sabato 30 dicembre 2017

Piccolo Museo della Prima Guerra Mondiale fotografie,illustrazioni e oggetti


Presentazione
Ciò che vedrete visitando le sale immaginarie di questo piccolo museo raccontano alcuni aspetti di quella che oggi ancora viene definita "la Grande Guerra". Lo faremo con immagini, oggetti e testi tratti da documenti diversi; la nostra intenzione è  restituire il clima di quell'epoca in cui si comprese che la guerra aveva cambiato la sua natura. La comprensione di questo fatto non avvenne subito: ci vollero quasi cinque anni di massacri perché si definissero gli aspetti della guerra che si stava combattendo e quelli delle guerre future. Cercheremo di condurre gli spettatori potenziali di questo museo immaginario attraverso un percorso che chiarisca ciò che scrisse Sigmund Freud, animato da fervente spirito patriottico nell'estate del 1914, disilluso e disincantato osservatore degli eventi nel 1915: "Ci sembra che mai un fatto storico abbia distrutto in tal misura il prezioso patrimonio comune dell'umanità, seminato confusione in tante limpide coscienze, degradato così radicalmente tutto ciò che è elevato. Anche la scienza ha perduto la sua serena imparzialità, i suoi servitori , esacerbati nel profondo, cercano di trar da essa armi per contribuire alla lotta contro il nemico. L'antropologo è indotto a dimostrare che l'avversario è un essere inferiore e degenerato; lo psichiatra a diagnosticare in lui perturbazioni spirituali e psichiche." (da Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, 1915)
                                      

Sala Uno
L'attesa della catastrofe

Donna che guarda il mare, lastra di vetro all'argento realizzata verso il 1913.
[Questa fotografia evoca l'idea della vacanza e della tranquillità in una sera d'estate su una spiaggia della costa atlantica francese. Il sole tramonta e la gente comune è indotta a pensare che la tranquillità del domani è un fatto certo e garantito dal progresso.]

Lady Astor, una delle donne sopravvissute al naufragio del Titanic, copertina della rivista Le Miroir, N° 5 del 28 aprile 1912.
[Madeline Force, coniugata con il colonnello John Jacob Astor era una delle esponenti dell'alta società americana che si salvò quando, nella notte del 14 aprile 1912, il transatlantico Titanic venne speronato da un iceberg e si inabissò nelle gelide acque dell'Atlantico settentrionale. La fine del Titanic, considerata la macchina più potente mai costruita dall'ingegneria navale e distrutta da un elemento naturale, viene oggi considerata come uno dei segni della sfiducia nell'idea di progresso continuo e indisturbato che aveva accompagnato gli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale.]

Giovane contadino della Ciociaria, Italia. Da un album Souvenir Kodak appartenuto a sconosciuti turisti francesi in Italia, 1909.
[L'Europa degli anni che precedettero la Prima Guerra Mondiale era una regione della Terra molto diversa da quella che è oggi. Il mondo rurale era assai esteso, le condizioni dei contadini variavano da nazione a nazione ed esistevano grandi sacche di povertà. Fu il mondo contadino, rappresentato da questo giovane uomo fotografato in un giorno di mercato della cittadina di Sora, a pagare un alto prezzo di sangue tra il 1914 e il 1918.]

Gente di cinema, fotografia al bromuro d'argento, eseguita verso il 1910.

[Cavalletto e macchina da presa identificano questi tre personaggi come esponenti di un nuovo mestiere e di una nuova arte: il cinematografo. La storia del cinema inizia nel 1895 con la ripresa dell'uscita degli operai dalla fabbrica Lumiere a Lione. Da questo primo e breve film il cinematografo s'impose nel tempo, insieme alla fotografia, come il modo più diretto per raccontare gli eventi e la Prima Guerra Mondiale fu un banco di prova molto importante.]

mercoledì 27 settembre 2017

Il ricordo della Grande Guerra sul Fronte Occidentale Il Memoriale di Fleury-devant-Douaumont presso Verdun


