mercoledì 28 dicembre 2011

Auguri con la Legione Garibaldina delle Argonne

Auguri di buon 2012 a tutti voi che avete l’interesse e il piacere di seguire questo blog sulla fotografia e la prima guerra mondiale. Nel prossimo anno torneremo a pubblicare articoli riguardanti altri aspetti del rapporto tra l’immagine fotografica e l’evento che ha rappresentato un mutamento epocale nella storia dell’umanità.
Vi lasciamo con una fotografia dei fratelli Garibaldi, figli di Ricciotti e nipoti di Giuseppe: organizzarono i volontari italiani che nel 1914 si arruolarono nell’esercito francese e furono inviati nella foresta delle Argonne, dove pagarono un alto contributo di sangue.



Le Miroir N° 61 1914




Le immagini della Legione Garibaldina delle Argonne saranno oggetto di uno dei primi approfondimenti del 2012.

giovedì 15 dicembre 2011

1914-1918: l’immagine e la parola-quinta parte

1918

1-Il mutilato alle gambe e sua moglie. Cartolina.

Questa fotografia non si riferisce al 1918, ma l’abbiamo volutamente inserita per il testo che l’accompagna: dopo i saluti, “souvenir de la guerre 1914-1915”. Il mutilato alle braccia, l’uomo su una carrozzella, lo sfigurato, popoleranno la letteratura che verrà negli anni che seguirono il 1918. Il ricordo della guerra, palpabile, carnale, che ogni giorno si poteva vedere camminando per la strada o salendo su un tram era l’uomo senza una mano, privo di una gamba, cieco di guerra o con il volto difficile da osservare senza dover distogliere gli occhi. Questo l’abbiamo visto anche noi che siamo nati appena dopo la Seconda Guerra Mondiale. La fotografia, con lo sguardo diretto dei protagonisti verso l’obbiettivo, è impietosa. E’ un atto di accusa contro la guerra e allo stesso tempo è il ricordo di un dolore universale pagato da una generazione di europei.
“Parlava con un accento diverso da quello di prima. A Filippo fece anche l’impressione che la sua voce fosse diventata più roca e che il sorriso, forzato e profondo, quasi costruito su uno schema di rughe precoci, rivelasse un decadimento là dove era stata una grazia sicura che agli adulatori era sembrata degna di un semidio. Si sorvegliò per non guardare troppo il troncone e la stampella, e vi riuscì a gran stento. Il mutilato avanzava verso il letto, sempre parlando, preceduto di un passo da Mary, che era quasi nel settimo mese e le ondeggiava un poco il ventre. Quando fu quasi giunto, Filippo si sollevò sul letto per prepararsi a stringergli la mano. Ma il braccio gli ricadde. E, mentre fissava con un lungo sguardo di tra le ciglia l’amico, svenne per la prima volta, rovesciando il capo sui guanciali.”
[da Rubè, di Giovanni Antonio Borghese, 1921, pag. 119, Mondadori, 1980]
2-Soldato americano con uno sparviero nella foresta delle Argonne. Le Miroir. N° 258 del 3 novembre 1918.
Un soldato americano ha catturato uno sparviero nella foresta delle Argonne. Il rapace, per Le Miroir, rappresenta la metafora della Germania che presto o tardi sarà sconfitta. La speranza dei popoli che combattono contro gli Imperi Centrali sono gli americani: soldati strani, gente più ingenua, ma più selvaggia degli europei e che desta curiosità.
“Da qualche tempo, la divisione comprende due reggimenti francesi e un reggimento di neri americani. Li incontriamo nei turni di riposo, occupano un campo vicino al nostro. I poilus fraternizzano con questi nuovi fratelli d’armi. I bianchi e i neri bevono insieme il vino pesante delle cantine, si scambiano pezzi di equipaggiamento. Gli americani sono più generosi, essendo più ricchi. Tengono un settore alla nostra sinistra, ma ho rinunciato a visitarlo perché è pieno di pericoli. Tutte le armi sono cariche: le pistole nelle tasche e i fucili contro le pareti delle trincee. Se una cade parte il colpo. Se uccide, è un incidente inevitabile in guerra, cosa di cui hanno un’idea abbastanza vaga. Sono venuti in Francia come sarebbero andati in Alaska o in Canada, cercatori d’oro o cacciatori di pellicce.”
[da La paura di Gabriel Chevallier, 1930, pag.297, Ed. Librairie Stock, 1930]
3-Teste di bolscevichi. Le pays de france, N° 180 del 21 marzo 1918.
