sabato 31 luglio 2010

Memoria familiare in alcune fotografie anonime della Grande Guerra-Prima parte

Questa relazione è stata tenuta a Ravenna il giorno 24 aprile 2010 nel corso del Convegno "Forme di famiglia, forme di rappresentazione fotografica, archivi fotografici famigliari", organizzato dall'Università di Bologna Alma Mater Studiorum, dalla Società Italiana per lo studio della fotografia e dalla Fondazione Flaminia di Ravenna.





Il documento che propongo in apertura non è una fotografia, ma una lettera e appartiene al carteggio intercorso, dal 1915 al 1918, tra i coniugi Margherita del Nero e Giuseppe Mizzoni. Erano i miei nonni materni.


Famiglia Mizzoni, 1917
Le lettere raccontano la storia di una drammatica separazione generata dalla guerra e quella di un piccolo mondo dell’Italia centrale: il paese di Veroli, in Ciociaria.
Un giorno del 1916, Margherita Del Nero va al cinema insieme a sua figlia Milena, che ha tre anni, e racconta quel momento di svago al marito.

Lettera inviata da Margherita Del Nero il 7 novembre 1916
“Questa sera qui si è fatto il cinematografo, siccome nel manifesto diceva che erano tutte rappresentazioni della guerra ci sono andata assieme a Milena… È durato dalle 5 alle 7 ½ sono rimasta molto soddisfatta, specie perché ho visto tutti i posti del Cadore. O’ veduto ed ammirato le bellezze di Cortina, la chiamavano, la regina del Cadore il monte chiamato tre Croci, il monte nero, col di lana, porto sei busi, la strada delle dolomiti, quella che tu chissà quante volte avrai battuta, in un’altra figura c’erano gli accampamenti in mezzo alla neve, una stazione di rifornimento ed indovina che? Una colonna di soldati artiglieria Cremo; che portavano le munizioni; tutti con i muli…Devi sapere che quando vidi quelli che portavano le munizioni, dissi forte a Milena, lì c’è papà, e quella creatura incominciò a chiamarti forte a buttarti dei baci e con la manina a farti addio; molti dei presenti al vedere la nostra creatura, ci sono uscite le lacrime. O’ veduto un assalto degli Alpini, quando presero il passo tre Croci salirono tutti con la corda; c’erano poi molte vedute dalla parte dell’Isonzo. Insomma nel cinematografo ho visto dove tu ti trovi....”
La lettera é inviata il 7 novembre 1916. Margherita e sua figlia “vedono” la guerra e cercano di riconoscere il loro caro nelle immagini proiettate sullo schermo. E’ una sorta di transfert che dura il tempo di un film e che resta nella memoria.
Quelle immagini sono giunte sino a noi e fanno parte dei documenti cinematografici attraverso i quali noi vediamo e conosciamo la Grande Guerra. La scalata degli alpini viene spesso inserita nei filmati che raccontano la Grande Guerra degli italiani.
L’immagine è il modo nuovo con cui si stabilisce il legame tra i milioni di soldati su tutti i fronti di guerra e le loro famiglie.
Cartoline, fotografie, pubbliche proiezioni di cinegiornali di guerra, fotografie che appaiono sulle riviste: questi sono gli strumenti per tenere unito un vincolo che l’estrema durata del conflitto rischia di spezzare.
La Prima Guerra Mondiale entra negli archivi fotografici familiari, costituiti da album che sino ad allora sembravano restituire un mondo ordinato e tranquillo. Ci sono le fotografie del servizio militare, con il soldato che indossa un’ordinata divisa e posa nello studio del fotografo. Ma quando scoppia la guerra, qualcosa cambia. Durante il conflitto i soldati che si fanno fotografare sono milioni. Per molti di essi, l’esperienza di porsi davanti ad un obbiettivo fotografico è una novità assoluta e rappresenta l’ingresso nella modernità.
E’ qualcosa che non è mai avvenuto da quando era stata inventata la fotografia.

soldati tedeschi
Sono fotografie eseguite in studi improvvisati, il fondale è una coperta o un semplice panno nero, gli atteggiamenti sono sempre gli stessi: i soldati si fanno fotografare anche con gli scarponi sporchi di fango.

soldati italiani
Sul retro delle fotografie si scrivono messaggi di speranza, si tenta di rassicurare che tutto va bene, ogni tanto si confessa lo scoramento.
In una foto cartolina di un soldato francese, rinvenuta in un album appartenente ad una famiglia di cui non si ha alcuna notizia, leggiamo:
“Alta Alsazia, 10 maggio. E' seduto su una vetta del versante dei Vosgi, con un paesaggio magnifico davanti agli occhi, ma purtroppo al suono di un cannoneggiamento continuo, che ti invio il mio ritratto per dirti arrivederci o addio. Non avrei mai immaginato che mi fosse riservata una sorte simile, sono nella territoriale e questa sera andremo fino agli avamposti dove ci avvicendiamo ogni due giorni. Il paesaggio è bello ma dei grossi crateri ci…”
foto-catolina di un soldato francese
e il testo scritto sul retro
Purtroppo chi inserì la fotografia nell’album ne tagliò una parte. La testimonianza di questo anonimo combattente si ferma qui.