giovedì 5 settembre 2013

La guerra fuori dai confini dell'Europa Prima parte

1914-Thaiti
Tra il 1914 e il 1918 gli scenari della guerra non furono solo quelli europei, ma coinvolsero territori situati in luoghi molto lontani dal vecchio continente. Si combatté in Africa, in Asia, nel vicino Oriente e anche nell'Oceano Pacifico. Vi furono battaglie navali di un certo rilievo e, per un momento, sembrò che la guerra potesse coinvolgere anche il territorio del Nord America con uno scontro militare tra il Messico e gli Stati Uniti.
[Nel 1917 i tedeschi cercarono di concludere un'alleanza con il Messico.]
In alcuni post presenteremo immagini del conflitto provenienti dalle terre che allora erano domini coloniali delle grandi potenze e che furono teatro di guerra extraeuropeo. Non si trattava di fotografie di una particolare qualità e in molti casi erano dei veri e propri falsi, ma contribuirono ad allargare i confini mentali in cui si muoveva l'immaginazione degli europei che si interrogavano su una guerra che di giorno in giorno assumeva proporzioni mai conosciute e che poteva essere vista in tempi relativamente rapidi, attraverso le immagini delle riviste illustrate.
Sul numero 54 del 6 dicembre 1914 della rivista francese "Le Miroir", comparivano due fotografie provenienti da un angolo dell'Oceano Pacifico considerato come uno dei paradisi della Terra: Tahiti.
Thaiti divenne un mito per gli europei: a lungo era stata considerata l'isola dell'eterna felicità, dove gli uomini e le donne che la abitavano vivevano in perfetta sintonia con la natura, liberi dai tabù e i vincoli imperanti nelle società sviluppate.
A Thaiti era nato il mito del "buon selvaggio" che tanta parte aveva avuto nel pensiero di J. J. Rousseau e nella formazione della cultura romantica.
Da un atlante francese del XIX° secolo, nel cerchio rosso la posizione dell'arcipelago polinesiano di cui Thaiti fa parte.
L'isola, come del resto tutto l'arcipelago, è di origine vulcanica, emersa dal mare in seguito alle eruzioni generate dai movimenti del fondale oceanico, studiati oggi nel quadro della più complessiva "tettonica a zolle".
In un'illustrazione pubblicata sul numero 829 di "Journal des Voyages" del 20 ottobre 1912, gli europei potevano vedere un antico rito polinesiano, assai significativo per il legame che queste popolazioni hanno con il mare.
Journal des Voyages, N° 829 del 20 ottobre 1912: "Le tribù anfibie della Polinesia".
Così la didascalia descriveva l'immagine:
"Tra queste tribù marittime in cui il nuoto è una condizione essenziale dell'esistenza, le madri si impegnano a fare dei loro figli dei nuotatori perfetti. Sin dalla giovane età lanciano i bambini tra le onde in cui i poveri infanti si dibattono cercando di riguadagnare le canoe o la riva del mare."
Questo rito di iniziazione, legato all'ambiente naturale, alle necessità della pesca e all'esigenza di rompere l'isolamento, veniva anche presentato come un esempio di vita spartana praticata da  popolazioni che, venute dal mare, popolarono le isole dell'arcipelago polinesiano nei primi secoli successivi alla nascita di Cristo.
Thaiti era una colonia francese e nel XIX° secolo era stata contesa agli inglesi; l'ultimo re tahitiano, Pomare Quinto, aveva dovuto abdicare e lasciare il potere ai francesi che gli avevano conferito la Legion d'onore e assegnato una pensione. Il processo di colonizzazione non si era svolto pacificamente, c'erano state forme di resistenza dei thaitiani e l'introduzione nelle isole della Polinesia dei costumi europei aveva, in parte, modificato i modi di vivere degli indigeni: giunsero malattie sconosciute come il vaiolo e il tifo, fu introdotta la pratica dell'alcolismo, giunsero immigrati dall'Asia e dall'Europa. D'altra parte, l'arrivo di missionari cristiani sembra che abbia posto fine ad alcuni riti cannibalistici. Nonostante le trasformazioni negative e positive generate dalla colonizzazione, Thaiti era considerata la terra felice in cui non c'era l'idea del peccato e il corpo veniva mostrato liberamente dalle donne indigene, come possiamo vedere anche dall'illustrazione di "Journal des voyages".
A Tahiti arrivò la guerra nell'autunno del 1914, le navi tedesche bombardarono la capitale Papeete e affondarono due navi nel porto.
Le Miroir N° 54, 6 dicembre 1914. Il bombardamento di Papeete.
"Le Miroir" che non si discostava dallo stereotipo e definiva "dèlicieuse" l'isola provata dalla guerra, così descriveva gli avvenimenti:
"La piccola isola di Thaiti, perduta nell'altra parte della Terra nella sua serena solitudine, sembrava protetta più che altri paesi dagli orrori della guerra. Sappiamo che il 22 settembre gli incrociatori tedeschi "Gneisenau" e "Sharnhorst" le hanno reso visita, bombardando la città di Papeete senza osare uno sbarco. Due uomini soltanto, un cinese e un maori, furono uccisi, ma i danni materiali sono stati ingenti, soprattutto al centro della città. Sono valutati in circa due milioni di franchi." 
Le Miroir N° 54, 6 dicembre 1914. Le navi affondate nel porto di Papeete.
Nella seconda fotografia "Le Miroir" mostrava le navi affondate dai tedeschi.
"Mentre gli abitanti di Papeete cercavano di distruggere le scorte di carbone nel porto di cui certamente voleva impadronirsi il nemico, quest'ultimo si vendicava e affondava la piccola cannoniera Zélée e un battello recentemente catturato, il "Walkure", senza preoccuparsi che fosse tedesco. Centoventicinque obici da 224mm caddero su Papeete distruggendo numerose abitazioni quasi tutte in legno. Gli abitanti  erano pronti a difendersi sino alla fine, ma gli incrociatori si allontanarono per non far più ritorno."

Perché un bombardamento di questo tipo sul porto di un'isola dell'Oceano Pacifico che non sembrava possedere alcuna importanza nella strategia globale della guerra? Forse i tedeschi volevano impadronirsi del carbone oppure, più semplicemente, colpire il loro avversario con un atto dimostrativo teso a far comprendere che la Francia poteva essere attaccata in ogni parte del globo. La posta in gioco nella guerra da pochi mesi iniziata, stava diventando sempre più alta.  

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