domenica 26 febbraio 2012

Champagne 1915. Trincea

C’è in queste lastre fotografiche conservate in una scatola che sul coperchio di cartone indica luoghi e situazioni non corrispondenti pienamente alle immagini contenute, un inconscio desiderio di pace.

Due soldati fotografati in trincea, quello a destra ha il bracciale della Croce Rossa



La trincea nel corso della Grande Guerra è il luogo dove l’essere umano-soldato, vive la dimensione di un tempo infinito. Ma raramente coloro che avevano con se una macchina fotografica fotografarono il combattimento, nel migliore (peggiore) lo ricostruirono ambientandolo nelle posizioni più arretrate del fronte. Al posto della lotta i soldati si fotografarono, lasciando in questo modo un’importante testimonianza di un’esperienza umana che lo storico George Mosse ha definito “l’esperienza della guerra di trincea”.

Furono eseguite fotografie con uomini in gruppo, come questa in cui si mostrano gli strumenti per consumare il rancio. I soldati non dimenticarono l’esperienza comune che si sarebbe tramandata in tanti ricordi, magari vissuti in maniera solitaria, nel silenzio e nel rifiuto di raccontare, una volta tornati alla vita civile

Un gruppo di soldati dopo aver consumato il rancio





Oppure si trattò di ingenue immagini rubate, come tra ragazzi nell’interno di un collegio, quando qualcuno si tirava su i pantaloni dopo aver orinato.

Foto rubata, un soldato che si allaccia i pantaloni



In queste immagini la trincea di seconda linea diventa quasi un altrove sognato e desiderato. L’ufficiale sembra messo in posa dietro l’angolo del giardino di casa.


Ufficiale

Si trattava di seconde linee, probabilmente situate in un settore del Fronte Occidentale nei pressi di Berry au Bac, nello Champagne. In questa regione francese, in prossimità della città di Reims, nel 1915 il comandante in capo dell’esercito francese Joffre scatenò una serie di offensive volte a ricacciare indietro i tedeschi, il celebre “grignotage”. Ma questi attacchi condotti con la tecnica dell’offensiva frontale non portarono a niente. Lo storico britannico Keit Robbins così sintetizza la situazione nello Champagne alla fine del 1915:
“Nello Champagne due armate francesi avanzarono lungo un fronte abbastanza vasto, ma la facile penetrazione nella prima linea difensiva tedesca si rivelò un tranello: infatti non si riuscì a sfondare la seconda, che si trovava al di là della portata delle artiglierie, e nel tratto fra l’una e l’altra caddero migliaia di uomini. I combattimenti cessarono verso la metà di ottobre, anche qui con un’effettiva avanzata di circa tre chilometri. Su tutti fronti, in complesso, le perdite alleate erano state maggiori di quelle tedesche”
da La Prima Guerra Mondiale, di Keit Robbins, Ed. Mondadori 1999, pag. 57

Tre ufficiali osservano delle carte topografiche



Nonostante questa situazione, in seconda linea era possibile sollevare la testa per osservare l’orizzonte e stare lontani dal tiro dei cecchini nemici o dell’artiglieria. Seconda linea o accantonamento, luoghi di riposo e sosta dall’estenuante “lavoro” della guerra di trincea.

Ufficiale osserva l’orizzonte



L’intellettuale italiano e interventista, Renato Serra, descrisse in poche righe ciò che era diventata la sua esperienza di guerra, dopo il primo e sofferto entusiasmo per l’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale.
“Come si vede e si sente diversa la guerra, ad esserci in mezzo. Si fa. Ma ormai è come la vita. E’ tutto, non è più una passione, né una speranza. E, come la vita, è piuttosto triste e rassegnata: ha il volto stanco, pieno di rughe e di usura, come noi. Questo non toglie tanta forza nascosta, insospettata.”
da “Racconti di guerra-Il diario di trincea di Renato Serra”, a cura di Luigi Ambrosini, Edizioni Lattes 1917, pag. 157
[Renato Serra, giovane promessa della letteratura italiana, fu ucciso sul Podgora il 20 luglio 1915. Di Renato Serra resta importante lo scritto Esame di coscienza di un letterato, in cui confessa la sua sofferta e disillusa adesione alla guerra dell’Italia.]
L’obbiettivo dell’anonimo fotografo-soldato coglie quei momenti di duro impegno che vogliono dire lavoro in prossimità delle linee avversarie. La schiena curva dell’uomo mentre tende il filo spinato è l’impronta della forza e della mascolinità impiegata tante altre volte nella vita civile, nei campi o in fabbrica.

