Un'arte popolare nata al fronte
domenica 9 dicembre 2018
martedì 4 dicembre 2018
"La seconda vita".
.
" La seconda vita" è il titolo di
un volume, pubblicato quest'anno per le Edizioni Atelier Grafico (Schio), da
Giacomo Molon e Giovanni Dalle Fusine, sull'arte e artigianato di trincea della
Grande Guerra: è la "seconda vita" dei materiali fabbricati per
uccidere, sotto forma di bombe e proiettili, e "piegati"
successivamente ad uso pacifico dalle abili mani di soldati-artigiani, che ne
ricavarono oggetti di uso quotidiano (come gli accendini), gioielli (anelli e
bracciali) e altri souvenir (come i tagliacarte) o bossoli lavorati, spesso di
grande bellezza e ispirati all'Art nouveau.
Il merito del volume, che è un'ampia
illustrazione della tipologia, degli scopi, delle tecniche di lavorazione e
della destinazione d'uso di tali manufatti,
è in particolare quello di essere l'unica pubblicazione in italiano
sull'artigianato di trincea che ha origine sul Fronte italo-austroungarico: la
maggior parte dei libri (in francese, inglese, tedesco) si riferisce ad oggetti
provenienti dal Fronte occidentale franco-anglo-tedesco o orientale
russo-tedesco.
In questo caso si tratta di una collezione
iniziata dal padre di uno degli autori, Antonio Molon, e proseguita dal figlio
Giacomo.
L'interesse
per la Trench Art (come viene definito l'artigianato di trincea nel mondo
anglosassone) è nato per certi collezionisti dalla presenza nella famiglia di
un nonno o altro parente, soldato nella Grande Guerra e autore di qualche oggetto:
nel caso di Giacomo Molon, dalla circostanza dell' incontro personale con la
venditrice in rete di un tagliacarte di fabbricazione sicuramente italiana.
L'approfondirsi dell'interesse per questi
oggetti e la collaborazione con il giornalista Giovanni Dalle Fusine hanno
prodotto questo volume, che si può considerare non solo una fonte di
informazione ma anche un contributo importante allo sforzo di conservazione
della memoria (che speriamo non si
esaurisca con il Centenario!) di quella immane tragedia che fu la Grande Guerra
e un omaggio a chi visse e soffrì in essa.
Il volume, corredato da molte fotografie e
dettagliate didascalie, è articolato in otto capitoli, che illustrano
lo scenario
della guerra in cui si sviluppò l'attività dei soldati artigiani (di cui si
hanno accenni nella diaristica, nelle lettere e in varie opere letterarie), lavori artigianali e quelli artistici, la
classificazione, i materiali e le tecniche di lavorazione, qualche
"storia".
A chi non è interessato alla cultura
materiale e, in questo caso, ad un aspetto della quotidianità dei soldati della
Grande Guerra, gli oggetti che Molon e Dalle Fusine illustrano (e che sono
presenti in tutti i Musei specializzati) possono sembrare di cattivo gusto,
brutti o banali: in realtà, sono frammenti di esistenza, spesso rivelati da
iscrizioni rievocative con nomi, luoghi e date (una sorta di ex-voto per lo
scampato pericolo), di coloro che, scaraventati in trincea e privati degli
affetti, hanno cercato di fissare la propria terribile esperienza e di
mantenere i legami con il proprio recente vissuto, affidando a piccoli oggetti
la volontà di non interrompere le relazioni con il mondo di "prima".
Alida
Caligaris - 4.12-2018
mercoledì 7 novembre 2018
Le Miroir 11 novembre 1918, numero 259
La Prima Guerra Mondiale termina il giorno 11 novembre 1918, alle 11
del mattino, e sembra che uno strano silenzio si sia diffuso sul Fronte Occidentale,
sorprendendo gli stessi soldati: era il tacere delle armi, quella pace che
tutti gli europei da tanto tempo attendevano.
La rivista francese Le Miroir, che dall'estate 1914 ha raccontato la guerra
soltanto attraverso fotografie (le illustrazioni di tipo pittorico sono rare),
non smentisce la sua vocazione al sensazionalismo con una fotografia che vuole
essere il simbolo della vittoria: un soldato tedesco giace accartocciato in una
fossa con accanto la sua arma, ormai inutile. Può darsi che questa fotografia
sia stata realizzata nei mesi precedenti all'11 novembre, ma non importa. Ciò
che conta è che il cadavere del nemico viene mostrato come un trofeo e
dimostrazione tangibile della vittoria: la guerra più distruttrice della
storia, è vinta.