Memorial di Fleury-devant-Douaumont. Soldatini. Fotografia di S. Viaggio
A Fleury-devant-Douaumont, nei pressi di Verdun, per ricordare la battaglia che durò quasi un anno, 21 febbraio 1916-19 dicembre 1916, è stato istituito un grande museo che consente ai visitatori, migliaia ogni anno, di capire cosa sia stato questo scontro epocale che diede origine alla definizione di "guerra dei materiali": il primo esempio di ciò che oggi definiamo come guerra moderna. Le macchine e gli esplosivi prevalgono sugli uomini i quali si trovano schiacciati sotto un rullo compressore. Gli uomini, dall'una e dall'altra parte, sono solo fuscelli nel mezzo di un grande incendio. Il altri post e filmati documentari, su questo blog abbiamo ricordato le diverse fasi della Battaglia di Verdun; vogliamo ora mostrare alcune fotografie, dieci in tutto, in cui, da visitatori, ci è sembrato di decifrare il messaggio che il museo vuole inviare e che potrebbe sintetizzarsi in una breve frase: nel girone infernale si dibatte l'essere umano. Attorno ad ogni oggetto esposto, ad ogni ricostruzione simbolica, immaginate il fuoco e il fumo, i cadaveri insepolti e le urla disperate. I soldatini della prima immagine sono coloro che ogni giorno salivano in prima linea sapendo di morire. Il piccione è l'estremo tentativo di inviare un ultimo messaggio dall'interno del forte di Vaux assediato. L'album da disegno con i commilitoni appena abbozzati e gli elmetti sono il segno di una grande solidarietà nata fra i soldati che combattevano. La pistola lanciarazzi è il simbolo del tentativo di dire a chi manovrava le artiglierie di allungare il tiro per non essere uccisi dal "fuoco amico". Gli arti di legno e il soldato di cui resta solo l'elmetto mentre il corpo si dissolve in un immagine è il ricordo di un massacro inutile che non risolse le sorti della guerra.

Il piccione viaggiatore del Fort de Vaux. Fotografia di S. Viaggio

Appunti per la memoria su un album da disegno. Fotografia di S. Viaggio

Elmetti di soldati germanici. Fotografia di S. Viaggio

Pistola lanciarazzi, Fotografia di S.Viaggio

Osservare il nemico. Fotografia di S. Viaggio

Granate, l'arma del soldato. Fotografia di S. Viaggio

Bastoni di guerra intagliati. Fotografia di S. Viaggio

Arti per un dopoguerra difficile. Fotografia di S. Viaggio

Centenario. Fotografia di S. Viaggio



martedì 15 agosto 2017

Il ricordo della Grande Guerra sul Fronte Occidentale oggi. Prima parte

Museo di Bullecourt, Pas de Calais.  Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Le  fotografie che presentiamo sono state eseguite percorrendo il Fronte Occidentale e visitando diversi musei della memoria.
L'immagine della Grande Guerra che viene tramandata è fatta di fotografie, di reperti e cimeli, di vecchie armi e cimiteri di guerra. Il visitatore può in questo modo avere solo una lontana idea di ciò che fu quel dramma vissuto da milioni di uomini. Per cercare di colmare questa distanza e vuoto, forse è possibile immaginare che dietro una maschera antigas, una bottiglia di vetro, un pezzo di filo spinato, un elmetto o un vecchio carro armato c'era un uomo che soffriva e moriva guardando la trincea avversaria, mentre il tempo scorreva lento e inesorabile.
Arras  "Du fer et d'acier" esposizione temporanea, 2015. Fotografia di Stefano Viaggio.
Arras  "Du fer et d'acier" esposizione temporanea, 2015. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Arras  "Du fer et d'acier" esposizione temporanea, 2015. Fotografia di Stefano Viaggio.
Arras  "Du fer et d'acier" esposizione temporanea, 2015. Fotografia di Stefano Viaggio.
Historial de la Grande Guerre de Peronne,
calco del volto di uno sfigurato della guerra.
Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Historial de la Grande Guerre de Peronne,
album proveniente da un ospedale militare con sfigurati. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Historial de la Grande Guerre de Peronne. Fotografia di Stefano Viaggio, 2015
Museo di Bullecourt. Pas de Calais. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Pozieres, Somme. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Pozieres, Somme. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Reims, Fort de la Pompelle. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Reims, Fort de la Pompelle. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Reims, Fort de la Pompelle. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Reims, Fort de la Pompelle. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Reims, Fort de la Pompelle. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Museo di Suchez. Fotografia di Stefano Viaggio
Museo di Suchez. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Museo di Suchez. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Museo di Suchez. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015
Museo di Suchez.  Wilfred Owen. Fotografia di Stefano Viaggio. 2015

giovedì 6 luglio 2017

Il paesaggio lunare 1917-1918 la devastazione vista dal cielo


La Prima Guerra Mondiale fu un periodo della storia umana denso di numerose innovazioni in cui si sperimentarono nuove armi e strumenti di comunicazione visiva spinti ad una potenza mani vista nella storia. La fotografia divenne il modo di comunicare informazioni sull'andamento della guerra e il mezzo per chiamare alla resistenza i popoli delle nazioni impegnate nel conflitto. L'impiego dell'aeroplano nei combattimenti e la visione aerea del paesaggio di guerra furono una delle innovazioni che modificarono sensibilmente la percezione di un conflitto che sembrava non finire mai. Tra il 1917 e il 1918 la rivista francese Le Miroir pubblicò numerose fotografie del Fronte Occidentale eseguite anche a notevole altezza per l'epoca, in cui si mostrava un paesaggio desertificato dai bombardamenti delle artiglierie con villaggi completamente rasi al suolo e campi un tempo pieni vita, ora disseminati di crateri. Il 30 settembre 1917, sul numero 201 di Le Miroir appariva una sequenza fotografica in cui si mostravano le fasi della completa distruzione di un villaggio.
Le Miroir, N° 201, 30 settembre 1917


