venerdì 15 febbraio 2013

Gabriele D'Annunzio Fiume e l'inquietudine italiana del primo dopoguerra Terza parte D'Annunzio e Henri Barbusse

Sul numero 306, la rivista francese Le Miroir pubblicava la riproduzione fotografica di un messaggio di D'Annunzio al popolo francese, scritto il 22 settembre del 1919.
Le Miroir, N° 396, 1919L'appello di D'Annunzio al popolo francese.

  
Riportiamo qualche brano di questo testo in cui D'Annunzio lancia una sfida all'opinione pubblica europea: la scelta di guidare l'occupazione di Fiume è irreversibile e la sosterrà fino alla morte.
["Fratelli di Francia, sapete ciò che abbiamo fatto sotto l'ispirazione e la protezione del nostro Dio. La più italiana delle città d'Italia, più italiana di Verona o Pisa o di Perugia o di tutti gli altri insigni comuni, era perduta per noi sotto la minaccia di tutte le profanazioni e di tutte le violenze. Ero malato nel mio letto. Mi sono alzato per rispondere all'appello. Le forze non mi hanno mai abbandonato. Io e i miei compagni abbiamo obbedito allo spirito e attraverso di lui abbiamo superato tutti gli ostacoli e le miserie. Lo spirito ha compiuto il prodigio. In poche ore, senza colpo ferire, mi sono impadronito della città, del territorio, delle navi e di una parte della linea di armistizio. Le truppe inviate contro di me sono passate dalla mia parte con le loro armi...La bandiera è issata alla cima della volontà umana e sovrumana di soffrire, di lottare, di resistere..Sono deciso a tenere e difendere la città sino alla fine, con tutte le armi disponibili. Siamo pronti a morire di fame nelle strade, a farci seppellire dalla sue rovine, a bruciare nelle sue case incendiate, a fregarcene di qualunque minaccia, ad affrontare ridendo coraggiosi la morte più crudele. In questa condizione - e tutti i combattenti francesi lo sanno, a loro gloria - siamo invincibili... Coloro che in anni e anni di lutto hanno appeso corone alle statue delle città schiave. possono oggi condannarci? Fratelli di Francia non vi chiedo di venire in nostro soccorso per una causa che è tra le più belle del mondo. Il combattente che si è votato con ardore alla vostra nell'agosto del 1914, lo stesso che non si è allontanato dall'Ile-de-France se non per andare a predicare la guerra nel maggio del 1915. Lo stesso che ha sorvolato il fronte dell'Aisne nel settembre del 1914, vi saluta senza speranza o acrimonia, dall'alto della città assediata.22 settembre 1919]
Le Miroir, N° 306, 1919, firma di Gabriele D'Annunzio

