1918
1-Il mutilato alle gambe e sua moglie. Cartolina.
Questa fotografia non si riferisce al 1918, ma l’abbiamo volutamente inserita per il testo che l’accompagna: dopo i saluti, “souvenir de la guerre 1914-1915”. Il mutilato alle braccia, l’uomo su una carrozzella, lo sfigurato, popoleranno la letteratura che verrà negli anni che seguirono il 1918. Il ricordo della guerra, palpabile, carnale, che ogni giorno si poteva vedere camminando per la strada o salendo su un tram era l’uomo senza una mano, privo di una gamba, cieco di guerra o con il volto difficile da osservare senza dover distogliere gli occhi. Questo l’abbiamo visto anche noi che siamo nati appena dopo la Seconda Guerra Mondiale. La fotografia, con lo sguardo diretto dei protagonisti verso l’obbiettivo, è impietosa. E’ un atto di accusa contro la guerra e allo stesso tempo è il ricordo di un dolore universale pagato da una generazione di europei.
“Parlava con un accento diverso da quello di prima. A Filippo fece anche l’impressione che la sua voce fosse diventata più roca e che il sorriso, forzato e profondo, quasi costruito su uno schema di rughe precoci, rivelasse un decadimento là dove era stata una grazia sicura che agli adulatori era sembrata degna di un semidio. Si sorvegliò per non guardare troppo il troncone e la stampella, e vi riuscì a gran stento. Il mutilato avanzava verso il letto, sempre parlando, preceduto di un passo da Mary, che era quasi nel settimo mese e le ondeggiava un poco il ventre. Quando fu quasi giunto, Filippo si sollevò sul letto per prepararsi a stringergli la mano. Ma il braccio gli ricadde. E, mentre fissava con un lungo sguardo di tra le ciglia l’amico, svenne per la prima volta, rovesciando il capo sui guanciali.”
[da Rubè, di Giovanni Antonio Borghese, 1921, pag. 119, Mondadori, 1980]
2-Soldato americano con uno sparviero nella foresta delle Argonne. Le Miroir. N° 258 del 3 novembre 1918.
Un soldato americano ha catturato uno sparviero nella foresta delle Argonne. Il rapace, per Le Miroir, rappresenta la metafora della Germania che presto o tardi sarà sconfitta. La speranza dei popoli che combattono contro gli Imperi Centrali sono gli americani: soldati strani, gente più ingenua, ma più selvaggia degli europei e che desta curiosità.
“Da qualche tempo, la divisione comprende due reggimenti francesi e un reggimento di neri americani. Li incontriamo nei turni di riposo, occupano un campo vicino al nostro. I poilus fraternizzano con questi nuovi fratelli d’armi. I bianchi e i neri bevono insieme il vino pesante delle cantine, si scambiano pezzi di equipaggiamento. Gli americani sono più generosi, essendo più ricchi. Tengono un settore alla nostra sinistra, ma ho rinunciato a visitarlo perché è pieno di pericoli. Tutte le armi sono cariche: le pistole nelle tasche e i fucili contro le pareti delle trincee. Se una cade parte il colpo. Se uccide, è un incidente inevitabile in guerra, cosa di cui hanno un’idea abbastanza vaga. Sono venuti in Francia come sarebbero andati in Alaska o in Canada, cercatori d’oro o cacciatori di pellicce.”
[da La paura di Gabriel Chevallier, 1930, pag.297, Ed. Librairie Stock, 1930]
3-Teste di bolscevichi. Le pays de france, N° 180 del 21 marzo 1918.
L'uscita della Russia dalla guerra e la pubblicazione dei trattati segreti fra le potenze belligeranti, sono gli atti che rompono l'equilibrio mondiale e che fanno diventare il potere bolscevico il "nuovo nemico". Ora tutti, nell'Intesa, hanno paura per l'offensiva tedesca che prima o poi verrà. I tratti somatici dei capi bolscevichi nella caricatura di Le Pays de France, ricalcano lo stereotipo del tipo asiatico sinistro, rozzo e traditore.
“…noi adottiamo una tattica di ritirata e, lo ripeto ancora una volta: non v’è dubbio che sia il proletariato cosciente sia i contadini coscienti sono con noi, e noi sapremo non solo eroicamente attaccare, ma anche eroicamente ritirarci, e attenderemo finché il proletariato socialista internazionale ci verrà in aiuto; cominceremo allora la seconda rivoluzione socialista ormai su scala mondiale.”