Così la didascalia commentava le tre fotografie
"Le tre istantanee che pubblichiamo provano in modo impressionante il perfetto legame che esiste tra l'artiglieria e l'aviazione. Ecco il piccolo villaggio di Ginchy, situato nei pressi di Peronne, come appariva agli occhi dei nostri osservatori all'inizio di luglio 1916, quando il bombardamento stava per iniziare. Poi alla fine di luglio l'aspetto del villaggio sul quale tiravano i nostri cannoni da settimane. Infine in agosto, quando la preparazione delle artiglierie è terminata.
Come possiamo vedere nella terza fotografia in basso, al posto del villaggio c'è un deserto in cui si notano solo lievi tracce della struttura urbana: la via centrale che è ormai diventata solo un segno nel terreno, i perimetri di alcuni edifici polverizzati.
Perché un giornale francese mostrava fotografie che dimostravano in modo inequivocabile la desertificazione del territorio ad opera degli stessi francesi che intendevano riconquistare loro terra? Il motivo principale è che bisognava convincere la gente del fatto che, nonostante gli insuccessi, le offensive avevano avuto successo. L'11 novembre, sempre del 1917, sul numero 207 di Le Miroir, compariva un'immagine dal cielo del territorio dello Chemin des Dames su cui si era infranta l'offensiva diretta dal generale Nivelle: avrebbe dovuto sfondare il fronte, ma era costata migliaia di vite umane, aveva provocato un vasto ammutinamento nell'esercito francese e non aveva prodotto alcun risultato.
Le Miroir N° 207, 11 novembre 1917


Le Miroir a un anno esatto dalla fine della Grande Guerra, pubblicava una fotografia fortemente ritoccata in cui c'era la visione "a volo d'uccello" del campo di battaglia dello Chemin des Dames. Così la didascalia commentava l'immagine:
"Tra gli obbiettivi principali del nostro attacco a nord dell'Aisne c'era la conquista di Chavignon e del forte della Malmaison che formavano, con Allemant e Vaudesson, un vasto quadrilatero compreso nella linea delle alture dell'Aisne. Un vasto bastione da cui potevano essere colpite le alture dello Chamin des Dames. Questo bastione inoltre permetteva di osservare la montagna di Laon. Vediamo sul nostro documento, il settore destro di questo quadrilatero."
Da come vediamo in queste fotografie il terreno è pianeggiante e quando si parla di montagna di Laon, s'intende una collina. Un paesaggio del genere, privo di vere montagne, è assai facile fotografare dall'alto offrendo visioni d'insieme e verosimili che erano una novità per i lettori. Il 25 novembre, sul numero 209, comparivano due fotografie aeree dello Chemin des Dames. Questa volta realmente impressionanti.
Le Miroir, N° 209, 25 novembre 1917
  

Vediamo qui gli stessi luoghi confrontati a distanza di pochi giorni e l'effetto risulta molto forte. Il paesaggio è desertificato, i numerosi crateri lo rendono lunare e non c'è traccia di presenza umana. La distruzione della natura non era compiuta attraverso bombardamenti aerei, ma dalle artiglierie che furono la vera arma con cui si combatté la Prima Guerra Mondiale. Nelle due didascalie ovviamente si parla di vittoria con migliaia di prigionieri tedeschi e l'abbandono delle posizioni sotto un diluvio di fuoco senza precedenti. La fotografia aerea consentiva anche di mostrare i mezzi impiegati per l'avanzata sul territorio occupato dal nemico. Questa volta toccava ai carri armati: si notano, a ben osservare la fotografia pubblicata sul numero 213 del 25 dicembre 1917.
Le Miroir, N° 213, 25 dicembre 1917


I carri armati, quasi grossi insetti che avanzano su un terreno sconvolto, in quel momento si stavano appena sperimentando e le asperità del terreno rendevano molto difficile il loro impiego. Mostrarli però era un segnale di incoraggiamento rivolto ad un pubblico che non vedeva nuovi progressi in questa guerra sostanzialmente immobile.
L'impiego della fotografia aerea sul fronte italo-austriaco, assai diverso da quello occidentale, è messo in risalto dalla visione delle bombe che cadono e fotografate dagli aviatori italiani.
Le Miroir, N° 217, 20 gennaio 1918


Le quattro fotografie in sequenza mostrano la caduta delle bombe e le esplosioni a terra. Osservando bene le prime due fotografie si nota evidente l'effetto di ritocco. La rivista comunque rende omaggio ai progressi della fotografia: "Impressionare su una lastra sensibile l'immagine sorprendente dei proiettili lanciati in piena corsa aerea, ecco uno degli ultimi records della fotografia."
Ancora fotografie  di desertificazione, ma questa volta sul fronte belga, sulla strada che da Dixmude porta a Ypres e della "ferme du Portugal".
Le Miroir, N° 222, 24 febbraio 1918
    

