1916
1-Evacuazione delle truppe britanniche da Gallipoli sotto un bombardamento dei turchi. Le Miroir, N° 118 del 27 febbraio 1916.
Chissà se è falsa o autentica questa fotografia pubblicata da una rivista che più delle altre utilizza il “sensazionale” per raccontare la guerra? L’effetto, comunque, è di grande impatto. Qui, non è facile distinguerlo, c’è un uomo che corre in mezzo al fumo delle esplosioni. A Gallipoli o altrove, l’uomo-soldato il più delle volte è solo ad affrontare la macchina enorme della guerra industriale che lo sovrasta e lo stupisce. L’italiano Ricciotto Canudo, amico di D’Annunzio e volontario nel 1914 con i garibaldini delle Argonne*, partecipa come ufficiale dell’esercito francese alla spedizione di Gallipoli e lascia a tutti noi una visione della guerra cruda, ma temperata dalla finezza di un intellettuale che ha partecipato alla stagione delle avanguardie artistiche di inizio secolo. A Gallipoli si muore e si vive sotto un sole implacabile.
“Un mattino, all’alba, turchi vennero a deporre davanti alle nostre trincee dei nostri feriti. Gravi, taciturni, sembravano vestiti di fatalismo…La luce del sole nascente dava loro qualcosa di immateriale, li ingrandiva in modo strano…Avevano radunato i loro feriti tra le due linee. Li abbiamo lasciati fare nella speranza che seppellissero i loro morti; questi atroci focolai di morte con un aspetto umano che sono i cadaveri tra le linee, si dissolvono con un fetore intollerabile al calore del sole…Il contatto tra le loro e le nostre mani sullo stesso corpo ferito, loro per offrire e noi per ricevere, è stato il nostro solo linguaggio. Siamo nemici, non dobbiamo parlarci.”
[da Combats d'Orient-Dardanelli e Salonicco (1915-1916), di Ricciotto Canudo, Hachette & Co. 1917]
*Prevediamo in futuro di dedicare uno o più post all’immagine fotografica dei volontari garibaldini che nel 1914 combatterono nella foresta delle Argonne.
2- Ragazza con in capo il nuovo casco Adrian. Cartolina spedita il 16 gennaio 1916.
Questa cartolina, spedita a poco più di un mese dell'attacco tedesco a Verdun, evoca l'immagine della Marianna. Questa volta al posto del cappello frigio c'è il nuovo casco Adrian. Prima di adeguare le divise e la protezione dei soldati in trincea, gli alti comandi francesi hanno perso molto tempo. Il kepì e i pantaloni rossi hanno provocato un numero sterminato di vittime, sacrificate all'assurdo attaccamento a una tradizione che mitragliatrici, artiglierie e fucili a lunga gittata hanno fatto a pezzi già dall’agosto del 1914. Jules Romains ha raccontato la Grande Guerra dei francesi in un’opera dalle dimensioni enormi: qui il primo giorno dell’attacco tedesco, quando, dopo un bombardamento mai visto nella storia della guerra, pochi e dispersi soldati francesi difendono le loro posizioni e contribuiscono al fallimento dell’offensiva contro Verdun.
“Ognuno dei sopravvissuti era convinto di essere solo, o almeno di essere rimasto insieme a due o tre compagni soltanto. Tutti soli in prima linea, nel veder venire avanti un po’ lentamente i visitatori, come grigie cavallette. Che poteva fare da solo? Cosa potevano fare in due o in tre nelle macerie delle loro trincee? Tuttavia si misero a sparare scostando il corpo del compagno morto che impediva di appoggiarsi al parapetto, come tre ore prima ne avevano spostato un altro...E quando rimaneva una mitragliatrice che il bombardamento non aveva distrutto, qualcuno dei sopravvissuti puntava la mitragliatrice e un altro passava le cartucciere. Ed erano tutti sorpresi di intendere che lungo la prima linea, altri fucili sparavano, e che altre mitragliatrici facevano tac-tac-tac-tac…”Guarda! Non sono mica tutti morti”si dicevano e aggiungevano” Ma cosa fanno nelle retrovie? Cosa attendono per venirci ad aiutare? Cosa aspettano per chiedere l’artiglieria?”
[da Gli uomini di buona volontà, XVI° volume: Verdun, di Jules Romains, pag. 58, Ed. Flammarion,1938]
3-Morte di un tenente colonnello in trentino, nel corso della Spedizione Punitiva. Domenica del Corriere, 16-23 luglio 1916.
