Elaborazione fotografica a partire da un documento inviato il 27 novembre 1915 |
Le relazioni stilate in
seguito alle indagini compiute sulla rivolta degli Alpini ad Aosta del 25-26
novembre 1915, rendono evidente l'attenzione delle autorità militari e civili
per la tenuta dell'esercito a pochi mesi dalla dichiarazione di guerra
all'Impero Austroungarico e per quello che un settore ritenuto importantissimo
nel quadro più generale dalla guerra: il fronte interno. Ricordiamo che Il
Regno d'Italia era entrato in guerra non in un clima di concordia nazionale, ma
dopo mesi attraversati da divisioni e scontri di piazza che alcuni studiosi ritengono essere l'anticipazione di un intero ciclo storico che solo in parte
si concluderà con la fine della Seconda Guerra Mondiale e del fascismo.
Artiglieri italiani sotto il fuoco nemico, illustrazione tratta da Le Pays de France 1915 |
La prima
relazione sugli avvenimenti di Aosta è del
Tenente Generale Comandante la Divisione Territoriale, Generale Saverio
Nasalli. Il documento, definito "riservatissimo", è inviato da Novara
il 27 novembre 1915; l'alto ufficiale è giunto ad Aosta verso le 15 del 26. "Smontato alla caserma Alpina (piazza
d'Armi)" scrive "trovai il
servizio alla porta regolarmente ristabilito, la guardia si schierò com'era
prescritto ecc. ecc., solo indizio del disordine parecchi vetri infranti nella
facciata della Caserma e la lampadina elettrica dell'ingresso abbattuta...Alle
15, dei 405 designati a partire, mancavano circa un centinaio, ma ancora se ne
andavano presentando alla spicciolata, lasciando in bianco il numero finché
avessi cifrato tutto il lungo telegramma, al momento di spedirlo avrei
notificato che i mancanti erano 18 (dei quali una piccola parte, dell'alta
Valle d'Aosta, si sapeva che erano partiti con l'automobile postale e ordine
era stato telegrafato ai Carabinieri di arrestarli)." Apprendiamo qui
che tra i coinvolti nell'ammutinamento, ci sono anche dei valdostani che forse hanno cercato di
raggiungere le loro case nei villaggi dell'alta Valle. Coloro che sono rientrati in caserma sono calmi, alcuni intontiti
dall'effetto "ritardatario del vino", altri,
tristi e spaventati dopo un eccesso, scrive l'ufficiale, di cui si cominciano a
capire le conseguenze. Il comportamento
degli ufficiali è stato nel complesso buono, ma di alcuni si sottolinea
l'inesperienza. "Il Tenente Colonnello Conti Comandante del Deposito fu
all'altezza della situazione. Partì con Maggiore, appena promosso, Gagliardi,
convalescente a Ivrea e recante ancora i distintivi di capitano (noto nel
reggimento per due medaglie al valore) e coi due migliori sottotenenti che
aveva disponibili, e appena giunto rimise l'ordine nelle due caserme...coordinò
l'opera degli ufficiali di Aosta, che non era stata deficiente ma disordinata e
non molto efficace per mancanza ancor più di pratica e di autorevolezza per
impulso centrale." Viene escluso il complotto."Occorre premettere che gran parte dei
400 partenti erano già stati al fronte e ne erano tornati feriti, alcuni anche
due volte e V.E. probabilmente sa come sia intimo pensiero, non solo degli
alpini, ma, a quel che dicono i medici e la Croce Rossa, di tutti i militari
feriti, che un soldato ferito ha pagato il suo tributo e che quindi egli non è
più tenuto ad altro. (Constato naturalmente, comprendo anche, ma non approvo)."
Aosta, Piazza della Repubblica. Nel 1915 questo luogo, posto fuori dalla cittadina, si chiamava Piazza d'armi e qui sorgevano le caserme da cui partì la rivolta degli Alpini |
La constatazione, la comprensione e la dovuta disapprovazione dell'ufficiale rientrano
in un atteggiamento mentale prudente di chi ormai ha capito che la guerra non
sarà così breve come è stato promesso e come in molti continueranno a
sostenere. L'accenno alla Croce Rossa è interessante perché si cerca di entrare
nella psicologia del soldato, un essere pensante che invece dovrebbe essere
spogliato del tutto della sua personalità. Ci riferiamo alle idee di Cadorna su
come dovesse essere organizzato l'esercito e alle riflessioni di Padre Agostino
Gemelli, analizzate dallo storico Antonio Gibelli in "L'officina della guerra", Ed. Bollati-Boringhieri. Il vino
gioca parte importante nella rivolta. "Pochi
avvinazzati, poco buoni soldati e più malcontenti, manifestarono ad alta voce
questo sentimento che trovò un'eco facile e consentaneo negli altri non meno
avvinazzati e in breve tempo la collera del vino si sviluppò ad alta tensione."
