sabato 9 novembre 2013

Lettere dalla Grande Guerra

Il paese di Veroli nelle lettere 

di 

Margherita Del Nero 

a suo marito al fronte 1915-1918

Presentazione

Margherita Del Nero
Veroli 10 gennaio 1887-11 ottobre 1918

…Se io, sopra questa misera carta potessi
rappresentare lo spavento con la pena;
accoppiati, che sento nel fondo dell’animo mio,
 sarebbero cose da non potersi descrivere…
(da una lettera di Margherita del Nero, 10 ottobre 1917)

Conservata nel cassetto di un armadio della camera della letto della nostra casa di Roma, c’era una piccola scatola in cui mia madre custodiva  circa quaranta lettere che la nonna Margherita aveva spedito a suo marito Giuseppe durante la Prima Guerra Mondiale. Al tempo dell’adolescenza e della giovinezza non prestai mai grande attenzione a quelle lettere. Eppure la figura di Margherita era sullo sfondo della mia vita: sapere che era morta a causa dell’epidemia di febbre spagnola nel 1918, forse ha contribuito ad orientare i miei interessi culturali verso la storia.
Partecipazione per il matrimonio di Giuseppe Mizzoni e Margherita del Nero, si erano sposati a Veroli il 12 giugno 1912 
Sino a quando non ho cominciato a leggere le lettere con la dovuta attenzione,   Margherita è sempre stata un personaggio fotografico: una fotografia insieme alle due sorelle, Concetta e Mimmina, sul terrazzo di una casa che non ho mai visitato, un’altra nello studio di un fotografo di Frosinone, una con il marito Giuseppe, tornato a casa per una delle rare licenze che riuscì ad ottenere,  e a mia madre Milena, in piedi su uno sgabello,  una fotografia che la ritrae con la gente di Santa Croce, il quartiere medievale del paese di Veroli in cui c’era la casa della famiglia Mizzoni che comprendeva anche un vasto negozio di generi alimentari dove, sino alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, mio nonno vendeva di tutto: dalla farina ai chiodi.

Abitanti del rione S. Croce di Veroli in una fotografia eseguita negli anni della Grande Guerra
Margherita
E ancora qualche immagine: la sua fotografia ingrandita e incorniciata in un grande tondo appeso alla parete di una stanza del secondo piano della casa che veniva chiamata “la saletta”. In questa stanza, a cui si accedeva da una scala di pietra, c’era anche il ritratto dello zio Renato, il marito di Veronica, sorella di mio nonno Giuseppe e morto circa vent’anni dopo Margherita. Nella “saletta”, seminascosto da una pesante porta di legno, ricordo anche un quadro con dipinto un San Sebastiano coperto di piaghe che m’impauriva quando ero bambino.
Nella fotografia di gruppo con la gente di Santa Croce, Margherita tiene in braccio un bambino, forse è mia madre oppure zio Bettino, morto solo ad otto mesi nel 1915.
 
Fotografia ricordo di Bettino

Dopo i quarant'anni, con il progredire dei miei interessi per la fotografia della Prima Guerra Mondiale, iniziai a leggere diari, memorie e pubblicazioni sulla corrispondenza tra i soldati al fronte e le loro famiglie. Le mie ripetute vacanze in Francia mi permisero di accedere ad una serie di pubblicazioni che dimostravano come fuori dall'Italia il lavoro su questo tipo di documentazione  avesse già una tradizione consolidata. Eredi della scuola storiografica degli Annales, gli storici d'oltralpe assegnano grande attenzione alla ricostruzione dell'universo mentale e culturale della gente: diari e corrispondenze emergono dai vecchi armadi in cui sono rimasti per decenni e spesso vengono pubblicati. Durante i lavori di ristrutturazione della casa di Veroli, in modo fortuito e grazie all'attenzione di mio cognato Agostino, una grande quantità di lettere che Margherita e Giuseppe si erano scambiati nel corso della Prima Guerra Mondiale, furono ritrovate e salvate dalla dispersione.  Decisi di leggerle con l’attenzione che richiede un documento in cui si fonde la memoria di una famiglia e la storia più complessa di una comunità. Mi resi conto che in esse c’era non solo una vicenda famigliare che mi riguardava direttamente, ma anche la testimonianza "storica" di una donna appartenente alla piccola borghesia, su un angolo di società italiana negli anni della Grande Guerra.

Cartolina del rione S. Croce di Veroli, in fondo, sotto la finestra bifora, l'entrata del negozio della famiglia Mizzoni 

Non immaginavo che le lettere di Margherita e Giuseppe  fossero più di ottocento e che coprissero tutti gli anni della guerra, sino al giorno in cui Margherita aveva scritto la sua ultima missiva, il 30 settembre 1918. L’11 ottobre era morta di influenza spagnola (epidemia che causò più di 25 milioni di vittime), contratta prestando le cure a sua sorella Concetta, che invece si salvò.