Così leggiamo nella didascalia:
"Un mitragliere tedesco
ucciso da un proiettile che ha distrutto anche la sua mitragliatrice. Rincorse
dalle armate alleate vittoriose, le divisioni tedesche si sforzano invano di
raggrupparsi su un nuovo fronte, lasciando alle compagnie dei mitraglieri il
compito di coprire la loro ritirata."
Sono in molti tra i soldati e gli ufficiali tedeschi a non sentirsi
vinti e se qualcuno di essi avrà osservato la copertina della rivista, avrà
pensato che prima o poi dovrà scattare l'ora della rivincita. Cosa che avverrà
21 anni dopo, nel 1939.
Altre fotografie contenute in questo numero sono
significative di ciò che si verificherà nei mesi e negli anni successivi.
Nella pagina centrale ci sono i soldati vittoriosi dell'esercito
britannico, si tratta di una brigata della Quarantottesima Divisione che ha
contribuito allo sfondamento della Linea Hindemburg.
Questi uomini sanno di aver vinto la guerra e che tra pochi giorni si
aprirà un altro capitolo della loro vita; essi non dimenticheranno mai i momenti
tragici che hanno vissuto e se riusciranno ad invecchiare i loro pensieri
andranno sempre a chi non ce l'ha fatta, a chi è rimasto ucciso sul campo o
nelle trincee. Il ricordo dell'esperienza della guerra segnerà le loro vite e
la cultura del Novecento. Per il momento sono contenti e pensano di tornare
presto a casa, qualcuno di essi morirà prima di questo 11 novembre. Cosa fare
di questi uomini? E' il grande problema del dopoguerra: il ritorno nelle
fabbriche, nei campi, nelle scuole e università sarà difficile e lento. Non
sarà facile ritornare a vivere dopo aver vissuto un lungo periodo con la morte
sempre accanto. Il turbamento psicologico generato dagli anni della guerra
industriale, segnerà un'umanità profondamente cambiata.
Un'altra fotografia mostra le distruzioni che la guerra lascia dietro
di se. La cattedrale di Saint-Quentin è tra le più antiche di Francia e
dall'immagine sembra che in parte sia stata risparmiata dalle bombe, ma ha
subito un oltraggio di altro genere. Nella didascalia leggiamo:
"Raymond Poincaré visita le
rovine della Cattedrale. Durante la sua visita a Saint-Quentin, il presidente
della Repubblica, accompagnato dal Prefetto e dai rappresentanti dell'Aisne, è
andato a visitare la Cattedrale, che è stata profanata da un sermone
oltraggioso, pronunciato in tedesco, sotto le volte gotiche, da cardinale
Hartmann, arcivescovo di Colonia..."
Torna in queste parole il conflitto di civiltà di cui è stata
impregnata questa guerra e si prefigura l'idea della colpa tedesca per un
conflitto di così grave portata e di cui le responsabilità non sono così facili
da individuare. Le idee di "trionfo
della civiltà" e di "barbarie
tedesca" peseranno non poco sulle trattative di pace e sugli anni che
seguiranno la Prima Guerra Mondiale.
Una veduta di Aleppo, in Siria, occupata dalle truppe britanniche. L'Impero
Ottomano, alleato dei tedeschi, si avvia verso la dissoluzione. La didascalia
sottolinea l'importanza di Aleppo
"La mattina del 26 ottobre,
la cavalleria britannica insieme alle auto blindate ha occupato Aleppo, dopo
aver superato una debole resistenza dell'esercito turco, che continua a
ritirarsi davanti alle truppe del generale Marschall. Aleppo è a 310 chilometri
a nord di Damasco e conta più di 200.000 abitanti. Dal punto di vista militare,
la vicinanza dell'Eufrate, al quale il genio tedesco l'ha collegata per
ferrovia, la facevano una base di rifornimento per l'esercito turco."
