La cartolina nel corso della Prima Guerra Mondiale divenne lo strumento più immediato di comunicazione tra i soldati al fronte e le famiglie. Tra il 1914 e il 1918 vennero inviate milioni di cartoline illustrate pubblicate in tutte le nazioni in guerra; i messaggi visivi che contenevano erano un sofisticato strumento di comunicazione in cui venivano esaltati ed utilizzati gli affetti famigliari, la paura, l’erotismo, il coraggio e il sentimento religioso.
La tecnica utilizzata per veicolare il messaggio era l’associazione di più elementi al fine di costruire una piccola storia contenuta in un’unica immagine. Per molte cartoline illustrate veniva impiegato uno stile pittorico preso in prestito dalle illustrazioni pubblicate sulle riviste e nella cartellonistica pubblicitaria, ma quello che prevalse fu il fotomontaggio che durante la Grande Guerra rivelò potenzialità non ancora sperimentate per la comunicazione del messaggio visivo attraverso la tecnica dell’associazione fra elementi che colpivano l’immaginazione e l’inconscio.
Mio Dio proteggi il mio caro papà che si batte laggiù per la Francia
Il bagno interrotto
L’immagine contenuta in una cartolina edita a Nizza riguarda il rapporto tra religione e guerra.
Il titolo “La France, soldat du Christ, aupres des nations” (la Francia, soldato di Cristo, accanto alle nazioni), esplicita quello che i francesi ritennero (illusoriamente) di essere tra il 1914 e il 1918: lo stato guida nella lotta contro la Germania, simbolo della barbarie.
L’immagine pubblicata a Nizza dall’editore Flussel, può essere divisa in due sezioni orizzontali: la prima terrena e molto concreta, con gli eserciti alleati che marciano verso la vittoria e le bandiere delle nazioni antitedesche spiegate al vento (ci sono anche i bersaglieri italiani), la seconda aerea e spirituale in cui sono compresi una serie di simboli dall’impatto molto forte in cui si mescolano insieme elementi antichi e moderni.
Nel cielo appaiono in sequenza l’immagine di Cristo con la croce, il motto costantiniano “in hoc signo vinces” tradotto con “par ce signe tu vaicras”, la chiesa di Montmartre, Giovanna d’Arco che sventola la bandiera con il sacro cuore e le macchine nuove della guerra industriale: dirigibili e aerei in un cielo offuscato da bombardamenti e combattimenti.
E’ il cielo che protegge gli eserciti del bene con i suoi simboli immortali, i santi e le macchine volanti benedette da Dio, la cui volontà si manifesterà prima o poi nella vittoria finale.
Non è un caso che un messaggio di questo tipo sia contenuto in una cartolina.
La guerra totale è una guerra di annientamento dell’avversario che per sua natura diventa sacra ed ha bisogno di un sostegno forte che solo la religione può offrire. Sostegno forte, ma con un messaggio molto semplice e con il quale l’identificazione è quasi automatica.
Nonostante l’appello di Papa Benedetto XV° contro “l’inutile strage” e i suoi tentativi per porre la Chiesa cattolica al di sopra delle parti, il coinvolgimento delle gerarchie ecclesiastiche nel sostegno alla causa di ogni nazione in guerra è ormai storicamente dimostrato.
Questo coinvolgimento avvenne nel quadro di un’Europa che stava vivendo inarrestabili processi di laicizzazione, ma che con la guerra vide una forte rinascita religiosa generata dall’incertezza per i futuro e dalla morte di milioni di uomini sui campi di battaglia.
Quando si comprese che un’intera generazione di europei rischiava di essere distrutta in una guerra di cui non si vedeva la fine, il risveglio religioso si manifestò sia al fronte che tra le popolazioni civili con forme che trassero alimento dall’antica tradizione cristiana dell’Europa.
Nel corso della Prima Guerra Mondiale la parola “sacro” venne impiegata per sostenere l’unità nazionale e il diritto ad ottenere le proprie rivendicazioni.
La parola d’ordine di “sacro egoismo” del capo del governo italiano Antonio Salandra fu coniata per sostenere le ragioni dell’intervento nella guerra mondiale, l’unione dei francesi contro l’aggressione tedesca divenne da subito “sacra”, le terre che si dovevano liberare dovevano essere “redente”.
Evviva le nostre terre redente
La religione della patria e della nazione utilizzava con la cartolina simboli di un passato in cui si era combattuta la lotta tra cristianità e paganesimo, sostituita in un secondo momento dalla battaglia contro l’espansione dell’Islam. Costantino, ispirato da una visione celeste e da un sogno, aveva messo sui suoi labari e vessilli la croce di Cristo e aveva vinto. Era il vecchio motto delle crociate che tornava attuale: quel “Dio è con noi!” urlato contro l’Islam ed ora contro gli Imperi Centrali, segno anche di una profonda frattura nella cultura europea.
Tieni, per te e la tua culltura!
Il cane che orina sull’elmo chiodato in una cartolina francese, rende manifesto il profondo disprezzo verso il nemico con aspetti totalizzanti di estremo rifiuto.
Io sono colui che dice: tu non continuerai ad uccidere
Cristo che avvolto in una luce luminosa sbarra la strada al Kaiser Guglielmo II, simboleggia il bastione invalicabile che impedisce la vittoria e la diffusione del male sulla terra.
Una cartolina italiana inviata nel dicembre 1915 riguarda il XVI° centenario costantiniano. L’immagine di tipo classico non presenta contenuti particolari, ma sul retro è stampato con inchiostro colorato il motto “Dio protegga la nostra cara Italia”.
Dio protegga la nostra cara Italia
In questo complesso gioco di messaggi cifrati e stimolazioni dei sentimenti più segreti dell’animo umano, gli intellettuali erano chiamati a prendere posizione in difesa degli interessi sacri delle nazioni in lotta.
Dalla riesumazione di questo armamentario del passato, utilizzato in forma moderna, si salvarono in pochissimi: tra questi il premio nobel per la letteratura Romain Rolland, il filosofo Bertrand Russel e lo scrittore tedesco Stefan Zweig.
Ma la loro voce non fu ascoltata e nel ventennio successivo l’utilizzo della radio e del cinematografo diede alla tecnica dei messaggi segreti racchiusi nelle semplici cartoline, un contenuto di aggressività mai conosciuto dalla storia umana. Oggi tutto questo è stato sostituito dalla televisione...e da internet.
Sulle tematiche del rapporto tra Grande Guerra e religione, si è ampiamente soffermata la storica francese della Prima Guerra Mondiale Annette Becker, nel saggio “Chiese e fervori religiosi” pubblicato in “La prima guerra mondiale” Vol. II, a cura di Stephane Audoin-Rouzeau e J. Jacques Becker, Edizioni Einaudi 2007. L’edizione italiana è stata curata da Atonio Gibelli.
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