Al di là del vino, c'è sicuramente qualcosa che cova nell'animo dei soldati;
l'ufficiale descrive le misure preventive che però non evitano il malcontento."La truppa, come pratica sempre il 4°
Alpini, per evitare il prolungarsi di una situazione che si risolve nelle
grandi bevute e nelle ubriacature negli alpini e in Piemonte, era stata
avvisata della partenza il giorno stesso dopo una marcia. La partenza doveva
avvenire alle ore 6 del mattino del 26 e la sveglia alle ore 3. Alla ritirata
mancavano 150 individui." E' questo il momento in cui scatta la
rivolta."L'ufficiale di servizio che
andava e veniva fra le due Caserme, un Ufficiale del Battaglione di M.T. che
notò dei gruppi, il Maresciallo dei R.R. C.C.
con qualche milite, avviarono con qualche difficoltà circa 100 alle
caserme. Verso la mezzanotte un gruppo di circa 50 aveva cominciato a gridare
abbasso la guerra e che era composto dai più avvinazzati, affrontati da
pattuglia all'arma (per la quale gli alpini hanno marcata antipatia) si ribellò
alle ingiunzioni e qualcuno estrasse anche la sciabola baionetta con minacce
che ieri si dicevano verbali ma che non stupirei risultassero poi anche
materiali. L'ufficiale di servizio accorso, tentò anch'egli di vincere i
riottosi ma questi abbandonato l'Ufficiale si portarono in gruppo alla caserma
alpina e si precipitarono in massa urlando, ed impadronitisi degli alpenstock,
bastonando i meno pronti, obbligarono gli altri ad alzarsi e uscirono con loro.
Una volta usciti si sviluppò questa follia inevitabile in una massa di 400
individui ubriachi di cui alcuni ubriachi fradici. Ruppero i vetri della
facciata, nell'uscire in frotta rovesciarono la garitta della sentinella e
portatisi in città ruppero un lastrone di un negozio e due vetri della Sotto
prefettura (questo lo seppi dopo spedito il telegramma) e tentarono, ma invano,
di far riaprire le osterie battendo violentemente a quelle porte e a quelle
anche di cittadini più disgustati che impauriti. Mentre il chiasso svegliava
gli ufficiali alloggiati alla "Corona", ufficiale di servizio vistosi
impotente da solo era corso a svegliare il capitano di fanteria Ponti
Consegnatario del Magazzino che primo affrontò gli ammutinati senza alcun
risultato ma senza ricevere alcuna offesa. Gli altri ufficiali intervennero
pure, ma l'impressione mia è che al primo momento tutti persero alquanto la
testa compreso il sottoprefetto e ciò produsse i telegrammi allarmanti
ricevuti, pei quali la città pareva preda di rivoltosi. L'inchiesta potrebbe
ancora rivelare qualche parziale deficienza negli ufficiali, ma la mia
impressione è che vi fu inesperienza da parte loro e inefficacia dovuta alla
poca autorevolezza, necessaria per tutte le truppe ma più per queste, speciali
per carattere e abitudini locali." L'ammutinamento assume così
i caratteri di una rivolta spontanea che non sembra avere alcuna testa politica
furochè l'idea di non voler più tornare in trincea. I soldati sanno cosa li
aspetta e la rabbia si manifesta nel solo modo possibile: la disobbedienza a
giovani ufficiali mal addestrati e freschi di nomina, l'astio nei confronti dei
carabinieri, la devastazione dei simboli di tutto ciò che è militare e, in
primo luogo, la caserma.
Elaborazione fotografica a partire dal documento inviato il 27 novembre 1915 |
Le ultime righe del rapporto contengono una
constatazione di tipo militare sulla guerra in corso e un'altra di carattere
politico. "Credo per ultimo far
osservare che il 4° Alpini passa in paese e fra i soldati per il reggimento che
ha avuto le maggiori perdite fra tutti i reggimenti alpini. Si dice
insistentemente che il Reggimento abbia avuto 8.000 fra morti, feriti, dispersi
(non credo sia la cifra esatta, ma so che la cifra vera è molto elevata). Le
perdite essendo locali come i soldati... questo discorso ripetuto in ogni
conversazione ribadisce nei soldati e anche famiglie il falso concetto che il
ferito abbia pagato un contributo non rinnovabile. Malgrado ciò l'elemento
Valdostano non avrebbe fatto nulla se ad esso non fossero mescolati operai del Biellese
di cattivo spirito militare e anche quelli di Aosta. Questa è convinzione degli
ufficiali, di cui nessuno è valdostano, e mia.". *
Nella quarta e ultima parte di questa serie di post dedicati agli avvenimenti aostani del novembre 1915, esamineremo la relazione stilata dal Commissario di P.S. Tabusso in cui sono esaminate la situazione politica ad Aosta e il trattamento degli Alpini nelle caserme.
*Archvio Centrale dello Stato Presidenza del Consiglio dei ministri "Aosta-Ammutinamento del 4° reggimento"
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