Due soldati tendono il filo spinato



Ma fotografia è anche sguardo sul lavoro eseguito: lo stato della trincea, il filo spinato che segna il limite con la linea avversaria invisibile e che pure c’è, a poche decine di metri.

Le difese di una trincea






Filo spinato e orizzonte, a poca distanza ci sono le linee tedesche



Le armi sono ricordate fotograficamente attraverso il mitico cannone da 75 a tiro rapido, vanto dell’esercito francese. Questo è il segno della guerra; il cannone è puntato verso il nemico. E’ un oggetto solitario e vigila. Non ci sono gli artiglieri nell’inquadratura e il cannone ci appare come un oggetto dimenticato della guerra, uno dei tanti da lasciare in ricordo di eventi memorabili. Più tardi, molti anni dopo, forse sarà esposto in un museo.

Cannone francese da 75 mm



Come pure da assolutamente da fissare per la memoria, sono le decorazioni sulla linea del fronte fotografate per un amico, un commilitone che si è distinto e forse morirà tra pochi mesi, nel prossimo assalto, sotto il fuoco di sbarramento che prima o poi ci sarà.


Decorazione davanti alla truppa schierata



In quella trincea, di cui oggi forse si può scorgere solo una traccia nella terra che mantiene la memoria di qualcosa, la guerra, che l’essere umano vorrebbe dimenticare, nasce un forte spirito di solidarietà. La fotografia conserva questo “sentimento” su lastre invecchiate dal trascorrere del tempo.


Ufficiale in trincea



Chi fotografò questa trincea? Come altre volte, la risposta è sempre la stessa: non lo sapremo mai.

domenica 19 febbraio 2012

Uomini e animali


Le Miroir N° 171, del 4 marzo 1917



Questa fotografia viene pubblicata il 4 marzo 1917 sulla copertina della rivista Le Miroir. L’immagine solo apparentemente si può ricondurre al tema della “guerra dei gas”, essa racchiude in se una simbologia che ci riporta indietro nel tempo, alle guerre del Medio Evo e del Rinascimento, e insieme svela l’assoluta modernità di quella piccola porzione di conflitto che sta raccontando. E’ stata eseguita nelle retrovie del fronte, dallo sfondo si intravede la parete di una cava di pietra dove sono stati radunati altri cavalli, e vuole mostrare un equipaggiamento completo conto l’arma dei gas che comprenda uomini e animali: le maschere che coprono interamente il volto dei cavalieri, i lunghi cappotti forse impermeabili, la bardatura dei cavalli a cui si aggiunge il sacco protettivo che però non copre gli occhi. E’ una fotografia di propaganda per dimostrare che l’esercito francese prende tutte le misure necessarie per difendersi contro l’arma più insidiosa e mortale, il gas. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, nonostante le caratteristiche industriali del conflitto, il cavallo come mezzo di trasporto venne ampiamente utilizzato e gli animali pagarono un duro prezzo nella guerra. La cultura contemporanea sta lentamente sviluppando una maggiore sensibilità nei confronti degli animali, nella consapevolezza che anche gli uomini fanno parte di un mondo naturale in cui tutto è interconnesso. Al tempo della Prima Guerra Mondiale non era così. Questa fotografia è uno dei tanti simboli di quell’apocalisse della modernità che conteneva in sé aspetti assolutamente moderni ed altri che richiamavano le epoche precedenti. Il punto di congiunzione tra le due fasi della storia è la maschera antigas che copre uomini e cavalli.

martedì 14 febbraio 2012

La Prima Guerra Mondiale video prima parte

Cari amici, su youtube c'è un video dedicato alla Prima Guerra Mondiale, è la prima parte di una serie in via di costruzione. Per ora c'è solo il primo capitolo: L'estate del 1914. Seguiranno a breve altri due video dedicati al passaggio dalla guerra di movimento a quella di trincea e alla decisione dell'Italia di entrare in guerra.
Buona visione a tutti.
Per vedere il video dovete andare su youtube e scrivere MrStevial.
A presto con i prossimi post dedicati alla fotografia della trincea e della violenza nella Grande Guerra.

mercoledì 1 febbraio 2012

La Legione Garibaldina Fronte Occidentale 1914-1915 Terza parte

I combattimenti nella Foresta delle Argonne
26 dicembre 1914-9 gennaio 1915
La Domenica del Corriere, gennaio 1915, Achille Beltrame