Queste due immagini vengono pubblicate a distanza di tempo dalla conclusione della Terza Battaglia di Ypres, un altro sostanziale insuccesso per le truppe dell'Intesa e in cui i soldati britannici si erano impantanati in un mare di fango. Nella didascalia il paesaggio è descritto come invaso dall'acqua e i tanti crateri della seconda fotografia sembrano apparire dall'alto come tanti laghetti. Questo paesaggio non tornerà mai come prima. Sul numero del 5 maggio 1917, 232, una ripresa aerea delle armi che provocano lo sconvolgimento che stiamo osservando: le potenti artiglierie montate su rotaie. Potrebbero essere anche tedesche e i binari sono posati seguendo l'effetto di curvatura del tiro.
Le Miroir, N° 232, 5 maggio 1918


E infine l'immagine aerea di una città distrutta, si tratta di Montdidier.
Le Miroir, N° 247, 18 agosto


Siamo nelle fasi finali della Grande Guerra, l'ultima grande offensiva tedesca iniziata nella primavera del 1918, ha fallito il suo obbiettivo di vincere la guerra e ora le truppe germaniche iniziano a ritirarsi. Nella didascalia di questa fotografia leggiamo:
"Questa impressionante fotografia é stata eseguita a bordo di un aereo francese, alle 16 e 30, il 10 agosto 1918, qualche ora dopo l'entrata delle nostre truppe vittoriose in Montdidier."
Città piccole e grandi che erano sulla linea del Fronte Occidentale, villaggi e campi sono distrutti e oggi, a distanza di cento anni, ancora si possono vedere i segni di tanto sconvolgimento. Dire cosa prefigurano le immagini che abbiamo presentato è quasi scontato: la Seconda Guerra Mondiale e le guerre attuali mostrate dal cinema e dalla televisione. L'olocausto nucleare non era previsto quando furono pubblicate queste fotografie, ma diventava possibile. Era possibile vederlo dal cielo.


sabato 20 maggio 2017

Lettere dalla Grande Guerra Margherita Del Nero 1918 Gennaio Febbraio

Margherita Del Nero, fotografia formato carte de visite eseguita per il matrimonio
Il primo dell'anno del 1918 giungono a Veroli notizie di otto soldati uccisi al fronte. La fine della guerra sembra non venire mai mentre la gente si azzuffa davanti alle botteghe del pane. I funzionari del governo effettuano perquisizioni nelle case per trovare cibo nascosto e Margherita teme che vengono anche a casa sua. Giuseppe non torna ancora in licenza e sembra che con altri della sussistenza stia costruendo una strada.  