Dopo trattative durate quasi in anno, 1915-1916, l'accordo segreto passato
alla storia come "Sykes-Picot", dai cognomi dei diplomatici, il primo
britannico e il secondo francese, aveva sancito la spartizione delle rispettive
aree di influenza nel Medio Oriente in caso di vittoria. Aleppo era nella zona francese. L'accordo
"Sykes-Picot" era uno dei tanti trattati segreti che vennero stipulati nel corso della guerra
e che, al di là dei proclami e delle frasi ad effetto, nascondevano una
voracità senza limiti sulle risorse energetiche di una vasta area del pianeta.
Gli effetti di questo accordo si fanno sentire ancora oggi nelle attuali guerre
in Medio Oriente.
Nelle quattro fotografie che abbiamo pubblicato si possono intravedere
i temi che saranno oggetto di instabilità negli anni a venire e che
influenzeranno la politica mondiale sino allo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale.
I redattori di Le Miroir impaginando il numero dell'11 novembre 1918,
forse non potevano saperlo e volevano soltanto mostrare come la fine di un così
grande massacro fosse punteggiato da alcune immagini significative della
conclusione di incubo. Oppure se lo sapevano, tacevano a loro stessi e ai
lettori.
mercoledì 3 gennaio 2018
Piccolo Museo della Prima Guerra Mondiale fotografie,illustrazioni e oggetti.
Sala tre
La guerra illustrata
Gli anni che precedettero la
Prima Guerra Mondiale furono caratterizzati da un intenso sperimentalismo nel
campo delle arti visive. Lo sconvolgimento nelle coscienze prodotto dalla
guerra accentuò il movimento delle avanguardie artistiche, ma nella
rappresentazione pittorica e illustrata sulle riviste e gli organi di
informazione compresi tra il 1914 e il 1918, non troviamo nulla di tutto
questo. Anzi, le necessità della propaganda accentuarono lo stile
accademico con cui venne proposta una
guerra ben diversa da quelle che l'avevano preceduta e il punto di riferimento
rimase lo stile dell'epica napoleonica.
Mentre la fotografia si imponeva come il media più diretto per rappresentare la
condizione dei soldati al fronte, gli illustratori offrivano un'immagine eroica
dei combattimenti che non era riconosciuta dai soldati. Nelle quattro immagini
della terza sala di questo piccolo museo immaginario, alcuni esempi sula
funzione dell'illustrazione pittorica durante la guerra: 1°-mostrare ciò che la
fotografia non riesce ancora a cogliere, ad esempio la dinamicità del
combattimento con i soldati della propria nazione sempre all'offensiva; 2°-mostrare
gli effetti apocalittici del bombardamento notturno; 3°- raccontare le imprese
aviatorie; 4°-illustrare e pubblicizzare prodotti industriali e di consumo che
la guerra mette a disposizione dei combattenti. E' bene precisare che la fotografia
nel corso di questa guerra industriale e avvertita come interminabile, riuscirà
a raccontare la dinamicità delle offensive, il combattimento notturno e i
duelli aerei.
Combattimento con soldati
tedeschi in un bosco distrutto dai bombardamenti. Dalla rivista tedesca
Illustrierte Oefchichte des Weltkrieges, 1916.
Visione notturna di un
bombardamento sulla linea del fronte. Dalla rivista francese Panorama de la
guerre, 1915.
Gabriele D'Annunzio
dall'aeroplano lancia manifestini patriottici su Trieste nel 1915. Dalla
rivista italiana La Domenica del Corriere, 1915.
Pubblicità della penna
stilografica Parker trasformata in una mitragliatrice. Dalla rivista L'Illustrazione
italiana.
lunedì 1 gennaio 2018
Piccolo Museo della Prima Guerra Mondiale fotografie,illustrazioni e oggetti
Sala due
La guerra fotografata
Durante la Prima Guerra
Mondiale le fotografie debbono rispondere ad alcuni obbiettivi:
1°-pubblicizzare le vittorie e oscurare (o mitigare) le sconfitte; 2°-dare
un'immagine quanto più esatta del territorio in cui si combatte; 3°-tramandare
il ricordo personale di un'esperienza ritenuta unica e irripetibile; 4°-fornire
il materiale visivo affinché la gente possa tornare sui luoghi dei
combattimenti dove i propri cari sono caduti o hanno vissuto da combattenti. In
questo senso, soprattutto per quel che riguarda il punto uno e due, gioca un
ruolo importantissimo la censura militare istituita da tutte le nazioni in
lotta. Oggi si sta molto rivalutando la fotografia eseguita per il proprio
ricordo personale da ufficiali, sottufficiali e soldati. Essa è ritenuta molto
più libera e in grado di mostrare ciò che sfugge alle maglie della censura.