Il 12 novembre 1914 il reggimento garibaldino giunge a Mailly-le-Camp, è la sosta che precede l’invio al fronte.
Nel 1916, presso le Edizioni Helios viene pubblicato a Marsiglia una sorta di diario garibaldino scritto dal capitano Ricciotto Canudo che si firma Capitaine Oudanc.
Il titolo è “Jour gris et nuits rouges dans l’Argonne - Douze fresques de l’action garibaldienne”; nel secondo capitolo, “Les funérailles Mystiques dans la Boue”, Canudo così descrive il luogo verso il quale sono diretti gli uomini venuti in Francia per combattere:
“Nelle Argonne, nella mangiatrice di uomini, c’é, intorno ai combattenti nascosti nel fango, un’anima più vasta, immensa, che li avviluppa in un’atmosfera di gran segreto : l’anima della foresta. Il nemico è là, di guardia mattina e sera, per venire avanti, per colpire la l’instabile e calda barriera di petti umani, per avvicinarsi ad un obbiettivo indispensabile ai suoi scopi: Verdun, come una fiera superba che non catturerà mai. E i combattimenti proseguono in decine di attacchi e contrattacchi violenti, di giorno e di notte, senza sosta.”
[Ricciotto Canudo (Gioia del Colle 1879-Parigi 1923), intellettuale italiano che viveva in Francia ed era amico di Apollinaire, Picasso e Gabriele D’Annunzio. E' entrato nella storia del cinema per essere stato il primo autore di un testo di teoria cinematografica, L’usine aux images, pubblicato postumo nel 1927. Canudo, nominato capitano con il decreto del 25 settembre (X. Derfner), non compare negli elenchi dei volontari garibaldini (ufficiali, sottufficali e soldati) riportati da Marabini e da Ricciotti Garibaldi. Di un incontro con Canudo a Parigi nel 1915 parla anche Curzio Malaparte nei suoi ricordi autobiografici, Malaparte lo descrive come reduce dalla campagna garibaldina. Il testo di Canudo sulla guerra si differenzia da tutte le altre memorie garibaldine per la forza letteraria della descrizioni e per alcune intuizioni sugli effetti psicologici della nuova guerra (scrive nel 1916!).]
Il 23 dicembre i garibaldini raggiungono la foresta delle Argonne.

Foresta delle Argonne, proiettile, foto S.V.



La sera del 24 giunge l’ordine di avvicinarsi alle linee tedesche, fa molto freddo.

Le Miroir N° 61, la linea del fronte in cui sono indicati i luoghi dove combatterono i garibaldini






Nella notte tra il 25 e il 26 i garibaldini sono all’Abri de l’Etoile, il generale Gouraud comunica a Peppino Garibaldi che l’attacco è previsto all’alba, ore 6, 30. Inizia il fuoco delle artiglierie francesi verso la Cresta di Bollante, obiettivo dell’attacco. I tedeschi rispondono.
L’artiglieria francese sbaglia il tiro, il tenente Gregorio Trombetta è colpito a morte mentre marcia in testa al suo plotone, due soldati accanto a lui sono uccisi. E’ il primo sangue versato dai garibaldini. L’attacco frontale alle trincee tedesche viene differito dalle 6. 30 alle 8. Al momento stabilito e preceduto da squilli di tromba (un fatto che darà origine a polemiche) il secondo battaglione al comando del Maggiore Longo, va all’assalto al grido di Viva l’Italia!
Un fuoco di fucileria accoglie i garibaldini, ma non ferma lo slancio. Molti soldati sono colpiti e molti gli ufficiali feriti. Bruno Garibaldi è ferito ad una mano; dopo essersi medicato alla meglio, Bruno torna allo scoperto: il fuoco tedesco lo uccide con un proiettile nel fianco e uno al petto.

La Chalade monumento ai garibaldini, Bruno Garibaldi, foto S.V.



Nonostante la dura accoglienza dei tedeschi, gli italiani conquistano la prima linea con un violento corpo a corpo, ma a un tratto un’esplosione sconvolge la trincea.
I garibaldini sono costretti a retrocedere, l’attacco è fallito.
La salma di Buno Garibaldi viene portata a Roma dove vengono organizzati funerali solenni: il corteo funebre si trasforma in una grande manifestazione di massa a favore dell'intervento italiano a sostegno della Francia.