Le tre sorelle Del Nero: Margherita, Mimmina, Concetta

Leggere queste lettere, trascriverle, estrarre da esse brani significativi sul dramma della guerra mondiale, è un lavoro  che richiede pazienza, impegno costante e tempo a disposizione. Per il momento la trascrizione e l'analisi si fermano alla fine del 1916, ma oggi il lavoro prosegue e fra qualche tempo pubblicherò gli estratti dalle lettere comprese tra il 1917 e il 1918.
Le lettere di una nonna che non hai mai conosciuto e che è morta trentatré anni prima della tua nascita (Margherita aveva trentuno anni nel 1918), rappresentano una discesa nel passato che consente di conoscere una persona che, se fosse vissuta, sarebbe stata determinate per la vita di mia madre. Da questa corrispondenza emerge il carattere di Margherita che lotta contro le avversità della guerra e della sua condizione femminile in un’epoca considerata dagli storici come la grande occasione mancata per l’emancipazione della donna.
Margherita sembra attiva e intelligente, scrive in un italiano abbastanza corretto,  non è priva di pregiudizi di classe (traspare spesso un senso di superiorità nei confronti dei popolani di Santa Croce e verso i componenti della famiglia del marito, commercianti) provenendo da una famiglia di possidenti  che ha fatto studiare i figli maschi, uno di essi è avvocato, ed è desiderosa di farsi largo nella vita: andare via dal ristretto ambiente di Veroli, insofferenza verso la suocera con cui è tornata a convivere a causa della guerra (situazione che l'accomuna a tantissime donne europee negli anni compresi tra il 1914 e il 1918), aspirazione ad una condizione sociale più alta. Quest’ultimo desiderio lo trasferisce sul marito, spronandolo a chiedere di salire di grado per diventare ufficiale e sulla figlia che vorrebbe, un giorno, maestra elementare. I suoi desideri non si realizzeranno: la febbre spagnola stronca la sua vita, il marito resta un semplice soldato della sussistenza anche se ha frequentato le prime due classi del liceo classico di Arpino e Milena sarà semplicemente “sposa e madre” per tutta la vita.

Margherita, Milena e Giuseppe Mizzoni in una fotografia eseguita nel corso di una licenza dal fronte

La voce di Margherita ci giunge da quello che era considerato allora come “il fronte interno” e conferma la freddezza del popolo italiano nei confronti della guerra: le notizie che  invia al  marito contengono informazioni in cui si avverte la stanchezza della gente verso un conflitto che sembra non finire mai, mentre i prezzi aumentano, i giovani muoiono al fronte e si diffonde la miseria. Alcune lettere sono state aperte negli uffici della censura e qualcuno ha cancellato con l’inchiostro nero frasi e commenti che nessun nemico avrebbe mai potuto utilizzare; erano però ritenute  pericolose per il morale dell’esercito e per questo andavano celate agli occhi dei soldati. 
Nel criterio di selezione ho cercato di mettere in evidenza i passaggi in cui emerge la "vita quotidiana" nel paese di Veroli durante la Grande Guerra, ma leggendo le lettere si avverte in Margherita anche un’angoscia crescente derivata dalla solitudine e un senso di prostrazione per le difficoltà della vita, fatta di giornate che non passano mai nell’attesa della pace  che non arriva e notizie che risveglino la speranza.
Come milioni di europee della sua epoca, Margherita si ritrovò sola a dover combattere una sua propria guerra personale contro quella scatenata dagli uomini in un assalto al potere mondiale senza precedenti.
Chi leggerà questo e i post che seguiranno si chiederà il perché per  il momento non ci sono anche le risposte di Giuseppe. Questo fatto è dovuto a due motivi: è difficilissimo trascrivere le lettere di Giuseppe Mizzoni perché compilate con una calligrafia minutissima (è un lavoro ancora da iniziare), il mio interesse si è concentrato sulle notizie che Margherita inviava al marito sulla situazione che vedeva nel paese di Veroli. Le impressioni di questa donna sono forse un piccolo tassello per ricostruire la storia non della Grande Guerra, ma degli italiani nel corso della Prima Guerra Mondiale.

 
Cartolina con un angolo di Veroli, Via Giovanni Sulpicio
Questo spazio sul web è nato come un blog fotografico e tale dovrà restare, ma crediamo che debba aprirsi anche a documentazioni diverse, come abbiamo fatto nel caso del diario di guerra di Edoardo Ostinelli. Non avendo a disposizione un album di famiglia, abbiamo deciso di accompagnare i brani tratti dalle lettere di Margherita del Nero con fotografie e immagini di donne europee, dalle crocerossine alle operaie d'industria, realizzate tra il 1914 e il 1918.













1 commento:

  1. Al Signor Stefano Viaggio
    Il percorso della memoria e dell’identità è uno degli aspetti più importanti che Lei ha messo in luce con questo ricordo della sua bisnonna Margherita Del Nero e di suo bisnonno Giuseppe Mizzoni.
    Ho trovato questo blog effettuando una ricerca sul nome di Giovanni Del Nero (agronomo verolano) che nel 1905 ha pubblicato un libro - edito dalla tipografia Reali di Veroli - dal titolo: L’agricoltura nel Circondario di Frosinone.
    La documentazione storica recuperata è utilissima ed attuale per la ricorrenza – (maggio 2015) del centenario della “Grande Guerra”. Infatti nella nostra Provincia sono già in atto ricerche sulle lettere dal fronte dei nostri conterranei al fine di produrre studi sulla linguistica (dialetto) della terra Ciociara.
    Sono Giuseppe Valeri, sono nato a Strangolagalli, sono cresciuto a Ceprano, attualmente vivo a Frosinone e lavoro presso la camera di commercio.
    Ho da sempre una grande passione per la fotografia ed alcune foto da Lei pubblicate sono veramente belle ed emozionanti.
    Inoltre sono un appassionato di storia economica e sociale della nostra terra, oltrechè del dialetto. Avendo infatti eredito da un amico un manoscritto delle parole dialettali di Ceprano - scritto nel 1982 da Mario Martini - mi sto accingendo a trascriverlo ed a stamparlo.
    Complimenti sinceri per il suo lavoro di ricerca sulla memoria è stato per me davvero prezioso.
    Con i migliori saluti. Giuseppe Valeri – Frosinone.
    e mail:valeri.giuseppe@gmail.com
    Frosinone 24 febbraio 2014

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