L'ufficiale prima di morire raccomanda di tenere la postazione;la rappresentazione che Beltrame offre di questo episodio, avvenuto nel corso dell’offensiva austriaca in Trentino, è cinica. In mezzo a combattimenti che giornalisti come Luigi Barzini, definiscono “titanici scontri tra macchine mortali”, mostrare soldati obbligati a rendere omaggio ai caduti sotto un fuoco intenso di granate nemiche, significa abituare i lettori ad una guerra in cui si è costretti ad ubbidire ad ordini incomprensibili.
Assisto la notte violentata
L’aria è crivellata/come una latrina/dalle schioppettate/degli uomini/ritratti/nelle trincee/come lumache nel loro guscio
Mi pare/che un affannato/nugolo di scalpellini/batta il lastricato/di pietra di lava/delle mie strade/e io l’ascolti/non vedendo/in dormiveglia
[di Giuseppe Ungaretti, Immagini di guerra, agosto 1916, da Il porto sepolto, pag. 218 in Le notti chiare erano tutte un'alba, antologia dei poeti italiani nella Prima Guerra Mondiale, a cura di A. Cortellessa, Ed. Bruno Mondadori, 1998]
4-Lo Zar, Nicola II, si congratula per il successo dell'offensiva in Galizia del generale Brussilov. Sur le Vif N° 88, 15-7-1916.
Questa è una delle ultime fotografie in cui compare Nicola II in veste di zar di tutte le Russie. Per ora è un momento di soddisfazione: il suo esercito ha battuto gli austroungarici grazie all’abilità del generale Brussilov. Ma è anche l’ultima scintilla. Nicola II fra pochi mesi sarà travolto dalla rivolta del suo esercito che non vuole più combattere in condizioni disastrose. Nonostante le cattive e preoccupanti notizie che giungono dalla Russia, l'immagine dello zar diffusa in occidente è rassicurante e non si discosta mai dall'ufficialità. Brussilov negli anni della rivoluzione si metterà al servizio del Governo Sovietico.
“Da qualche giorno i giornali austriaci segnalavano un'intensa attività dell'artiglieria russa nel settore sud di questa parte del teatro di guerra, in particolare nella regione del medio Styr. La censura non permetteva di scrivere che i russi erano così minacciosi, tanto da far disporre l'evacuazione della città di Luotsk. Tuttavia niente faceva prevedere che i nostri alleati intendessero lanciare realmente un'offensiva, ma nella notte del 5 un dispaccio annunciava che la lotta era iniziata dal Pripet al Dniester e che l'armata del generale Brussilov aveva catturato 13.000 prigionieri, insieme a cannoni e mitragliatrici. I giorni seguenti il successo russo appariva più netto: più di 40.000 soldati 900 ufficiali, 77 cannoni, più di 120 mitragliatrici sono cadute nelle mani dei nostri alleati. Il successo non è più limitato ad un solo settore. La battaglia si è estesa su un largo fronte compreso tra il Pripet e la frontiera rumena, e cioè ai confini della Bukovina, su circa 400 chilometri.”
[da L'Illustration del 10 giugno 1916, N° 3823, pag. 543, rubrica settimanale La Guerre (96° settimana, 2-9 giugno): L'offensive russe.]
5-L’artiglieria britannica nel corso della fase preparatoria della Battaglia della Somme.“Illustrierte Geschichte des Weltkrieges 1914-1916”.
Forse tratta da una fotografia o da uno spezzone cinematografico, l’immagine degli artiglieri britannici sulla Somme è entrata a far parte del ricordo della Grande Guerra. Il bombardamento preparatorio durò sei giorni, poi scattò l’attacco della fanteria, ma le difese tedesche non erano state distrutte, anzi tra i crateri e la terra sconvolta si appostarono le mitragliatrici. Per i giovani volontari britannici fu un massacro: la giornata del 1° giugno è ricordata come uno dei più gravi disastri in tutta la storia militare dell’Impero Britannico. Un aristocratico tedesco, Arnold Vieth von Golssenau (Dresda 1889 - Berlino 1979), che cambiò il suo nome in Ludwig Renn, ha raccontato la sua esperienza tra il 1914 e il 1918 in modo memorabile in un libro autobiografico dal titolo “Guerra”. Lduwig Renn, iscritto al Partito Comunista Tedesco, fu organizzatore e comandante delle Brigate Internazionali in Spagna contro il fascismo.
“Immaginate, diceva il colonnello, cento pezzi d’artiglieria su un fronte di un chilometro! Immaginate l’effetto che tutto questo può produrre su di noi! I nostri uomini non potranno mai resistere a questo fuoco battente!”
[da Guerra di Ludwig Renn, pag. 158, Ed. Flammarion, 1928 ]
6-La battaglia dello Jutland. Le Miroir N° 135, del 25 giugno 1916.
