La Prima Guerra Mondiale termina il giorno 11 novembre 1918, alle 11
del mattino, e sembra che uno strano silenzio si sia diffuso sul Fronte Occidentale,
sorprendendo gli stessi soldati: era il tacere delle armi, quella pace che
tutti gli europei da tanto tempo attendevano.
La rivista francese Le Miroir, che dall'estate 1914 ha raccontato la guerra
soltanto attraverso fotografie (le illustrazioni di tipo pittorico sono rare),
non smentisce la sua vocazione al sensazionalismo con una fotografia che vuole
essere il simbolo della vittoria: un soldato tedesco giace accartocciato in una
fossa con accanto la sua arma, ormai inutile. Può darsi che questa fotografia
sia stata realizzata nei mesi precedenti all'11 novembre, ma non importa. Ciò
che conta è che il cadavere del nemico viene mostrato come un trofeo e
dimostrazione tangibile della vittoria: la guerra più distruttrice della
storia, è vinta.
Così leggiamo nella didascalia:
"Un mitragliere tedesco
ucciso da un proiettile che ha distrutto anche la sua mitragliatrice. Rincorse
dalle armate alleate vittoriose, le divisioni tedesche si sforzano invano di
raggrupparsi su un nuovo fronte, lasciando alle compagnie dei mitraglieri il
compito di coprire la loro ritirata."
Sono in molti tra i soldati e gli ufficiali tedeschi a non sentirsi
vinti e se qualcuno di essi avrà osservato la copertina della rivista, avrà
pensato che prima o poi dovrà scattare l'ora della rivincita. Cosa che avverrà
21 anni dopo, nel 1939.
Altre fotografie contenute in questo numero sono
significative di ciò che si verificherà nei mesi e negli anni successivi.
Nella pagina centrale ci sono i soldati vittoriosi dell'esercito
britannico, si tratta di una brigata della Quarantottesima Divisione che ha
contribuito allo sfondamento della Linea Hindemburg.
Questi uomini sanno di aver vinto la guerra e che tra pochi giorni si
aprirà un altro capitolo della loro vita; essi non dimenticheranno mai i momenti
tragici che hanno vissuto e se riusciranno ad invecchiare i loro pensieri
andranno sempre a chi non ce l'ha fatta, a chi è rimasto ucciso sul campo o
nelle trincee. Il ricordo dell'esperienza della guerra segnerà le loro vite e
la cultura del Novecento. Per il momento sono contenti e pensano di tornare
presto a casa, qualcuno di essi morirà prima di questo 11 novembre. Cosa fare
di questi uomini? E' il grande problema del dopoguerra: il ritorno nelle
fabbriche, nei campi, nelle scuole e università sarà difficile e lento. Non
sarà facile ritornare a vivere dopo aver vissuto un lungo periodo con la morte
sempre accanto. Il turbamento psicologico generato dagli anni della guerra
industriale, segnerà un'umanità profondamente cambiata.
Un'altra fotografia mostra le distruzioni che la guerra lascia dietro
di se. La cattedrale di Saint-Quentin è tra le più antiche di Francia e
dall'immagine sembra che in parte sia stata risparmiata dalle bombe, ma ha
subito un oltraggio di altro genere. Nella didascalia leggiamo:
"Raymond Poincaré visita le
rovine della Cattedrale. Durante la sua visita a Saint-Quentin, il presidente
della Repubblica, accompagnato dal Prefetto e dai rappresentanti dell'Aisne, è
andato a visitare la Cattedrale, che è stata profanata da un sermone
oltraggioso, pronunciato in tedesco, sotto le volte gotiche, da cardinale
Hartmann, arcivescovo di Colonia..."
Torna in queste parole il conflitto di civiltà di cui è stata
impregnata questa guerra e si prefigura l'idea della colpa tedesca per un
conflitto di così grave portata e di cui le responsabilità non sono così facili
da individuare. Le idee di "trionfo
della civiltà" e di "barbarie
tedesca" peseranno non poco sulle trattative di pace e sugli anni che
seguiranno la Prima Guerra Mondiale.
Una veduta di Aleppo, in Siria, occupata dalle truppe britanniche. L'Impero
Ottomano, alleato dei tedeschi, si avvia verso la dissoluzione. La didascalia
sottolinea l'importanza di Aleppo
"La mattina del 26 ottobre,
la cavalleria britannica insieme alle auto blindate ha occupato Aleppo, dopo
aver superato una debole resistenza dell'esercito turco, che continua a
ritirarsi davanti alle truppe del generale Marschall. Aleppo è a 310 chilometri
a nord di Damasco e conta più di 200.000 abitanti. Dal punto di vista militare,
la vicinanza dell'Eufrate, al quale il genio tedesco l'ha collegata per
ferrovia, la facevano una base di rifornimento per l'esercito turco."
Dopo trattative durate quasi in anno, 1915-1916, l'accordo segreto passato
alla storia come "Sykes-Picot", dai cognomi dei diplomatici, il primo
britannico e il secondo francese, aveva sancito la spartizione delle rispettive
aree di influenza nel Medio Oriente in caso di vittoria. Aleppo era nella zona francese. L'accordo
"Sykes-Picot" era uno dei tanti trattati segreti che vennero stipulati nel corso della guerra
e che, al di là dei proclami e delle frasi ad effetto, nascondevano una
voracità senza limiti sulle risorse energetiche di una vasta area del pianeta.
Gli effetti di questo accordo si fanno sentire ancora oggi nelle attuali guerre
in Medio Oriente.
Nelle quattro fotografie che abbiamo pubblicato si possono intravedere
i temi che saranno oggetto di instabilità negli anni a venire e che
influenzeranno la politica mondiale sino allo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale.
I redattori di Le Miroir impaginando il numero dell'11 novembre 1918,
forse non potevano saperlo e volevano soltanto mostrare come la fine di un così
grande massacro fosse punteggiato da alcune immagini significative della
conclusione di incubo. Oppure se lo sapevano, tacevano a loro stessi e ai
lettori.
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