L'uscita della Russia dalla guerra e la pubblicazione dei trattati segreti fra le potenze belligeranti, sono gli atti che rompono l'equilibrio mondiale e che fanno diventare il potere bolscevico il "nuovo nemico". Ora tutti, nell'Intesa, hanno paura per l'offensiva tedesca che prima o poi verrà. I tratti somatici dei capi bolscevichi nella caricatura di Le Pays de France, ricalcano lo stereotipo del tipo asiatico sinistro, rozzo e traditore.
“…noi adottiamo una tattica di ritirata e, lo ripeto ancora una volta: non v’è dubbio che sia il proletariato cosciente sia i contadini coscienti sono con noi, e noi sapremo non solo eroicamente attaccare, ma anche eroicamente ritirarci, e attenderemo finché il proletariato socialista internazionale ci verrà in aiuto; cominceremo allora la seconda rivoluzione socialista ormai su scala mondiale.”
[da Rivoluzione in occidente e infantilismo di sinistra, Rapporto sulla guerra e sulla pace, di Lenin, 1918, pag. 123 , Editori Riuniti, 1969]
4-Giovane soldato francese osserva la tomba di un soldato inglese, caduto nel 1914. Le Miroir, N° 225 del 17 marzo 1918.
Nonostante i diversi tentativi, tutti votati al fallimento, per porre fine alla guerra attraverso una trattativa, gli stati maggiori e i governi pensano che il conflitto durerà almeno sino al 1919. Nuove reclute vengono mandate al fronte e i giovani soldati incontrano le tombe di coloro che li hanno preceduti. Sono i primi cimiteri di guerra, immensi giardini della morte di massa, e luoghi della memoria che ancora oggi vengono visitati da milioni di turisti.
“Il signor Bontemps non avrebbe voluto sentir parlare di pace prima che la Germania non fosse stata ridotta al medesimo smembramento che nel Medioevo, non fosse stata decretata la caduta della Casa di Hohenzollenr, e nella pelle di Guglielmo non fossero state conficcate una dozzina di pallottole.
[da Il tempo ritrovato, di Marcel Proust, pag. 40 , Mondadori, 1973]
5-La paura dei dirigibili e del bombardamento aereo. Cartolina.
Durante l’ultima offensiva tedesca, Parigi viene bombardata da aerei, dirigibili e cannoni a lunga gittata. L’incubo del bombardamento aereo popolerà i sonni e le notti delle popolazioni urbane nelle capitali dei paesi dell’Intesa. Qui il racconto di un bombardamento su Londra, in un romanzo della scrittrice inglese Virginia Woolf.
“Dopo esser stati in sala da pranzo laggiù faceva freddo. Ora i tedeschi dovevano essere sopra di loro. Eleanor provò un curioso senso di peso sulla testa. - Uno, due, tre, quattro, - contò alzando gli occhi verso le pietre verdastre. A una tratto ci fu un violento scoppio, come quando un lampo squarcia il cielo. La ragnatela oscillò.”
[da Gli anni, di Virginia Woolf, Ed. Garzanti 1982]
6-Cannone britannico a lunga gittata sul Fronte Occidentale. Le Pays de France N° 189 del 30 maggio 1918.
Il fallimento della guerra sottomarina proclamata dalla Germania, il contributo americano e la tenuta economica delle nazioni dell’Intesa consentono di accumulare riserve di armi e munizioni che modificano l’equilibrio delle forze. Cannoni, sempre più cannoni potenti e di grande capacità distruttiva.
“Se l’inglese, e dobbiamo aspettarcelo, domattina presto sferrerà un secondo attacco, potremo forse ancora difenderci, ma probabilmente saremo sbattuti dai flutti come un’isola. E allora potremo tenerci i nostri rifugi ancora per due o tre giorni, fino a che l’acqua abbia raffreddato le mitragliatrici, le munizioni saranno esaurite e la trincea sarà del tutto sfasciata dai lanciafiamme e dai cannoni disposti all’intorno.”
[da Boschetto 125, di Ernest Junger, 1925, pag. 149, Ed. Guanda, Parma 1999]
7-Soldati francesi fotografati accanto a un carro armato distrutto. Fotografia anonima.
Questa piccola fotografia che è giunta sino a noi in condizioni non buone, è il ricordo di un’arrestabile avanzata delle potenze dell’Intesa sul Fronte Occidentale. L’ultima offensiva tedesca, che per un momento è sembrata risolutrice, si sta esaurendo. I francesi si fanno fotografare davanti a uno strumento di guerra poco conosciuto e sin dall’inizio sottovalutato: il carro armato.
