martedì 22 gennaio 2013

D'Annunzio, Fiume e l'inquietudine italiana del primo dopoguerra Seconda Parte

Le Miroir N° 305, 1919, granatieri di Sardegna e Arditi varcano la frontiera italo-jugoslava diretti a Fiume



Nel 1919 Gabriele D'Annunzio ha cinquantasei anni: per quel tempo un'età avanzata. Durante la guerra è stato ferito, é pluridecorato ed ha compiuto in campo aviatorio imprese che hanno avuto risonanza mondiale. D'annunzio ha capito che per vincere una guerra non servono solo le bombe, ma atti che creiano opinione pubblica: per questo è andato a volare su Vienna lanciando manifestini. D'Annunzio è diventato un'icona della guerra italiana vinta sul campo di battaglia e che ora, si fa credere alla gente, si sta per perdere al tavolo della pace. 
Una fotografia comparsa sul servizio che Le Miroir dedica all'entrata delle truppe di D'Annunzio a Fiume, lo mostra come un uomo incerto: la sua espressione è dimessa, forse è stupito del successo così rapido della spedizione e dell'accoglienza della folla di italiani di Fiume. Sappiamo, da un messaggio indirizzato a Mussolini, che D'Annunzio ha l'influenza.

Le Miroir N° 305, 1919, l'entrata  a Fiume di D'Annunzio

Questa fotografia fa parte di una serie di scatti (potrebbe trattarsi anche del fotogramma di una sequenza cinematografica) di cui siamo in grado di mostrarne successivo. Non è pubblicata su Le Miroir, ma fa parte delle immagini  che corredano i testi di "Dux" di Margherita Sarfatti, la biografia di Benito Mussolini che ebbe un notevole successo negli anni compresi tra le due guerre.
Da Dux di Margherita Sarfatti, pag. 111

L'espressione del poeta e capo della spedizione a Fiume non cambia, l'uomo appare stanco e perplesso, anzi molto affaticato. Il personaggio con la paglietta che entra per metà nell'immagine, si rivolge a qualcuno e sembra urlare in modo minaccioso. Per dare maggior risalto ai legami che uniscono il dannunzianesimo al fascismo, la fotografia porta una firma autografa di Gabriele D'Annunzio con la data del 12 settembre 1919.
Lo storico e meridionalista Gaetano Salvemini così descrive l'azione di D'Annunzio.
"Per impedire che quella città fosse presidiata da truppe britanniche e francesi, D'Annunzio, capitanando uomini delle truppe regolari ribellatisi al governo civile, la occupò. Fu una guerra privata contro Inghilterra, Francia e Stati Uniti, condotta da un poeta privo di senso morale e di senso comune: una parata medievale che non finì in tragedia, sol perché nessuno fuori dall'Italia la prese sul serio."
[da La vittoria mutilata, di Gaetano Salvemini, pag. 160, in La crisi italiana del primo dopoguerra, la storia e la critica. Questa raccolta di saggi e di commenti critici è stata curata dallo storico Giovanni Sabatucci, Ed. Laterza, Bari, 1976]
Da Dux di Margherita Sarfatti, questa fotografia è pubblicata a pagina intera.


Nonostante il giudizio di Salvemini, in Italia l'occupazione di Fiume fu presa molto sul serio, ebbe un eco tale da creare attorno a D'Annunzio e ai suoi legionari un vasto movimento di simpatia che si estese dai settori della piccola e media borghesia anche a strati di classe operaia e suscitò l'interesse del futuro segretario del Partito Comunista d'Italia, Antonio Gramsci che cercò un contatto con il poeta. Mussolini si schierò da subito con D'Annunzio, ma più a parole che con fatti concreti. Un atteggiamento che si meritò una lettera del "poeta-soldato" in cui rimproverava al futuro Duce mancanza di coraggio. Mussolini pubblicò la lettera tagliando le frasi più scomode e aprì una sottoscrizione per i legionari fiumani sul Il Popolo d'Italia, una parte dei soldi raccolti andarono a Fiume, un'altra, la più cospicua, servì per finanziare la campagna elettorale alle lezioni politiche del 1919, dei Faci di combattimento che però si risolse in un clamoroso insuccesso.  
Ma perché Fiume divenne così importante? Le vignette satiriche pubblicate su Pasquino ci permettono di ricostruire lo spirito di un momento molto particolare per l'Italia.
Pasquino 1919 N° 23, 8 giugno 1919.