Gennaio 1918
2 gennaio
Mio adorato Peppino, Sebbene ieri incominciai l'anno abbastanza tranquilla, eppure oggi dopo che è passata la festa senza avermi portato un tuo caro scritto; si è impossessata di me un'inquietudine che non so spiegare il perché...Quando tarda un po' più la tua corrispondenza, specie adesso che ti so in un posto pericoloso, son pensieri. Ieri, neanche a farlo apposta, giorno di Capodanno, arrivarono al municipio 8 notizie di morti verolani. Uno sarebbe Antonio il barbiere, quello che èn piazza, un altro Attilio il figlio di Antonia Botticelli, un altro Giovanni il figlio di Bazzicone, un altro Peppe mi sembra che si chiama, insomma il figlio di Loreto Cestra e Letizia la sorella di Santuccia Papetti, quello che era sergente in fanteria. Peppino arrivando tutte queste belle notizie, dimmi tu come si deve vivere!...E mentre voi chissà quanto starete a soffrire. Gli altri morti non li conosco, uno è di S. Leucio, e gli altri sono di campagna. Certo è che l'anno 1917, è stato un vero anno disgraziato, mentre auguriamoci di cuore che il novello anno ci rechi la pace da tutti desiderata. Fammi presto sapere quando vieni, oh! Dio! come t'aspetto!...
24 gennaio
O' ricevuto quest'oggi la tua del 19, dove mi dici di voler sapere come agisce a Veroli la società - Ente autonomo - che debbo dirti? agirebbe non c'è male ma siamo arrivati proprio ai tempi che si é costretti a  vivere di speranza, e la vita, per tirarla innanzi è una spina atroce. Per avere il pane bisogna stare dalla mattina quattro ore prima giorno a fare un acciccapista davanti la bottega di una panetteria per avere un po' di pane con la tessera, ma se vedessi!...si acciuffano, si maltrattano che è una bellezza, e metà della popolazione rimane senza pane. Io per mio conto non ci sono mai andata mi viene da piangere a vedere queste scene, e m'urta assai dovermi avvilire così. Fino ad ora ho tirato innanzi alla meglio. Adesso questa società che è sorta in Veroli - nominata - Ente Autonomo- richiede molto personale, tanto che ci hanno impiegati proprio certi [...] che appartengono ad una compagnia di commedianti, che trovavasi per combinazione a Veroli...
Febbraio 1918
4 febbraio
Peppino mio caro, Finalmente è arrivato questa mattina Ceccarelli, il quale mi ha consegnato il tuo gradito letterone e l'orologio da accomodare. Son rimasta un po' meravigliata perché proprio m'ero fisso nella mente che tu avessi voluto farmi una gradita improvvisata. Però non so darmi ragione del perverso destino: a te sempre in ultimo: Sono contenta che tu godi una buona salute come al ritorno Vincenzino potrà dirti di me e di Milena; la quale, questa mattina appena alzatasi è andata sola in casa di Ceccarelli per avere notizie di papà...
9 febbraio
Mio caro Peppino, Oggi m'aspettavo un tuo caro scritto, ma nulla. Tu però hai ragione giacchè io è da diverso tempo che ti scrivo più rilento, e questo per la grande smania che mi sento di presto gioire della lieta notizia della tua venuta che da tanto desio. Mentre ti scrivo la nostra Milena è giù a Santa Croce a giocare con le sue coetanee, è vestita da contadinella, vorrebbe fare il suo sfogo per carnevale, ma sono epoche brutte. Mille bacioni da Milena che gode una buona salute con me. Ti abbraccio forte e ti bacio ripetute volte. Margherita
12 febbraio
Peppino caro, Ricevetti ieri sera la franchigia del 6 e 1 però rimango dolente come mai non puoi dirmi di quando vieni a licenza, mentre il mio più grande pensiero è questo. Di quello che mi dici di quella notte in cui partì Vincenzino, nulla sapevo, ma ce l'ho domandato, ed ho saputo di che si tratta. Ieri, improvvisamente ad un'ora dopo mezzogiorno arrivò maschietto (Giovannino, fratello di Giuseppe) a licenza per tre giorni. E' venuto a prendere la tromba, ed anche lui mi ha detto che già ti ha cercato ma fin ad ora non ci è stato possibile rintracciarti...
15 febbraio
...ieri arrivò a tua madre la polizza di assicurazione di Giovannino. E' dell'Istituto Nazionale, credo dovrebbe essere proprio quello dove sei assicurato tu per Milena. Se a te ancora non l'hanno data, e se questa mia lettera ti giungesse in tempo; dovresti cercare tutti i modi possibili, che questa somma venisse a pagare  queste rate trimestrali. Sarebbe, credimi, una vera fortuna per adesso, giacché proprio sono arrivata, ossia la vita costa tanto che non so proprio più dove debbono uscire questi quattrini ogni tre mesi. Non vedo l'ora che vieni, e vedendo, mi darai ragione. Sarebbe per ora non solo un affare, ed anche un pensiero ed un peso di meno per me, che tante volte non so più come farmi rigirare la mente...
17 febbraio
Peppino caro, Ieri ebbi la franchigia del 12 e questa mattina quella del 14. In essa mi dici che tra breve arriverà anche a me la tua polizza, però a me questo poco importa, sarei più contenta se si potesse fare come nell'ultima mia lettera ti ho detto. Giovannino l'ha fatta fare con il pagamento immediato. Vedi, se potessi fare...Per, quando vieni? mi fai morire di smania quando è che mi giunge quella bella notizia della tua venuta? L'affare da farsi che dobbiamo compiere, te ne parlerò a voce, dovremo fare bene i conti tra noi due. Ieri venne un giovanotto di Frosinone, insieme alla moglie, a trovare Vincenzino Ceccarelli e venne alla bottega per fare la mia conoscenza. Bacioni tanti da Milena e Margherita
19 febbraio
Peppino mio caro, Ieri ebbi la tua cara del 14 ancora nulla mi dici del tuo arrivo. Mentre nel mese passato fu un tempo spledito che sembrava una vera primavera adesso l'aria si è rincrudelita tanto che pare di essere nel cuore dell'inverno. Questa notte ho vegliato, ed il mio pensiero più che mai era a te rivolto. La nostra cara Milena è fortemente abbattuta per un dolore ad un dente. Essa si lagna di uno che ci dole, mentre ne ha guasti quattro. L'ho portata dal dottore, però non ci vuole mettere mano perché è troppo piccina. Poco fa piangeva e diceva: Quando viene papà, così me li fa guarì?! Questa notte ha dormito un pochetto e appena svegliatasi mi ha detto: Mamma, ho camminato tanto e sono arrivata alla guerra, ho cercato papà, e non ci stava, che è venuto? Ci fai proprio morir d'aspetto, sa?!... Il 21 riparte Ceccarelli, ed io sono dispiacente assai perché non posso farti pervenire nulla...
