Copertina della rivista Il Mondo del 1916 con una fotografia in cui posano gli Alpini in atteggiamento da combattimento
Da Torino giunge ad
Aosta il Commissario di P. S. Odilio Tabusso, invia i risultati dell'inchiesta
al Prefetto Verdinois in data 29 novembre. Nel fascicolo conservato presso l'Archivio
Centrale dello Stato. Presidenza del Consiglio, il documento è autografo e Tabusso
cercando di ricostruire le vere cause dalla rivolta, traccia anche un panorama
ampio dell'atteggiamento dell'elite valdostana nei confronti della guerra."...Si era in principio ritenuto che i
riprovevoli fatti"scrive Tabusso"
fossero il frutto di un preordinato accordo, circostanza questa più assodata
dalla considerazione che quasi tutti i dimostranti erano affiliati a partiti
manifestamente contrari alla guerra. Sta invece che le cause delle mai
abbastanza lamentata violenta dimostrazione sono da ricercare nell'ambiente
militare in cui gli alpini hanno passato il tempo dopo il loro ritorno dal
fronte per ferite e malattie colà incontrate." Tabusso punta l'indice sul
trattamento subito dai reduci dal fronte nelle caserme di Aosta ed esclude
l'influenza del socialismo neutralista o del partito clericale, tracciando un
quadro della situazione aostana in cui emerge la fragilità delle organizzazioni
operaie. "Non l'elemento operaio che anche nei
tempi ordinari è ridotto, nella stagione invernale, ai minimi termini; non
l'opera deleteria degli affiliati ai partiti estremi che qui non può e non deve
essere presa sul serio, giacché il partito popolare e socialista anche prima
che scoppiassero le ostilità con l'Austria nel suo giornale di classe Le Mont
Blanc non ha mai fatto opera di disgregazione ma tenne una linea di condotta
interventista. Non la propaganda privata o pubblica perché qui mancano le
leghe, i circoli e le associazioni politiche...".
Elaborazione fotografica a partire dalla relazione del Commissario Odilio Tabusso |
Tabusso analizza la stampa locale che sembra
perfettamente allineata con il nuovo clima determinato dall'entrata in guerra
dell'Italia. "E neppure la stampa locale, specie in questi ultimi tempi, ha nei
suoi articoli scritto vivacemente contro la guerra. I quattro periodici ..., Le
Mont Blanc, già nominato, Le Pays d'Aoste, la Doire e Le Duche d'Aoste, che del
resto non sono letti dai soldati, specie di altre regioni, e su di essi non
possono quindi esercitare influenza alcuna, non hanno mai stigmatizzata o
deprecata la nostra guerra. Le Ducheé d'Aoste e Le Pays d'Aoste, organi del
partito clericale, notoriamente non interventista, prima che si aprissero le
ostilità e anche a guerra dichiarata e combattuta hanno bensì avuto qualche
articolo leggermente accentuato in senso pacifista, ma in seguito e specie in
questi ultimi tempi hanno modificato la loro linea di condotta dando ampi[...]
anche ad articoli e corrispondenze di soldati che stanno combattendo al fronte,
articoli di entusiasmo per la guerra." Dopo aver escluso i socialisti e i giornali locali, Tabusso salva anche
la cittadinanza di Aosta che "nessuna
parte, anche indiretta, ebbe pure negli incresciosi incidenti la popolazione di
Aosta: tutta la cittadinanza si è mostrata estranea al fatto, stigmatizzando
l'accaduto e non confondendosi e questo è stato constatato de visu anche
dallo scrivente[..]. Si hanno quindi solo cause intrinseche all'elemento
militare." Tabusso su questo punto sembra molto informato: i soldati
parlano con la gente e tra loro, si chiacchiera anche con quelli che sono di
stanza ad Aosta e non avrebbero dovuto partire. Tabusso non risparmia il
comportamento degli ufficiali che nelle relazioni stilate dai militari era descritto
come dettato solo dall'inesperienza. "E'
voce comune in città, e ciò è stato confermato nei diversi interrogatori da me
fatti a persone che più avvicinarono i soldati, che la dimostrazione ebbe origine
innanzitutto dalla mancanza assoluta della disciplina e dalla inettitudine, è
doloroso dirlo, del capitano di fanteria Ponti (?) notoriamente contrario alla
guerra (egli stesso riuscì ad ottenere di non partire pel fronte) e comandante
interinale del presidio e degli ufficiali subalterni di complemento troppo
legati da amicizia, e quindi arrendevoli coi loro dipendenti. Ma altre cause
più gravi hanno dato luogo alle scenate. Il cattivo trattamento fatto ai
soldati in caserma, sia i feriti e i convalescenti che non verrebbero trattati
coi dovuti riguardi dagli ufficiali medici, sia agli altri soldati che
mancherebbero, per la poca esperienza degli ufficiali richiamati, qualche volta
del vitto o del caffé o non avrebbero delle coperte o paglia insufficiente per
dormirci sopra. Quest'ultima anzitutto è stata la causa occasionale, il
pretesto dei fattacci. Alla vigilia della partenza pel fronte erano state tolte