Il titolo dell'illustrazione pubblicata su due pagine nel numero 23 dell'8 giugno 1919 è "il mercato di Versailles" e nella didascalia è scritto: "L'Italia: giù, giù le false bilance". Vi è un riferimento alla cacciata dei mercanti dal tempio, i mercanti che la giunonica Italia fa rotolare dalle scale sono i francesi, gli inglesi e soprattutto il Presidente americano Wilson che si oppone nettamente alle pretese italiane di annessione dei territori dell'Istria e della Dalmazia, in nome dei diritti del nuovo stato Jugoslavo che si è appena costituito. Cosa è accaduto? Nel corso della guerra gli appetiti di tutti sono cresciuti, ora i vincitori sono diventati voraci e l'Italia non è da meno. I territori previsti dal Patto di Londra del 1915 che dovevano andare all'Italia in caso di vittoria erano il Trentino e la Venezia Giulia, non altre terre facenti parte dell'Impero Austroungarico in cui c'erano minoranze di lingua italiana, come a Fiume (qui gli italiani sono in maggioranza e la città godeva di una particolare autonomia nel quadro dell'impero). 
Wilson, l'uomo dei 14 punti, non si ritiene vincolato dal Patto di Londra e quindi mette in discussione le rivendicazioni italiane, compreso il possesso di Trieste su cui ora gli jugoslavi accampano diritti. Inoltre, e questo è  importante, nessuno nel 1915 prevedeva lo smembramento dell'Impero Austroungarico. Se in Wilson c'è una qualche motivazione ideale in nome del rispetto delle nazionalità negate, nei francesi e negli inglesi c'è l'intenzione di spartirsi il ricco bottino di guerra delle ex colonie tedesche e il totale controllo del nuovo assetto coloniale scaturito dalla fine della guerra.
Pasquino N° 15 del 13 aprile 1919

In questa copertina di Pasquino vediamo un Wilson tirato per la giacca da Clemanceau e Lloyd George, con un signore che se ne sta in disparte. La didascalia così commenta l'immagine: "Clemanceau: stia a sentire un momento...
Lloyd George: no ascolti me, piuttosto...
Orlando: e io quando potrò parlare?"
L'uomo in disparte è il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando che sembra non contare nulla nella gara tra inglesi e francesi per tirare Wilson dalla loro parte.
Orlando e il ministro degli esteri Sidney Sonnino sono uomini che appartengono al passato, non hanno capito che la guerra ha sconvolto l'Europa, ha creato situazioni nuove a cui non solo bisogna adeguarsi, ma di cui bisogna approfittare, ad esempio nuovi e vantaggiosi rapporti commerciali con le nazioni nate dallo smembramento dell'Austriaungheria. L'Italia, ancorata rigidamente al Patto di Londra, rischia di essere tagliata fuori dalla grande spartizione. Dopo un mese di trattative i rappresentanti italiani alla conferenza di Versailles abbandonano le trattative e tornano in Italia. Orlando in un discorso in Parlamento denuncia il comportamento degli alleati sulla questione adriatica senza però proporre niente di alternativo, come del resto ha fatto nel corso delle trattative. E' a questo punto che nell'opinione pubblica italiana nasce l'idea della "vittoria mutilata", idea che viene fatta propria dai futuristi di Marinetti, dai fascisti di Mussolini e dagli Arditi.
[Nel frattempo a Milano, il 23 marzo, nella sede del Circolo per gli interesse industriali, commerciali e agrari sito in Piazza San Sepolcro, Mussolini ha fondato il movimento dei fasci di combattimento. Il programma della nuova formazione politica è di orientamento repubblicano, anticlericale e ispirato alle idee del sindacalismo rivoluzionario. Notevole è il contributo degli Arditi, le truppe speciali italiane che si presentavano sulla scena con un ruolo politico ultranazionalista, ma che avevano al loro interno componenti di estrema destra e di sinistra, queste ultime con un orientamento vicino alle posizioni del Partito Repubblicano]
In Italia si riaccende lo scontro tra neutralisti e interventisti, questa volta aggravato da una situazione di grande crisi economica che provoca un rincaro vertiginoso del costo della vita e dal riaprirsi della lotta di classe con le masse popolari che presentano il conto di tre anni di guerra nel corso dei quali sono state fatte promesse (la terra ai contadini con l'abolizione dei grandi latifondi) che le classi dirigenti del vecchio stato liberale non vogliono e non possono mantenere. Una vignetta di Pasquino dal titolo "le trovate del neutralismo" illustra la situazione che si sta creando.
Pasquino 1919
 Un passante si rivolge ai gendarmi che stanno caricando i rappresentanti il Kaiser ed altri sconfitti su un carrozzone per portarli verso un ipotetico processo.
"Liberate queste vittime innocenti" dice "sono quelli i veri responsabili della guerra". Indica tre personaggi: Salandra, Sonnino (ripsettivamente Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri nel 1915) e Gabriele D'Annunzio, colui che dallo Scoglio di Quarto aveva indicato la partecipazione alla guerra come un atto di purificazione e rinnovamento per l'Italia.
Panorama de la Guerre 1915, la manifestazione di Quarto





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