21 febbraio
Peppino mio del cuore, Ieri ebbi la tua cara del 16 e ti rispondo a mezzo di Ceccarelli. Non puoi credere quanto io sia dispiacente perché non posso nulla mandarti, però quando tra poco vado da Vincenzino a consegnare la presente, vedo se per piacere ti porta un piccolo involtino. Oggi ho veduto uno di quelli di Casamari, si chiama Titta, e da questo ho saputo che tu stai ancora aggregato alla sussistenza, e cioè stata facendo una strada. Come mai! a te ti trattano sotto le armi proprio come uno di più infimi...Non hai proprio saputo farti valere quello che sei, il mio ideale sarebbe stato saperti in un uffico. Povero, Peppino mio, chissà quanto devi soffrire e faticare. Senti, amore mio, qui della guerra si parla male assai, e niente meno, si dice che siamo al principio: nel vero senso della parola. Come fare!...la vita non si può tirare più innanzi. Chi non ha niente in casa, e deve stare con quella poco razione che spesse volte manca; la fame la batte brutta. Anzi io, dovessi dire il vero ancora non ho sofferto proprio niente, e grazie a Dio e alla mia mente che prevede a lungo, ancora sono provvista di tutto. Adesso tengo un batticuore che non si spiccia più. C'è una commissione del governo che ogni tanto alla sconsiderata va a requisire una casa, e porta via tutto ciò che trova di alimentare. La requisizione è fatta in modo che guardano perfino nei bauli, nei comò, nelle cantine. Io tengo una buona quarta di farina di grano, ed anche un po' di fiore. Sto sempre agitata perché dubito che da un momento all'altro, mi venga questa sorpresa a casa. Concetta mi ha consigliata di metterla dentro quella credenza che è nella mia stanza e davanti metterci un credenzone acciò nulla possa trapelare. Però c'é questo: non è da fidarsi a chiamare nessuno per farsi aiutare a fare questa faccenda perché il governo ha messo un regalo del 50 per cento, sulla merce che si trova, a chi fa esattamente la spia. per questo non mi posso fidare di nessuno, e se ci danno tempo, questa faccenda la faremo con te. Ecco che razione ci danno: grammi 700 di riso e chilo uno di pasta al mese, per ogni persona, una libra di pane al giorno, oppure che vuole la farina 5 libre la settimana. Però il più delle volte la roba non c'è, Per Veroli è una continua fiera, e certe volte c'è d'aver paura...
24 febbraio
Peppino caro, Ieri ebbi la tua cara cartolina in data del 18, recantimi i dolci e affettuosi augurii per il mio onomastico. Ti ringrazio di cuore che è traboccante d'affetto per te. La più bella speranza per noi sarebbe almeno di passare la festa del tuo onomastico insieme, e si fosse possibile Pasqua che in quest'anno cade il 31 marzo. Cerca almeno di passare quest'epoca in famiglia. E' arrivato Ceccarelli? Qui oggi tira un vento che sembra voglia buttar tutto giù...
26 febbraio
Peppino adorato, Ieri sera ebbi la tua cara e gradita lettera del 20 in cui vi erano accluse le due polizze che tu hai voluto rimettermi. Non potresti mai immaginare quale cattiva impressione hanno prodotto in me queste polizze. Questo denaro, è una cosa vaga, mi sembra, e riscuoterlo dopo tanti anni...invece,se si potesse, vorrei versare io all'istante la somma di £ 2000 purché mi fosse concesso che tu presto potessi tornare per sempre a casa. Ti confesso che non ho capito nulla di quanto esse dicono, però neanche voglio saperle, solo dico che sarebbe ora che vi dessero il cambio, sono ormai 33 mesi che sei in zona di guerra e basterebbe; non ti pare? Ieri stesso nella mattina ti scrissi, facendoti noto le mie idee; che sono uguali alle tue, ossia, spero di fare con te la Pasqua, e il giorno del tuo onomastico. Ebbene, auguriamoci che sia così, e che mai più tu debba ritornare in cotesti posti. Oggi è venuto a Veroli quell'altro di Casamari e con il suo cugino Titta è stato alla casa di Pasquetta a fare una cresima, hanno fatto una baldoria che te lo possa dire Dio. Ma Ceccarelli quando è arrivato costì? Oggi è andato il maresciallo alla casa per vedere se era partito, peché ci era giunto un telegramma dal vostro reparto. Se sapessi, la moglie di Jano è angustiata orribilmente perché il marito gli ha scritto che per fare le polizze non si ricordava il cognome della moglie. E Fischia come le ha fatte? Vengono da me e mi infastidiscono, vorrebbero sapere di sotterfugi come la pensano i loro uomini, però io non ti dico mai niente per non darti fastidio...
28 febbraio
Peppino mio caro, E' da poco che ho avuto la tu cara franchigia del 25. Tu soffri nel sapere che la nostra Milena ha il dolore di denti, anzi ne ha quattro guasti, però son diversi giorni che non si lagna. Adesso come ti ho scritto la nostra piccina ha fatto ritorno a scuola, ci va tanto contenta, e sembra che stia ancora meglio. Ma se la vedessi, Peppino mio, quant'è bellina?! Lo sai? Con l'anno venturo fa la prima elementare, e prende tre lezioni di musica la settimana. Se Dio mi da vita, e con la speranza che presto finisce questa guerra, e che Dio t'aiuta, alla nostra Milena ci vorremo dare una bella professione. Non ti pare? Non sei della mia idea?! Milena è intelligentissima e bisogna coltivarla, essa ci farà onore. Però tu non ti allarmare tanto quando ti dico che Milena sta poco bene perché, quando un girono si sente male diventa uno straccio, ma poi subito si rimette. Domenica 25 febbraio la fotografarono, e qui te la rimetto per farti vedere come sta. A me pure mi vogliono fare la fotografia, però ancora non ho accettato, voglio prima il tuo consenso, oppure sarei contenta di aspettare che vieni tu, così ce la faremo insieme. Va bene così? Non ti angustiare, perché devi sapere che io ti voglio un bene grande; e il mio amore per te ingigantisce ogni giorno di più. Ora mi sembrano mille anni che non t'ho visto, e non vedo l'ora...