Il settimanale Le Miroir pubblica una rappresentazione fotografica, ma con un ritocco molto forte, dello scontro navale nel Mare del Nord. Al posto di immagini eseguite prima o dopo la battaglia, oppure illustrazioni ispirate all'oleografia tradizionale, queste due fotografie cercano di fornire in modo veritiero l'immagine di una battaglia navale in cui gli avversari non si sono mai visti.
“…D’un tratto, e per quello che mi riguarda, con molta sorpresa - sapevamo che il combattimento tra gli incrociatori si spostava verso il Nord- sentimmo un violento cannoneggiamento molto ravvicinato e scorgemmo i nostri incrociatori da battaglia uscire dalle nebbia molto velocemente e sparando a tiro rapido. Grandi colonne d’acqua sollevate dai proiettili nemici si innalzavano attorno ad essi. Per me fu questa l’impressione più viva che provai nel corso della battaglia, senza dubbio per il fatto che si trattava del primo spettacolo di un combattimento navale a cui assistevo. Erano circa le 6 del mattino. Sulle torpediniere non avevamo alcun ruolo attivo nel combattimento della flotta da battaglia. Non c’erano nemici alla portata dei nostri cannoncini. Eravamo semplici spettatori con tutto il tempo necessario per immaginare l’avventura della battaglia. La mia prima impressione fu che i nostri incrociatori fossero completamente crivellati: i proiettili cadevano numerosi attorno ad essi e non si vedeva alcuna traccia del nemico. Non potevo rendermi conto che i tedeschi incassavano colpi come e più di noi. Presto questi pensieri mi abbandonarono, volsi la testa e vidi la nostra flotta nella sua formazione di navigazione: uno spettacolo magnifico che dava una fiducia assoluta.”
[Dalle note scritte subito dopo gli avvenimenti da un ufficiale della torpediniera Manead della 12° flottiglia, in La Battaille du Jutland racontée par les combattants, 1927, pagg.175-176 Ed. Payot, Parigi 1927]
7-Un combattente francese a Verdun. La Guerre documentée, 1916.
Lucien Jonas fu uno dei maggiori illustratori francesi della Grande Guerra e questa immagine vuole celebrare il coraggio del poilus che va all’assalto all’arma bianca in un paesaggio di rovine. Nella lettera che pubblichiamo, lo spettacolo offerto dai combattimenti a Verdun è definito “fantastico” ed eccita l’immaginario della violenza. L’ombra della violenza scatenata in luoghi come Verdun, si proietterà su gran parte del Ventesimo secolo.
“Già da due giorni mi trovo in un settore del fronte di V…La vista del terreno mostra quanto furono violenti i combattimenti. Non un pollice di terreno che non sia sconvolto. La côte è un colabrodo. Non c'è riposo. Lavoriamo giorno e notte alla realizzazione di parecchie linee di difesa. Di notte aumenta il lavoro: le tenebre favoriscono i soldati…Giorno e notte la nostra artiglieria non smette di battere sulle trincee nemiche. Abbiamo delle perdite, ma sono minime a confronto di quelle dei boches. La notte intorno a V…non ci sono che un cerchio di fuoco e un frastuono terribile. Non si può immaginare. E' fantastico.”
[da una lettera del seminarista-soldato Maurice Leleu, dell'82° reggimento Fanteria, indirizzata all'abate Joseph Demeillers e pubblicata con il titolo "Prima della presa di Douaumont" sul giornale Le Patronage de Saint-Saveur aux armes, redatto dall'abate Demeillers con il contributo dei membri della Confraternita dell'Abazia di Saint-Saveur di Montvillers, presso Le Havre]
8-Illustrazione di Achille Beltrame sul primo impiego dei carri armati nelle fasi conclusive dell’offensiva britannica sulla Somme. La Domenica del Corriere, 8-15 ottobre 1916.
I carri armati, arma che dovrebbe sbloccare la situazione di stallo sul Fronte Occidentale, vengono impiegati dagli inglesi nel settembre del 1916 sulla Somme. L'illustrazione di Beltrame coglie la sproporzione tra gli uomini e le macchine che ormai stanno dominando questa guerra.
“Nel settembre 1916, gli inglesi impiegarono sui campi di battaglia i primi tanks usciti dalle loro fabbriche: grave imprudenza, perché i tedeschi, abili e pronti a copiare, avrebbero potuto impadronirsi dell’idea e, grazie alle superiori risorse della loro meccanica, utilizzarla in grande stile. Fortunatamente non compresero il vantaggio che avrebbero potuto trarre da queste nuove armi e ne costruirono un numero molto limitato e di qualità mediocre; negli ultimi mesi di guerra si accorsero dell’errore e cercarono di recuperare il tempo perduto, ma era troppo tardi. Alla fine della guerra, avevamo a disposizione 3.400 carri pesanti e leggeri, raggruppati in 8 reggimenti (artiglieria d’assalto). Il loro ruolo negli ultimi sei mesi di guerra fu così importante che il popolo li onorò con il nome di “carri della vittoria”.