“In realtà, dopo lo scacco del 29, l’alto comando tedesco non abbandona completamente la sua “grande idea” di marciare su Calais. Ancora il 1° maggio, in un consiglio di guerra, Ludendorff sostiene il progetto di attirare le forze francesi verso il sud, attaccando lo Chamin des Dames. Dopo la vittoria si sarebbe ripresa la marcia su Hazebrouk e Calais. (Von Kuhl) Ma gli avvenimenti del 1918, l’anno del collasso, precipitano e costringono a cambiare i progetti.”
[da Kemmel 1918, del Luogotenente Adolphe Goutard, 1930, pag. 145, Ed. C. Lauvauzelle & Co., Paris 1930]
8-Ufficiali. Cartolina.
L’Italia reagisce alla disfatta di Caporetto, l’esercito è riorganizzato e la paura del nemico in casa galvanizza le energie di una nazione già duramente provata. L’offensiva austriaca del solstizio è respinta, è questo il momento in cui l’Italia risulta vittoriosa nel conflitto e la battaglia di Vittorio Veneto, voluta per motivi di strategia politico-militare, sancirà questo risultato. Gli ufficiali torneranno a casa e saranno persone che difficilmente sapranno abituarsi alla pace e alla normalità della vita. Le due lettere di uno dei maggiori esponenti dell’antifascismo italiano, Piero Calamandrei, dimostrano quanto l’idea del riscatto, dopo la disfatta di Caporetto, animasse l’impegno di uomini che si dimostrarono sensibili ai valori della democrazia.
“16 giugno 1918, ore 17
Temo che in questi giorni le mie lettere ti giungano in ritardo, ma spero che tu sia tanto saggia da comprendere che qui…non c’è motivo da farti perder la saggezza. Per tutto, del resto, le cose vanno bene: e se l’Austria le piglia questa volta, è finita.
25 giugno 1918, ore 16
Perché non mi hai scritto oggi? E Franco che fa? E la Mamma e il Babbo che dicono della nostra meravigliosa vittoria, la più grande vittoria da quando si è iniziata la guerra; e lo zio Cecco ha ora il morale un po’ più sollevato?”
[due lettere di Pietro Calamandrei, in Zona di guerra, lettere, scritti e discorsi (1915-1924), pag. 188, Laterza 2006]
9-Prigionieri tedeschi al lavoro nei campi. Le Pays de France N° 202 del 29 agosto 1918.
Nell’estate del 1918 i giornali pubblicano fotografie come questa, non è un fatto nuovo. Mostrare i prigionieri dopo una offensiva inutile vuol dire rassicurare l’opinione pubblica, ma questa volta i soldati tedeschi prigionieri hanno un altro significato. La Germania è prossima alla sconfitta definitiva.
“Non c’era giorno in cui non si vedevano i gendarmi trascinare dei disobbedienti che si sedevano per terra e ridevano loro sul naso. Non volevano più marciare. Ne avevano abbastanza e non era possibile fucilarli tutti. L’eccesso di miseria uccideva il patriottismo…Niente più tabacco, niente denaro, neanche la fede al dito, l’anello d’oro del matrimonio. L’avevano dato via per la Germania. Portavano una fede d’acciaio nichelata che stupiva la gente di qui.”
[da Invasion 14, di Maxence Van Der Meerch, 1935, pag. 391,Ed. Albin Michel, 1935]
10-Resa della flotta tedesca. Domenica del Corriere, numero non identificato.
L’11 novembre 1918, alle ore 11, uno strano silenzio si diffonde sul Fronte Occidentale. Sul fronte italo-austriaco la guerra è finita il 4. I tedeschi hanno perso, ma non si sentono sconfitti sul campo, la flotta dei sommergibili deciderà di autoaffondarsi per non consegnarsi alla marina inglese. E’ il segno che la partita non è chiusa.
“I tedeschi s’erano accampati su una collinetta di fronte, si vedevano le loro ombre passare davanti ai fuochi accesi sul declivio, un grappolo di stelle verdognole pendeva sulla collina, come lo scoppio di uno shrapnell ghiacciato, in aria. Disponemmo il servizio di sicurezza, le sentinelle, le pattuglie, e ci buttammo subito a dormire senza mangiare, tanto eravamo rotti dalla fatica e dal sonno. Non riuscivo a chiudere occhio, pensavo che era ormai la fine di quella lunga giornata che durava da quattro anni, e una grande tristezza mi stringeva il cuore. Addio, addio, dicevo tra me: ed era l’ultimo addio a tante cose dolorose e care, a tutti i compagni rimasti indietro distesi nel fango, a tante speranze, a tante sofferenze, a tutte le cose dolci e terribili di quella interminabile giornata.”
[da Fine di una lunga giornata, di Curzio Malaparte, pag. 247, Mondadori 2004]



