è da ringraziare Dio se hai la fortuna di rimanere sempre costì. Di tuo fratello nulla…]
La corrispondenza tra immagine e testo ci sembra di riscontrarla invece in una cartolina inviata da un fratello di Giuseppe Mizzoni, Nazareno. Nazareno non è andato al fronte ma è riuscito ad entrare come operaio militarizzato nelle acciaierie Terni. Invia una cartolina che mostra la fabbrica e gli operai che ci lavorano in un atteggiamento marziale, in piedi accanto alle macchine che usano quotidianamente. Questi operai sono ritratti come dei soldati che lavorano per la vittoria della nazione.

Acciaieria Terni



Nazareno, un giovane che proviene da Veroli, paese nelle vicinanze di Frosinone e caratterizzato a quell’epoca da un’economia e rapporti sociali di tipo rurale, è sensibile allo spettacolo offerto dalla macchina industriale al servizio della guerra. Le sue parole sembrano un vero e proprio ingresso nella civiltà industriale.
“…Mi trovo dunque a Terni e precisamente operaio presso la fabbrica d’armi, al 3° laboratorio, ma non a questo che qui ti rimetto io sono dove si fallo l’alzi(?). Che stabilimento!? Si lavora una settimana di giorno e una di notte ho già provato e mi contento…”


Retro cartolina di Nazareno







giovedì 12 luglio 2012

La Prima Guerra Mondiale Video Dalla guerra di movimento alla trincea


Secondo video dedicato alla Prima Guerra Mondiale. Qui si raccontano i principali avvenimenti che portarono alla immobilizzazione del Fronte Occidentale dopo la Prima Battaglia della Marna, del settembre 1914.

giovedì 5 luglio 2012

La prima guerra mondiale L'estate del 1914 Video


Questo video è il primo di una serie dedicata alla Prima Guerra Mondiale. E' stato realizzato esclusivamente con fotografie e illustrazioni tratte dalle riviste della Collezione Svac.