mercoledì 7 novembre 2018

Le Miroir 11 novembre 1918, numero 259



La Prima Guerra Mondiale termina il giorno 11 novembre 1918, alle 11 del mattino, e sembra che uno strano silenzio si sia diffuso sul Fronte Occidentale, sorprendendo gli stessi soldati: era il tacere delle armi, quella pace che tutti gli europei da tanto tempo attendevano.
La rivista francese Le Miroir, che dall'estate 1914 ha raccontato la guerra soltanto attraverso fotografie (le illustrazioni di tipo pittorico sono rare), non smentisce la sua vocazione al sensazionalismo con una fotografia che vuole essere il simbolo della vittoria: un soldato tedesco giace accartocciato in una fossa con accanto la sua arma, ormai inutile. Può darsi che questa fotografia sia stata realizzata nei mesi precedenti all'11 novembre, ma non importa. Ciò che conta è che il cadavere del nemico viene mostrato come un trofeo e dimostrazione tangibile della vittoria: la guerra più distruttrice della storia, è vinta.
Così leggiamo nella didascalia:
"Un mitragliere tedesco ucciso da un proiettile che ha distrutto anche la sua mitragliatrice. Rincorse dalle armate alleate vittoriose, le divisioni tedesche si sforzano invano di raggrupparsi su un nuovo fronte, lasciando alle compagnie dei mitraglieri il compito di coprire la loro ritirata."
Sono in molti tra i soldati e gli ufficiali tedeschi a non sentirsi vinti e se qualcuno di essi avrà osservato la copertina della rivista, avrà pensato che prima o poi dovrà scattare l'ora della rivincita. Cosa che avverrà 21 anni dopo, nel 1939.
Altre fotografie contenute in questo numero sono significative di ciò che si verificherà nei mesi e negli anni successivi.
Nella pagina centrale ci sono i soldati vittoriosi dell'esercito britannico, si tratta di una brigata della Quarantottesima Divisione che ha contribuito allo sfondamento della Linea Hindemburg.

Questi uomini sanno di aver vinto la guerra e che tra pochi giorni si aprirà un altro capitolo della loro vita; essi non dimenticheranno mai i momenti tragici che hanno vissuto e se riusciranno ad invecchiare i loro pensieri andranno sempre a chi non ce l'ha fatta, a chi è rimasto ucciso sul campo o nelle trincee. Il ricordo dell'esperienza della guerra segnerà le loro vite e la cultura del Novecento. Per il momento sono contenti e pensano di tornare presto a casa, qualcuno di essi morirà prima di questo 11 novembre. Cosa fare di questi uomini? E' il grande problema del dopoguerra: il ritorno nelle fabbriche, nei campi, nelle scuole e università sarà difficile e lento. Non sarà facile ritornare a vivere dopo aver vissuto un lungo periodo con la morte sempre accanto. Il turbamento psicologico generato dagli anni della guerra industriale, segnerà un'umanità profondamente cambiata.

Un'altra fotografia mostra le distruzioni che la guerra lascia dietro di se. La cattedrale di Saint-Quentin è tra le più antiche di Francia e dall'immagine sembra che in parte sia stata risparmiata dalle bombe, ma ha subito un oltraggio di altro genere. Nella didascalia leggiamo:
"Raymond Poincaré visita le rovine della Cattedrale. Durante la sua visita a Saint-Quentin, il presidente della Repubblica, accompagnato dal Prefetto e dai rappresentanti dell'Aisne, è andato a visitare la Cattedrale, che è stata profanata da un sermone oltraggioso, pronunciato in tedesco, sotto le volte gotiche, da cardinale Hartmann, arcivescovo di Colonia..."
Torna in queste parole il conflitto di civiltà di cui è stata impregnata questa guerra e si prefigura l'idea della colpa tedesca per un conflitto di così grave portata e di cui le responsabilità non sono così facili da individuare. Le idee di "trionfo della civiltà" e di "barbarie tedesca" peseranno non poco sulle trattative di pace e sugli anni che seguiranno la Prima Guerra Mondiale.

Una veduta di Aleppo, in Siria, occupata dalle truppe britanniche. L'Impero Ottomano, alleato dei tedeschi, si avvia verso la dissoluzione. La didascalia sottolinea l'importanza di Aleppo
"La mattina del 26 ottobre, la cavalleria britannica insieme alle auto blindate ha occupato Aleppo, dopo aver superato una debole resistenza dell'esercito turco, che continua a ritirarsi davanti alle truppe del generale Marschall. Aleppo è a 310 chilometri a nord di Damasco e conta più di 200.000 abitanti. Dal punto di vista militare, la vicinanza dell'Eufrate, al quale il genio tedesco l'ha collegata per ferrovia, la facevano una base di rifornimento per l'esercito turco."
Dopo trattative durate quasi in anno, 1915-1916, l'accordo segreto passato alla storia come "Sykes-Picot", dai cognomi dei diplomatici, il primo britannico e il secondo francese, aveva sancito la spartizione delle rispettive aree di influenza nel Medio Oriente in caso di vittoria. Aleppo era nella zona francese. L'accordo "Sykes-Picot" era uno dei tanti trattati segreti  che vennero stipulati nel corso della guerra e che, al di là dei proclami e delle frasi ad effetto, nascondevano una voracità senza limiti sulle risorse energetiche di una vasta area del pianeta. Gli effetti di questo accordo si fanno sentire ancora oggi nelle attuali guerre in Medio Oriente.
Nelle quattro fotografie che abbiamo pubblicato si possono intravedere i temi che saranno oggetto di instabilità negli anni a venire e che influenzeranno la politica mondiale sino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
I redattori di Le Miroir impaginando il numero dell'11 novembre 1918, forse non potevano saperlo e volevano soltanto mostrare come la fine di un così grande massacro fosse punteggiato da alcune immagini significative della conclusione di incubo. Oppure se lo sapevano, tacevano a loro stessi e ai lettori.



   

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