mercoledì 26 aprile 2017

L'immagine del carro armato nella Prima Guerra Mondiale


L'immagine del carro armato s'identifica oggi con l'idea di forza e di potenza che  si è formata pian piano assistendo ai filmati del secondo conflitto mondiale: le fulminee avanzate tedesche, le battaglie fra carri armati nel territorio sovietico, i carri armati americani che entrano nelle città dell'Europa. Al carro armato appartiene anche all'idea che ci siamo fatta del colpo di stato militare con queste macchine poste a presidio di piazze e strade deserte o che assediano i palazzi del governo.
Quando iniziò la Prima Guerra Mondiale i carri armati non esistevano, apparvero sui campi di battaglia come l'arma che avrebbe dovuto porre fine all'immobilità del Fronte Occidentale. Ebbero però un impiego limitato e non possono essere considerati i vincitori della Grande Guerra.  
Carri armati britannici, da Histoire llustreè de La guerre du droit


Dalla fine del 1916 sino alla fine del 1918, l'immagine del carro armato ebbe un grande impatto su un pubblico non abituato a vedere fotografie di macchine semoventi e mostruose che si muovevano verso le trincee avversarie. La visione fotografica o cinematografica del carro armato, forse ancor più di quella dell'aeroplano in combattimento nel cielo, rivelò che la guerra tecnologica era davvero entrata in una fase nuova. Il carro armato si aggiungeva ai gas asfissianti, ai duelli aerei, alle esplosioni devastanti provocate dalle artiglierie, ai lanciafiamme; bisogna però dire che gli stati maggiori dell'epoca non si fidarono fino in fondo dei carri armati. La forza vera e vincente per loro restavano le masse di uomini che dovevano superare le trincee avversarie e sfondare il fronte nemico. Il carro armato infatti fu concepito solo come appoggio alle avanzate della fanteria: era comunque lento e di non facile impiego su un terreno sconvolto dai crateri delle mine, poteva presentare problemi di funzionamento ed essere fermato restando in mezzo ai campi come un ammasso di ferro inutile e mostruoso. Un trofeo davanti al quale farsi fotografare, come avvenne nella fotografia che abbiamo trovato in un album francese anonimo.
Soldati posano davanti a un carro armato tedesco immobilizzato, fotografia tratta da un album francese anonimo 


Sul numero del 1 maggio del 1917, la rivista italiana La Lettura presentava in copertina un'immagine ancora non chiara di quella che doveva essere l'idea del carro armato: non aveva cingoli, ma ruote di ferro e somigliava più a una macchina che definiremmo oggi come un autoblindo. Nonostante le imprecisioni, la rappresentazione della nuova arma sulla copertina della rivista italiana è quella di un automezzo che supera i reticolati e le trincee. Bisogna anche considerare il fatto che il carro armato poco si adattava ad un fronte come quello italo-austriaco, fatto di montagne e cime a volte imprendibili.
 
Copertina della rivista italiana La Lettura del 1 maggio 1917

Winston Churchill già nel 1915 aveva suggerito di montare cannoncini sopra dei trattori cingolati e in grado di schiacciare il filo spinato, ma questa idea ebbe applicazione solo più tardi, verso la fine della Battaglia della Somme, nel 1916. Alla fine del 1917, durante la Battaglia di Cambrai, i britannici pensarono che i carri armati fossero l'arma risolutrice, ma dopo un iniziale successo furono bloccati dalle artiglierie tedesche.  
Fin dall'inizio la nuova arma fu avvolta da un alone di mistero.
Nel 1917, numero 183, la rivista francese Le Miroir consacrò le due pagine centrali ai carri armati. La fotografia era spettacolare e d'effetto: in primo piano un tank che sembra superare una trincea, su un piano ancora più ravvicinato un caduto di cui vediamo solo le scarpe, in campo lungo altri tanks avanzano nella pianura.
 