ai soldati, per timore che andassero poi perdute o disperse, le coperte di lana
da letto. Ne conseguì che gli alpini dopo avere bevuto parecchio e fatte le
note peregrinazioni per la città, sapendo di dover tornare ai quartieri, al
freddo, e nella notte del 25 al 26[...]questo era intenso, per le cause già
accennate ed anche perché malvolentieri ritornavano per la 2° o la 3° volta al
fronte, iniziarono, specie qualche soldato ancora non completamente guarito e
rimessosi in salute, la turbolenta dimostrazione, prima in pochi e poi in
numero considerevole perché i più violenti, fatto ritorno in quartiere erano
riusciti a far fare, anche con la minaccia di lesioni e danni personali, causa
comune agli altri che già si erano ritirati. Che la cosa non fosse preordinata
lo dimostra il fatto che buona parte degli alpini, poche ore prima della
dimostrazione avevano scritto lettere alle rispettive famiglie mandando loro
notizie dell'imminente partenza; erano andati a salutare le persone di loro
conoscenza e qualcuno anche aveva fatto acquisti di generi alimentari di prima
necessità e perfino[...]di inchiostro e di carta da lettera perché dicevano
essi, difficilmente in trincea ne avrebbero trovata. Le cause dei disordini
sono quindi precisamente quelle dianzi accennate per quanto l'autorità
militare, e se ne comprende la ragione, non voglia forse accennarle e ammetterle;
e poiché mi[...], per averlo appreso da persone degne di fede, che anche fra
gli alpini sciatori che attualmente si trovano per l'istruzione a Courmayeur ed
in altre località del circondario, e che fra non molto rientreranno in Aosta,
serpeggia un vivissimo malumore per i non buoni trattamenti cui devono
sottostare da parte dei loro superiori, segnalo la cosa alla[...]per quelle
determinazioni rese necessarie dall'importanza del momento attuale. Con il
massimo ossequio. Il Commissario di ps Tabusso"*
Elaborazione fotografica a partire dalla relazione Tabusso |
In
vino veritas! Dicevano i romani. Nel vino allora, questa miscela etilica in
grado di eliminare le inibizioni e le paure, si riversa la rabbia a lungo
repressa che esplode improvvisamente nella rivolta e nella voglia di spaccare
tutto, di distruggere i simboli del potere. L'antico borgo di Aosta, dove
sembra che non succeda mai niente se non acerrime beghe tra notabili, vive una
notte brava in cui per una volta 400
esseri umani dicono che della guerra ne hanno abbastanza. Ci chiediamo:
è possibile che in 400 siano tutti ubriachi? Forse qualcuno è cosciente di
quello che sta facendo e per il momento non sa come finirà, a quanti anni di
galera verrà condannato, magari dopo la fine della guerra e a vittoria
conseguita. Nella relazione scritta e firmata da Odilio Tabusso su questo
modesto episodio di insubordinazione nelle lontane retrovie del fronte sembra
esplicitarsi un contrasto tra il potere militare e quello civile che si
accentuerà sino alla disfatta di Caporetto. A mettere una parola fine a questa
vicenda è il Ministro della Guerra Zupelli con una relazione inviata al
Presidente del Consiglio Salandra in cui si fa propria la tesi del vino
scatenatore dei tumulti, ma entra in campo un elemento nuovo che non avevamo
ancora sentito menzionare: una scala. La data del documento è il 12 dicembre
1915. "... una scala rinvenuta al lato
esterno del muro di cinta della caserma, lascia supporre che molti, dopo essere
rientrati, abbiano di nuovo abbandonata la caserma scalando il muro. Verso la
mezzanotte un gruppo di un centinaio circa di soldati alterati dal vino si
trovò riunito al centro della città e si dette a schiamazzare, gridando
"abbasso la guerra! abbasso la camorra! non vogliamo più partire! vadano
un po' gli altri non sempre noi!" volendo alludere ai soldati della
milizia territoriale di fanteria che erano sempre rimasti in paese. Non valsero
le esortazioni degli ufficiali accorsi a calmarli e a farli tornare in caserma.
Una pattuglia dei carabinieri fu aggredita e costretta a ritirarsi. Quindi la
turba urlando, fischiando e scagliando sassi, si diresse verso una delle
caserme, ruppe i vetri delle finestre, rovesciò la garitta, sfondò il portone,
si scagliò all'interno, infranse le lampade elettriche, aprì le porte delle
prigioni per liberare i puniti, salì nelle camerate, svegliò i soldati e
minacciando e gridando: fuori i crumiri! fuori i vigliacchi! comandiamo noi! li
costrinse fuori della caserma e a seguirla. Poi si recò all'altra caserma e ripeté lo stesso chiasso, gli stessi
tumulti, gli stessi atti di vandalismo. Due ufficiali che tentavano di nuovo di
sedare i riottosi furono accolti a fischi, a sassate. Poi i tumultuanti si
diressero alla stazione ferroviaria, ruppero vetri e fanali e costruirono delle
barricate sui binari per impedire ai treni di partire. Frattanto si erano fatte
le quattro e un po' di calma cominciò a entrare in quegli animi esaltati.