Fotografia con corpi di soldati
tedeschi uccisi dall'esplosione di una mina sulla collina di Vauquois nel 1915.
Da La Guerre-Documents de la Section Photographique de l'Armée-Ministere del la
Guerre-volume primo-Ed. Librairie Armand Colin.
[Sono pochissime le fotografie e le riprese cinematografiche eseguite
nel corso di veri combattimenti. La tecnologia dell'epoca non lo permette e gli
Stati Maggiori di tutti gli eserciti considerano i fotografi in prima linea non
solo un intralcio, ma anche un pericolo per la difficoltà di controllare le
immagini realizzate e la loro successiva diffusione. La fotografia eseguita
sulla collina di Vauquois (presso Verdun) con brandelli di esseri umani fatti a
pezzi, risponde all'esigenza di mostrare i corpi dei nemici uccisi ben sapendo
che la guerra si è immobilizzata in un assedio reciproco su fronti che corrono
per migliaia di chilometri.]
Fotografia panoramica della zona del
Pasubio eseguita nel 1916 e tratta dal libro commemorativo del Battaglione
Aosta, IV Regg. Alpini.
[Nei primi cinquant'anni di storia della fotografia era molto diffusa la
realizzazione di fotografie panoramiche. Davano una visione del paesaggio molto vasta e in
grado di far conoscere gli aspetti insoliti e anche sconosciuti di territori e
città. L'impiego della fotografia panoramica da parte delle sezioni
fotografiche dei moderni eserciti era frequente anche prima dello scoppio della
guerra e divenne, con il passare del tempo e con la guerra di posizione, il
modo per scoprire dov'erano le posizioni nemiche e quindi organizzare le
offensive.]
Fotografia stereoscopica con
tre ufficiali, tra cui (è scritto sul retro) il Comandante Mongiardini,
eseguita forse nel 1916. Da un gruppo di stereoscopie realizzate durante la
Prima Guerra Mondiale da un ufficiale italiano probabilmente di Torino.
[L'esperienza della vita militare con l'avvento della fotografia si
arricchì di immagini che ricordavano i volti dei compagni d'arme e servivano
per mantenere un legame con la giovinezza che altrimenti si sarebbe dissolto con
il passare del tempo. L'anonimo ufficiale italiano realizzò una sere di
fotografie stereoscopiche durante la sua esperienza di guerra e nel corso degli
anni successivi, osservando volti, luoghi e situazioni, avrebbe rivissuto momenti considerati
irripetibili. Queste fotografie possono essere considerate oggi quasi un
monumento alla memoria.]
Piccola fotografia contenuta in un album
con un gruppo di soldati tedeschi in una trincea di seconda o terza linea. Data
e origine imprecisata.
[In
questa fotografia possiamo distinguere l'ombra del fotografo, certamente un
altro militare di cui ignoriamo il volto, ma che realizzava ricordi.]
Cimitero americano di Romagne. Fotografia
tratta da una guida Michelin contenente itinerari sui campi di battaglia di
Verdun, delle Argonne e di Metz. Anno di pubblicazione, 1928.
[Oggi il grande cimitero americano di Romagne si presenta, tranne alcune
variazioni, come lo vediamo in questa fotografia pubblicata dieci anni dopo la
fine della Prima Guerra Mondiale. Negli anni che seguirono al 1918 venne
organizzato un vero e proprio turismo di guerra a cui le guide fornirono il
supporto fotografico e di itinerari. Per la verità questo tipo di turismo
esisteva già prima che la guerra finisse e chi poteva andava a vedere i luoghi
dove erano caduti i propri famigliari con la speranza anche di trovarne qualche
traccia (oggetti personali, portafogli, brandelli di divise, anelli) e capire come
erano morti e dove. I cimiteri militari ebbero anche un'altra funzione, quella
di celebrare il culto della nazione e restano oggi una grande testimonianza
visiva del sacrificio di un'intera generazione.]
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