[da Histoire de la Grande Guerre racontée a la jeunesse de France, di L. Mirman, 1925, pag.228 Albin Michel, 1925]
9-Infermiere accolgono i soldati feriti sulla Somme per caricarli su un treno ospedale. The great war- 1916.
Nel corso della Grande Guerra, l’immagine fotografica e di derivazione pittorica, e forse più ancora quella della cartolina postale, è caratterizzata da una diffusa presenza femminile. Le donne sono ritratte mentre attendono, pregano, educano i figli. Le donne in queste immagini, sono anche il riposo del guerriero e curano le ferite del corpo e dell’anima. Le infermiere, giovani spesso provenienti da famiglie agiate e che devono abituarsi al dolore e alla disperazione, iniziano a popolare le riviste che illustrano la guerra. L’infermiera assume il ruolo di un personaggio che illumina lo scenario oscuro di sofferenza. Questa illustrazione britannica ne è un esempio, come anche la pagina dello scrittore tedesco Arnold Zweig che in un romanzo ambientato sul fronte orientale, racconta l’abitudine alla morte di due ragazze tedesche di buona famiglia.
“I cattivi odori dei tifosi bosniaci la circondavano tutta e pareva che lei non se ne accorgesse nemmeno. Con la pazienza e l’esperienza che le venivano da due anni di servizio metteva a ogni malato il termometro, togliendolo quando era il momento e scrivendo poi i gradi sulla tabella a capo di ogni letto; faceva scendere il mercurio con un colpo e poi andava avanti. Il mercurio in quel tempo diventava sempre più prezioso e cominciava ad essere sostituito dall’alcool. Barbe appena ebbe salito le scale, nascosta in angolo dell’anima la gioia intima della sua femminilità, si lavò e si cambiò, pronta per sostituire l’amica. Si salutarono con un ciao. Non si diedero la mano perché erano già disinfettate. Ormai l’assistenza agli ammalati era fatta con indifferenza e senza dar peso alla vita umana, ma appunto per questo le due amiche ceravano di mettere ogni impegno nel lavoro. Anche nel loro vocabolario però due partenze significava due decessi. La morte era divenuta un flagello di tutti i giorni e la volgarità delle espressioni in proposito dilagava sempre più. Ma fino a che i loro pazienti erano in vita , le due ragazze non si risparmiavano e prodigavano loro, insieme alle cure, anche sorrisi affettuosi.”
[da La questione del tenente Griscia di Arnold Zweig, pag. 159, Mondadori 1961]
10- Fotografia eseguita dopo la riconquista del Forte di Douaumont. Le Miroir, N° 157 del 26 novembre 1916,
L'anno si conclude in questo modo: un'immagine come questa non ha bisogno di molte parole. Forse il mondo è veramente impazzito nel 1916. La fotografia è chiaramente un falso, qualcuno ha sollevato il cadavere del soldato tedesco e l'ha messo in posa per spedire e pubblicare una fotografia d'effetto e consolatoria: la speranza è che la riconquista di Douaumont avvicini la fine della guerra e la sconfitta della Germania.
"….O France, sol béni, nation adorable,/ Où le soleil du ciel est moins chaud que le cœur,/ De grâce continue en ta voie admirable,/ Arrète, brise, écrase avec tact et vigueur,/ L'allemand effronté, l'ennemi formidable,/ Etonne encor le monde avec ton bras vainqueur!..."
[da Chants d'Amour et de Haine di Joseph Perron, humble hommage d'un italien aux frères français, 1916: A l'occasion des hauts faits de Verdun. Raccolta di versi scritta in omaggio alla memoria del nipote di Joseph Perron, Joseph Cèlestin Gorret, sottotenente degli Alpini, caduto nella conquista di una trincea nemica nei pressi del Col di Lana, il 16 dicembre 1915. O Francia, terra benedetta, nazione adorabile/ dove il sole del cielo è meno caldo che il cuore/ di grazia continua nel tuo cammino ammirevole/ arresta, colpisci, distruggi con vigore e tatto il nemico formidabile/ stupisci ancora il mondo con il tuo braccio vincitore! Si è volutamente lasciato il testo in francese perché l'autore era un valdostano, italiano che parlava e scriveva in lingua francese.]
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