Le Miroir, N° 183, 1917

Si tratta di una composizione felice, costruita forse nel corso di esercitazioni nelle retrovie. La didascalia che accompagnava la fotografia  ci forniva alcune informazioni: innanzitutto apprendiamo che esisteva il divieto di pubblicare fotografie dei tanks francesi.
"Sappiamo che la prima macchina di questo genere fece la sua prima apparizione sul campo di battaglia della Somme nel 1916. Gli inglesi che l'avevano fabbricata in gran segreto la chiamarono tank, cioè cisterna, per indurre in errore le possibili spie. Quando i tanks apparvero sul terreno, i Tommies (così venivano chiamati i soldati inglesi) entusiasti li battezzarono crema di menta, soprannome che nel loro spirito significava stimolante o doping. In seguito li chiamarono grande madre oppure cordon rouge, ma l'espressione tanks è rimasta ed è applicata anche ai carri francesi."
La cattura di un carro armato, come abbiamo visto nell'anonima  fotografia in questo post, divenne un fatto importante e venne mostrata come un trofeo per l'immancabile vittoria.
Su un numero di Le Miroir, un'intera pagina era dedicata ad un carro armato tedesco conquistato davanti al Forte di La Pompelle, posto a difesa della città di Reims. La macchina era stata fotografata frontalmente e di profilo, si mostrava anche l'interno del carro.
Le Miroir, carro armato tedesco conquistato davanti al Fort de La Pompelle, presso Reims.


I carri armati francesi avevano una forma diversa da quelli tedeschi e britannici. Rivelava una maggior agilità sul campo e sembra somigliare di più a quella dei carri armati che siamo stati abituati a conoscere. Nell'opera in tre volumi "Histoire illustreé de la guerre du droit" di Camille Hinzelin e pubblicata nel corso della guerra, viene mostrata un'immagine del carro armato francese 18 HP prodotto dalla fabbrica Renault.
Carro armato 18 HP di produzione Renault, da Histoire llustreè de La guerre du droit


Da come possiamo vedere nella fotografia successiva, il carro francese si presentava diverso da quelli britannici che suggerivano l'idea di una macchina d'assalto medievale.
Carro armati britannici, da Histoire llustreè de La guerre du droit


Lo scetticismo nei confronti dei carri armati comunque permaneva e un'immagine sarà ricorrente per ricordare l'impiego di quest'arma durante la Prima Guerra Mondiale: quella del pesante automezzo cingolato che si impantana nel fango di un campo di battaglia dopo un'offensiva che, nonostante l'impiego di nuove armi, non aveva prodotto quei risultati  che molti si aspettavano.

Le Miroir, carro armato colpito e immobilizzato nel fango di un paesaggio pianeggiante

Durante la Grande Guerra i tedeschi non presero mai sul serio la produzione di tanks  e dovettero pentirsene: quando il carro armato venne perfezionato nella parte semovente e nell'armamento, fu di grande aiuto nell'offensiva alleata dell'estate-autunno del 1918.
Nel romanzo Niente di nuovo sul Fronte Occidentale, Eric Maria Remarque racconta l'angoscia del protagonista davanti alla nuova arma.
"I tanks da oggetti di scherno sono diventati un'arma formidabile. Avanzano nella loro corazza, rotolano in lunga fila, ed ai nostri occhi esprimono più di ogni altra cosa l'orrore della guerra. I pezzi che ci fulminano con il loro fuoco tambureggiante, noi non li vediamo; le ondate di nemici che ci assaltano sono uomini come noi; ma questi tanks sono macchine, i cui cingoli sono una catena infinita come la guerra stessa; sono la strage, quando, macchine senz'anima, rotolano nelle buche e poi ne risalgono e non si fermano mai, flotta di corazze mugghianti e fumiganti, bestioni d'acciaio invulnerabili, che stritolano i morti e feriti[…]Davanti a loro ci raggomitoliamo nella nostra pelle sottile, di fronte alla loro violenza colossale le nostre braccia sono fuscelli, le nostre bombe a mano fiammiferi…"[1] 
In questo ricordo dello scrittore tedesco c'é la paura e lo sgomento che provarono i soldati quando si trovarono dinnanzi i carri armati, macchine che non avevano mai visto e che rendevano ancor più disumana questa guerra, trasformata in un universo in cui la tecnologia prevaleva sul coraggio e il valore del singolo essere umano gettato nelle "tempeste d'acciaio" di cui parla Ernst Junger.
I tedeschi appresero la lezione della Prima Guerra Mondiale e trasformarono il carro armato nella loro arma strategica che sconfisse la Francia con una guerra lampo nel 1940. I francesi, al contrario, considerarono la nuova arma solo come uno strumento tattico, nonostante gli avvertimenti del generale Charles De Gaulle. Nel 1919 su Le Miroir comparve un fotografia che riassumeva l'atteggiamento francese: era quella di una gara sportiva tra carri armati con il pubblico in gita domenicale che assisteva e applaudiva.
Le Miroir 1919, gara tra carri armati francesi









[1] Niente di nuovo sul Fronte Occidentale di E.M. Remarque, Ed. Mondadori 1975, pag. 238