Dal punto di vista fotografico, la pubblicazione sulle riviste di documenti di questo tipo amplifica il messaggio. L'appello ai francesi non resta così nella stretta cerchia di intellettuali e politici, ma raggiunge un numero di persone vasto. Non era una cosa nuova e già da tempo era iniziata la diffusione di documenti sotto forma di fotografie stampate sulle riviste.
Gabriele D'Annunzio non morirà a Fiume. Quando il governo Giolitti, succeduto a quello di Nitti, definito da D'Annunzio "cagoia", che aveva traccheggiato quasi un anno finendo così per far incancrenire una situazione densa di pericoli, decide di intervenire militarmente dopo la firma del Trattato di Rapallo, il poeta-duce si ritira in buon ordine e lascia morire pochi legionari. E' l'ultimo atto della carriera politica di D'Annunzio che si chiude in un esilio, rotto soltanto per dare un appoggio discontinuo al fascismo nella fase più acuta dello scontro di classe che sconvolge l'Italia tra la fine del 1920 e il 1922.
[Nel Trattato di Rapallo, stabilito tra Il regno d'Italia e il Regno di Jugoslavia, Fiume venne riconosciuta città libera, l'Italia ampliò i suoi confini includendo Trieste, Gorizia, Zara e l'Istria. Fu il Governo Giolitti a firmare il trattato, compiendo un gesto che contribuiva alla distensione in Europa. Il governo si impegnò a far sgomberare l'isola dai legionari fiumani che progressivamente avevano suscitato l'insofferenza della popolazione. Dopo il rifiuto di D'Annunzio di abbandonare la città, Giolitti ordinò all'esercito di intervenire. Fiume fu annessa all'Italia dal Primo governo Mussolini con il Trattato di Roma in cui, in un'ottica di amicizia e collaborazione economica con la Jugoslavia, la città fu divisa tra i due stati e Fiume divenne capoluogo di provincia. Gli Stati Uniti non parteciparono alla conferenza di Rapallo e sull'altra sponda dell'Atlantico era prevalso  da tempo, l'isolazionismo nei confronti dei problemi europei. ]
Le immagini del cosiddetto "natale di sangue", con il palazzo del governatorato e l'ufficio di D'Annunzio bombardati, sono la prova più chiara che tra gli italiani si sta aprendo un solco incolmabile. E', per alcuni, quella linea pericolosa che divide lo spirito dalla ragione di stato, dalla convenienza ad ottemperare gli obblighi presi a livello internazionale. Non è un caso che nella biografia di Mussolini, "Dux" di Margherita Sarfatti, a queste fotografie venga dato un risalto particolare. Esse sono la prova tangibile di un atto di guerra tra italiani, una situazione umiliante a cui il fascismo vittorioso metterà fine.
Da Dux di Margherita Sarfatti, pag 116. Le tragiche giornate di Fiume alla vigilia del Natale del 1920. Il ponte della Fiumara fatto saltare dai legionari. (Fot. Vaccari)


Da Dux di Margherita Sarfatti, pag 117. Giornate del Natale fiumano. Il Palazzo della Reggenza colpito dalle granate della nave Andrea Doria. (Fot. Vaccari)

Da Dux di Margherita Sarfatti, pag 119. Gli effetti del tiro della nave Andrea Doria sul Palazzo della Reggenza. La finestra della camera da lavoro del Comandante vista dall'esterno e dall'interno. (Fot. Vaccari)

Queste fotografie sono entrate nella storia d'Italia, vengono eseguite e mostrate in un momento particolare. A natale del 1920, quando da tempo si è esaurita la spinta popolare e di sinistra culminata con l'occupazione delle fabbriche, il fascismo sta diventando un movimento apertamente reazionario che lancia la sua violenta offensiva contro le organizzazioni e i militanti della classe operaia.
A Gabriele D'Annunzio, ai suoi proclami, alle invettive, all'appello agli istinti irrazionali, allo spirito evocato per rendere cosa mistica la città di Fiume, risponde, con largo anticipo di alcuni mesi (il documento è datato 1° aprile 1919), un intellettuale francese che si è arruolato volontario nel 1914. Pur malato, è stato in prima linea 16 mesi, è stato insignito con due decorazioni perché, come barelliere, si è impegnato in missioni pericolose e al suo ritorno nelle retrovie ha scritto un romanzo che ha vinto il prestigioso Prix Goncourt. Si tratta di Henri Barbusse, l'autore di "Il fuoco-diario di una squadra". Il romanzo di Barbusse è uno dei più violenti attacchi alla guerra, una denuncia senza confini ne limiti di tempo, un atto di verità per dire che in Europa si stava consumando solo un grande massacro e che i combattenti non erano altro che marionette in uno scenario in cui altri tenevano i fili dello spettacolo di morte.
Barbusse risponde a D'Annunzio sul giornale francese "Le populaire" e rimprovera al poeta soldato, il duce della riscossa contro la "vittoria mutilata", di non aver capito niente dei nuovi tempi.