[da Rivoluzione in occidente e infantilismo di sinistra, Rapporto sulla guerra e sulla pace, di Lenin, 1918, pag. 123 , Editori Riuniti, 1969]
4-Giovane soldato francese osserva la tomba di un soldato inglese, caduto nel 1914. Le Miroir, N° 225 del 17 marzo 1918.
Nonostante i diversi tentativi, tutti votati al fallimento, per porre fine alla guerra attraverso una trattativa, gli stati maggiori e i governi pensano che il conflitto durerà almeno sino al 1919. Nuove reclute vengono mandate al fronte e i giovani soldati incontrano le tombe di coloro che li hanno preceduti. Sono i primi cimiteri di guerra, immensi giardini della morte di massa, e luoghi della memoria che ancora oggi vengono visitati da milioni di turisti.
“Il signor Bontemps non avrebbe voluto sentir parlare di pace prima che la Germania non fosse stata ridotta al medesimo smembramento che nel Medioevo, non fosse stata decretata la caduta della Casa di Hohenzollenr, e nella pelle di Guglielmo non fossero state conficcate una dozzina di pallottole.
[da Il tempo ritrovato, di Marcel Proust, pag. 40 , Mondadori, 1973]
5-La paura dei dirigibili e del bombardamento aereo. Cartolina.
Durante l’ultima offensiva tedesca, Parigi viene bombardata da aerei, dirigibili e cannoni a lunga gittata. L’incubo del bombardamento aereo popolerà i sonni e le notti delle popolazioni urbane nelle capitali dei paesi dell’Intesa. Qui il racconto di un bombardamento su Londra, in un romanzo della scrittrice inglese Virginia Woolf.
“Dopo esser stati in sala da pranzo laggiù faceva freddo. Ora i tedeschi dovevano essere sopra di loro. Eleanor provò un curioso senso di peso sulla testa. - Uno, due, tre, quattro, - contò alzando gli occhi verso le pietre verdastre. A una tratto ci fu un violento scoppio, come quando un lampo squarcia il cielo. La ragnatela oscillò.”
[da Gli anni, di Virginia Woolf, Ed. Garzanti 1982]
6-Cannone britannico a lunga gittata sul Fronte Occidentale. Le Pays de France N° 189 del 30 maggio 1918.
Il fallimento della guerra sottomarina proclamata dalla Germania, il contributo americano e la tenuta economica delle nazioni dell’Intesa consentono di accumulare riserve di armi e munizioni che modificano l’equilibrio delle forze. Cannoni, sempre più cannoni potenti e di grande capacità distruttiva.
“Se l’inglese, e dobbiamo aspettarcelo, domattina presto sferrerà un secondo attacco, potremo forse ancora difenderci, ma probabilmente saremo sbattuti dai flutti come un’isola. E allora potremo tenerci i nostri rifugi ancora per due o tre giorni, fino a che l’acqua abbia raffreddato le mitragliatrici, le munizioni saranno esaurite e la trincea sarà del tutto sfasciata dai lanciafiamme e dai cannoni disposti all’intorno.”
[da Boschetto 125, di Ernest Junger, 1925, pag. 149, Ed. Guanda, Parma 1999]
7-Soldati francesi fotografati accanto a un carro armato distrutto. Fotografia anonima.
Questa piccola fotografia che è giunta sino a noi in condizioni non buone, è il ricordo di un’arrestabile avanzata delle potenze dell’Intesa sul Fronte Occidentale. L’ultima offensiva tedesca, che per un momento è sembrata risolutrice, si sta esaurendo. I francesi si fanno fotografare davanti a uno strumento di guerra poco conosciuto e sin dall’inizio sottovalutato: il carro armato.
“In realtà, dopo lo scacco del 29, l’alto comando tedesco non abbandona completamente la sua “grande idea” di marciare su Calais. Ancora il 1° maggio, in un consiglio di guerra, Ludendorff sostiene il progetto di attirare le forze francesi verso il sud, attaccando lo Chamin des Dames. Dopo la vittoria si sarebbe ripresa la marcia su Hazebrouk e Calais. (Von Kuhl) Ma gli avvenimenti del 1918, l’anno del collasso, precipitano e costringono a cambiare i progetti.”