Alcuni gruppi vennero a miglior consiglio e dando al fine ascolto
all'esortazione degli ufficiali rientrarono in caserma. L'esempio fu di mano in
mano seguito da altri. Alle 9 risultarono quasi tutti rientrati. Alla chiamata
mancavano solo 24 individui. La partenza per la zona di guerra si effettuò poi
alle 19, ed avvenne col massimo ordine. Anche il viaggio fino a destinazione
non dette luogo ad alcun incidente. Furono trattenuti ad Aosta 24 militari, ai
quali, come maggiormente compromessi nei disordini, furono denunciati al
tribunale militare di Torino per i reati previsti dagli articoli 115,116, 228 e
230 del Codice Penale Militare. L'inchiesta ha pure accertato che alcuni
ufficiali mancavano di previdenza e di prontezza o non usarono tutta l'energia
che sarebbe stata necessaria: e questi furono disciplinarmente puniti. Ma non
fu possibile assodare se l'opera di sobillatori abbia avuto parte nei disordini.
Ma certo deve avervi contribuito l'ambiente in cui i militari tornati da fronte
vennero a trovarsi, in mezzo ai parenti e ai compaesani che li commiseravano,
lontani da quegli alti incentivi che si acquistano sul campo dell'azione. Il Ministro Zupelli (firma autografa)"
La Stazione di Aosta oggi |
Sui motivi di
ribellioni come quella di Aosta si è soffermata la riflessione degli storici. In"Soldati
e prigionieri italiani nella Grane Guerra, Giuliana Procacci scrive: "Le tre principali ribellioni che si
verificarono nell'inverno del 1915, ad Aosta, a Sacile, a Oulx, tra reparti di
alpini che stavano per partire per il fronte, dipesero dal fatto che i soldati
ritenevano di avere diritto a un più lungo periodo di riposo; sui turni e
licenze mancava infatti ogni uniformità di trattamento e poteva anche accadere
-come avvenne- che ad alcuni reparti fanteria non fossero concesse licenze per
oltre due anni o che restassero in trincea per dieci e più mesi. Tuttavia se il
motivo scatenante era la convinzione che fossero stati ingiustamente lesi dei
diritti, spesso però la protesta sfociava in esplicite manifestazioni di
avversione alla guerra, e di aperta ostilità contro lo Stato e le sue
istituzioni...A differenza dei soldati italiani, inglesi e francesi
distinguevano gli immediati responsabili dei massacri, che condannavano, dalle
istituzioni politiche del paese, che non venivano mai messe in causa, e per
difendere le quali essi accettavano di combattere..."
Come reagì lo Stato
dinanzi alle ribellioni di Aosta, Sacile, Oulx?
Sempre Giuliana Procacci,
dopo aver descritto brevemente i fatti accaduti in particolare ad Aosta,
tratteggia l'atteggiamento dei gruppi dirigenti che scelsero una sola strada: "Altri episodi si verificarono nei
mesi successivi, senza però raggiungere i livelli di quelli descritti. In
seguito agli avvenimenti di Sacile (in cui i rivoltosi avevano esploso in aria
colpi di fucile nda.) infatti, Cadorna aveva scritto a Salandra la già
ricordata lettera del 14 gennaio 1916, nella quale si era espresso contro le
sentenze che contemplavano solo l'ergastolo, e a favore delle condanne a morte:
poiché gli elementi di accusa erano spesso solo indiziari (come appunto nel
caso di Sacile), Cadorna aveva deplorato che il codice non prevedesse la
facoltà della decimazione, all'uso della quale, in seguito agli sbandamenti
legati all'offensiva nemica del maggio 1916, come già vedemmo, autorizzò e
incitò i comandanti, che la misero spesso in azione, inducendo pertanto i
sodati a desistere da atti di protesta."[da Soldati e prigionieri italiani
nella Grande Guerra di Giuliana Procacci, pagg. 98-99, Ed. Bollati Boringhieri,
2000]
*Nel 1922, il giorno
dopo la marcia su Roma, il Commissario Odilio Tabusso, diventato nel frattempo
vice-questore di Torino, assiste compiacente alla devastazione della sede del
giornale comunista "L'Ordine nuovo" da parte delle squadre fasciste.
Era presente anche il commissario Mariano Norcia che era al comando di reparti
del 91° fanteria. Nessuno intervenne in difesa della sede del giornale fondato da Antonio Gramsci. [Informazioni tratte da: http://www.anppia.it/news/2013/12/18/novantuno-anni-fa-a-torino-la-strage-del-XVIII-dicembre/]