Henri Barbusse
  
Il testo dell'articolo fa parte di una raccolta di scritti intitolata "Paroles d'un combattant-articles et discours 1917-1920", edito da Ernest Flammarion.
Paroles d'un combattant di Henri Barbusse, edizioni Flammarion

L'articolo riguardante le posizioni di Gabriele D'Annunzio


[Caro maestro vi abbiamo ammirato per la magnificenza della vostra opera di poeta...Dopo il cataclisma che, per quattro anni ha sfigurato l'Europa in  intere regioni e l'ha popolata di venti milioni di morti, la vostra voce si leva  di nuovo e il vostro lirismo si diffonde in questo scritto  che ho ricevuto da parte del "capitano Gabriele d'Annunzio". E' la stessa voce? Non credo...Perchè? Perché la vostra voce, mio caro maestro, la vostra voce che si armonizzava  con  al vasto dramma della realtà vivente,  non si accorda più  con il dramma  infinitamente vivente , anche lui, di cui il mondo  è oggi teatro. Essa non corrisponde più alla grandezza del dolore, della miseria e della speranza universale...Mentre affidate la vostra voce per cercare di dare alla lotta sanguinosa tra i popoli uno splendore che non ha, per resuscitare e difendere un onore militare che la guerra ha condannato e distrutto....Le conseguenze formidabili del conflitto supremo si riducono per voi a questioni di spartizione di bottino. Mentre cercate  faticosamente, per difendere la vostra tesi imperialista, degli accenti tragicomici in cui la vostra  ispirazione si dibatte maldestra, l'universo umano sta cambiando  interamente di anima e volontà. Questo immenso avvenimento vi sfugge ed è per questo che la vostra lirica suona vuota...Ammiriamo l'Italia, luce nei secoli, paradiso terrestre in cui la bellezza antica  è nata una seconda volta da quattrocento anni...Ma non c'è oggi, come credete, una causa italiana, una francese o una latina. Ci sono gli uomini; e gli interessi degli uomini sono contrari alla lotta fra gli interessi nazionali. Ci sono moltitudini che, sin dall'inizio dell'epoca viviamo sono diventati schiavi e che nonostante tutti i sofismi di linguaggio, facevano una guerra di cui altri approfittavano...Si parla di doppiezze , di promesse fatte all'Italia e non mantenute. E sia. Ma lo ripeto, una grande questione domina le piccole questioni e le fantasie diplomatiche. Se ci sono tradimenti e doppiezze, le vere sono quelle di chi si è reso colpevole verso i popoli per farli marciare gli uni contro gli altri. Li hanno riempiti di parole farsesche:  giustizia, diritto, liberazione universale, guerra definitiva alla guerra. I ciechi, di cui voi , poeta tribuno, di cui vi fate complice, invocano la pace universale per asservirla al loro profitto: si servono di grandi verità  che per garantire il loro possesso e restaurare la vecchia anarchia mondiale, piena di certezze di nuovi stermini...Colui che oggi non vede, ostinatamente, in modo stretto, che la sola causa del suo popolo su tutti, lo tradisce, perché lavora ai massacri  in cui questo popolo cadrà presto o tardi  insieme agli altri..."]
Concludendo questa carrellata incompleta e sommaria di un momento della crisi italiana del primo dopoguerra, ci pare di dover esprimere una considerazione. Le fotografie degli avvenimenti, quelle pubblicate su Le Miroir e quelle su Dux, furono viste in momenti diversi da milioni di persone e furono il segnale di un qualcosa che pochi capirono alla fine del 1920, e cioè che la partita della Prima Guerra Mondiale non si era conclusa. Si apriva in Europa un'altra fase in cui i semi maligni gettati anche attraverso le immagini che gli europei videro, sarebbero germogliati nel corso di venti anni generando un nuovo e terribile conflitto. Le parole di intellettuali come Henri Barbusse però non furono inutili: ispirarono l'antifascismo europeo che si batté in Spagna nel corso della guerra civile e in tutta Europa durante la Seconda Guerra Mondiale.

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