[da Kemmel 1918, del Luogotenente Adolphe Goutard, 1930, pag. 145, Ed. C. Lauvauzelle & Co., Paris 1930]
8-Ufficiali. Cartolina.
L’Italia reagisce alla disfatta di Caporetto, l’esercito è riorganizzato e la paura del nemico in casa galvanizza le energie di una nazione già duramente provata. L’offensiva austriaca del solstizio è respinta, è questo il momento in cui l’Italia risulta vittoriosa nel conflitto e la battaglia di Vittorio Veneto, voluta per motivi di strategia politico-militare, sancirà questo risultato. Gli ufficiali torneranno a casa e saranno persone che difficilmente sapranno abituarsi alla pace e alla normalità della vita. Le due lettere di uno dei maggiori esponenti dell’antifascismo italiano, Piero Calamandrei, dimostrano quanto l’idea del riscatto, dopo la disfatta di Caporetto, animasse l’impegno di uomini che si dimostrarono sensibili ai valori della democrazia.
“16 giugno 1918, ore 17
Temo che in questi giorni le mie lettere ti giungano in ritardo, ma spero che tu sia tanto saggia da comprendere che qui…non c’è motivo da farti perder la saggezza. Per tutto, del resto, le cose vanno bene: e se l’Austria le piglia questa volta, è finita.
25 giugno 1918, ore 16
Perché non mi hai scritto oggi? E Franco che fa? E la Mamma e il Babbo che dicono della nostra meravigliosa vittoria, la più grande vittoria da quando si è iniziata la guerra; e lo zio Cecco ha ora il morale un po’ più sollevato?”
[due lettere di Pietro Calamandrei, in Zona di guerra, lettere, scritti e discorsi (1915-1924), pag. 188, Laterza 2006]
9-Prigionieri tedeschi al lavoro nei campi. Le Pays de France N° 202 del 29 agosto 1918.
Nell’estate del 1918 i giornali pubblicano fotografie come questa, non è un fatto nuovo. Mostrare i prigionieri dopo una offensiva inutile vuol dire rassicurare l’opinione pubblica, ma questa volta i soldati tedeschi prigionieri hanno un altro significato. La Germania è prossima alla sconfitta definitiva.
“Non c’era giorno in cui non si vedevano i gendarmi trascinare dei disobbedienti che si sedevano per terra e ridevano loro sul naso. Non volevano più marciare. Ne avevano abbastanza e non era possibile fucilarli tutti. L’eccesso di miseria uccideva il patriottismo…Niente più tabacco, niente denaro, neanche la fede al dito, l’anello d’oro del matrimonio. L’avevano dato via per la Germania. Portavano una fede d’acciaio nichelata che stupiva la gente di qui.”
[da Invasion 14, di Maxence Van Der Meerch, 1935, pag. 391,Ed. Albin Michel, 1935]
10-Resa della flotta tedesca. Domenica del Corriere, numero non identificato.
L’11 novembre 1918, alle ore 11, uno strano silenzio si diffonde sul Fronte Occidentale. Sul fronte italo-austriaco la guerra è finita il 4. I tedeschi hanno perso, ma non si sentono sconfitti sul campo, la flotta dei sommergibili deciderà di autoaffondarsi per non consegnarsi alla marina inglese. E’ il segno che la partita non è chiusa.
“I tedeschi s’erano accampati su una collinetta di fronte, si vedevano le loro ombre passare davanti ai fuochi accesi sul declivio, un grappolo di stelle verdognole pendeva sulla collina, come lo scoppio di uno shrapnell ghiacciato, in aria. Disponemmo il servizio di sicurezza, le sentinelle, le pattuglie, e ci buttammo subito a dormire senza mangiare, tanto eravamo rotti dalla fatica e dal sonno. Non riuscivo a chiudere occhio, pensavo che era ormai la fine di quella lunga giornata che durava da quattro anni, e una grande tristezza mi stringeva il cuore. Addio, addio, dicevo tra me: ed era l’ultimo addio a tante cose dolorose e care, a tutti i compagni rimasti indietro distesi nel fango, a tante speranze, a tante sofferenze, a tutte le cose dolci e terribili di quella interminabile giornata.”
[da Fine di una lunga giornata, di Curzio Malaparte, pag. 247, Mondadori 2004]
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