La cappella di La Chalade e sepoltura di due garibaldini, da “I fratelli Garibaldi, dalle Argonne all’intervento” di Ricciotti Garibaldi



L’occasione per la vendetta viene il 5 gennaio del 1915: l’obiettivo è la conquista di Courtes Chausses, un'altra posizione tedesca fortemente trincerata nella foresta. Ma questa volta il piano d’attacco predisposto dai francesi è più complesso. Il primo e il terzo battaglione investiranno la posizione, il secondo invece effettuerà un attacco dimostrativo in un settore limitrofo della linea tedesca chiamato “Four de Paris”. L’artiglieria francese e il 76° fanteria appoggeranno l’operazione.
Verso le dieci del mattino, dopo aver conquistato ben tre linee di trincee, i garibaldini debbono sostenere il contrattacco tedesco che si sviluppa con un nutrito fuoco di mitragliatrici. I garibaldini, presi d’infilata dal fuoco nemico, sono costretti ad abbandonare l’ultima posizione conquistata e ritirarsi nella seconda trincea tedesca; poco dopo vengono sostituiti dai francesi che riescono a tenere la posizione. Nel settore di “Four de Paris”, quella che doveva essere solo un’azione dimostrativa si trasforma in uno scontro sanguinoso. All’alba i tedeschi improvvisamente escono dalle loro trincee; i garibaldini che aspettano l’ordine di attacco, alla vista del nemico si lanciano allo scoperto. Ne segue un inutile scontro che costa ai garibaldini quaranta morti e li costringe a ritirarsi.
Il combattimento di Four de Paris ha impiegato un intero battaglione e Peppino Garibaldi avrebbe voluto e forse potuto inseguire i tedeschi dopo la conquista della terza linea a Courtes Chausses, ma non ha uomini sufficienti. I garibaldini lasciano sul campo 48 morti, 172 feriti e 77 dispersi. Viene fatto prigioniero il giornalista Augusto Alziator, morirà più tardi.
In questa giornata muore il secondo dei fratelli Garibaldi, Costante.

La Chalade monumento ai garibaldini, Costante Garibaldi, foto S.V.






I combattimenti del bosco di Bollante e di Courtes Chausses hanno provato duramente i garibaldini. La guerra, questa guerra, si è rivelata una faccenda ben diversa da ciò che si aspettavano: l’idealismo, il volontarismo, lo spirito bohemién di tanti volontari italiani hanno sbattuto il muso contro la potenza di fuoco di artiglierie e mitragliatrici, contro la concezione militare imperante negli eserciti dell'epoca che nell'offensiva vede l'unico mezzo per vincere e in questo modo consuma inutilmente milioni di soldati.
Viene dato l’ordine alla legione italiana di accantonarsi a Claon per un periodo di riposo, ma appena giunti sul posto arriva un contrordine del generale Gouraud: i garibaldini debbono tornare in linea.
La mattina dell’8 gennaio i tedeschi con un attacco all’Abri de l’Etoile hanno sopraffatto i reparti del’89° e del 46° reggimento francese, anche questa volta sono state utilizzate le mine per preparare lo sfondamento. Ora i tedeschi minacciano la Maison Forestière.
I garibaldini s’inoltrano nella boscaglia, procedono su un terreno melmoso e contrattaccano. La battaglia dura dalla mattina dell’8 sino alla notte del giorno successivo e si fraziona in una serie scontri all’arma bianca e lanci di granate, mentre i tiri di artiglieria illuminano a tratti la notte e le mitragliatrici falciano la foresta. I tedeschi sono respinti al punto di partenza, ma la Legione Garibaldina è decimata.
Oltre al già ricordato Umberto Cristini, muoiono i tenenti Butta, Tua, Gandolfi e l’aiutante Peratti.

Garibaldini di Modena, al centro l’aiutante Peratti, da “I fratelli Garibaldi, dalle Argonne all’intervento” di Ricciotti Garibaldi. Nella foto si dice che è caduto nel combattimento del 26 dicembre.



Dopo le giornate dell’8 e del 9 gennaio, quel che resta della Legione Garibaldina viene accantonato alla Grange-le-Comte. E’ una fattoria abbandonata e l'ambiente è reso malsano dalla sepoltura dei cavalli di una divisione della cavalleria francese, uccisi da un’infezione. I resti dei cavalli, sepolti spesso a fior di terra, ammorbano l’aria e l’acqua provocando infezioni intestinali che colpiscono gran parte dei soldati
Dopo un mese di penoso soggiorno alla Grange-le-Comte, i garibaldini vengono spostati in una località più salubre, Saint-Ouen, e infine trasferiti ad Avignone. Così finisce l’avventura dei garibaldini delle Argonne, i sopravvissuti s’impegneranno nella battaglia interventista, ma dopo il 1918 non tutti diventeranno fascisti. Il nome di Garibaldi diventerà quello del battaglione di internazionalisti italiani nel corso della Guerra di Spagna, tra il 1936 e il 1938, e delle brigate partigiane durante la Resistenza. Idealmente gli antifascisti italiani si ricollegano a quei sentimenti più autentici e democratici che spinsero tanti giovani italiani ad andare a morire nella foresta delle Argonne.