mercoledì 7 dicembre 2011

1914-1918: l’immagine e la parola-quarta parte

1917


1-Pubblicità dello spumante Feist-Feldgrau con i sommergibili tedeschi in alto mare. Jugend, N°17
La pubblicità ormai utilizza la guerra come veicolo per propagandare i propri prodotti: i sommergibili tedeschi, in agguato nell’Oceano Atlantico, si accompagnano dallo champagne militare. Un segno di incoraggiamento per l'industria tedesca e una popolazione che vive in condizioni alimentari quasi di sopravvivenza. La guerra sottomarina indiscriminata contro il naviglio neutrale per costringere alla resa la Gran Bretagna si rivela non solo inutile, ma anche un grave errore politico.
“Leonora, quasi indifferente di fronte al miracolo e freddissima, almeno alla superficie, dichiarava:-va bene, non mi oppongo, per Capodanno si renda pure pubblica la notizia del fidanzamento.- Sperava con profonda tensione che Bertin potesse venire in licenza. Quando la madre le portò la notizia avuta negli uffici competenti che quella non era allora una ragione sufficiente per ottenere un permesso ai soldati che combattevano nei lontani Balcani, chiuse per un momento le labbra strette strette. E va bene, si sarebbe fidanzata senza la sua presenza.”
[da Giovane donna del 1914, di Arnold Zweig, 1931, pag. 247, Ed. Mondadori, Milano 1933]
2-Nicola II Romanov prigioniero a Tsarkoye Sélo. The great war-1917.
Il quarto anno di guerra si è aperto con una novità senza precedenti: lo Zar Nicola II ha abdicato e la rivoluzione ha proclamato la repubblica. In questa fotografia l’ex zar è già un prigioniero mentre gli eventi incalzano e per la Russia si apre una fase rivoluzionaria di cui nessuno può prevedere gli esiti. Così un autorevole giornalista francese descrive gli ultimi momenti dell’autocrazia dei Romanov.
“Un mattino l’imperatore parve uscire da una sorta di letargo nel quale era stato cacciato dalle parole addormentatici dei suo falsi amici. Espresse il desiderio di tornare a Tsarskoye-Sélo per incontrare Rodzianko, il nuovo astro nascente. L’imperatrice aveva in effetti cambiato il suo linguaggio nella corrispondenza che i due sposi si scambiavano. L’11 marzo telegrafava a suo marito: “La situazione peggiora”. Il 12 scrive: “Ieri, tumulti scandalosi. Gran parte delle truppe sono passate dall’altra parte”, e aggiunge in un secondo messaggio datato lo stesso giorno: “qualche concessione è inevitabile.”
[da Le dernier Romanoff, di Charles Rivet, corrispondente del giornale Temps in Russia, pag. 240 ,Perrin et Co., 1917]
3-Pubblicità delle compresse Jubol contro le malattie intestinali. Le Pays de France N° 139 del 14 giugno 1917.
Il nuovo attacco francese sullo Chamin des Dames si risolve in un ennesimo fallimento e l'offensiva Nivelle provoca il grande ammutinamento sul fronte e scoraggiamento dell'intero paese. Mentre gli operai francesi, e in particolare le donne, scendono in piazza per chiedere condizioni di lavoro meno pesanti, i soldati si ammutinano: chiedono un rancio migliore, licenze più lunghe e soprattutto la fine di inutili offensive. E' una guerra di cui non si comprendono più gli scopi. Nonostante questo, l'immagine del conflitto resta ancorata a quella di uno scontro di civiltà: il nemico è un microbo che va espulso dall'intestino, come il soldato tedesco dalle trincee.
“Quando la paura diventa cronica, fa dell’individuo una sorta di monomane. I soldati chiamano questo stato scoramento. In realtà si tratta di una nevrastenia conseguente al sovraccarico nervoso. Molti uomini, senza saperlo, sono dei malati e il loro stato febbrile li spinge verso il rifiuto dell’obbedienza, all’abbandono delle posizioni, ma anche ad azioni temerarie e funeste. Alcuni atti di coraggio non hanno che questa origine.”
[da La paura di Gabriel Chevallier, 1930, pag. 221, Ed. Librairie Stock, 1930]
4-Paesaggio di guerra nelle Fiandre. Le Miroir, N° 164

Un paesaggio desolato di cui ancor oggi si trovano le tracce. E’ questo lo spettacolo che ogni giorno si presenta agli occhi dei soldati degli eserciti contrapposti sul Fronte Occidentale. Ernest Junger ha descritto un attacco di artiglieria, subito insieme ai suoi compagni. E’ l’artiglieria che rende il paesaggio simile ad un deserto ondulato in cui emergono pochi tronchi d’albero anneriti dal fuoco.
“Alle sei del mattino, la pesante nebbia fiamminga si schiarisce svelando lo spettacolo sinistro che ci circonda. Subito dopo, scrutando il terreno sconvolto, lanciando segnali di sirena, appare uno sciame di aerei nemici. Nel frattempo i fanti smarriti cercano rifugio nei crateri. Mezz’ora più tardi comincia il martellamento che ruggisce attorno alla nostra isola di naufraghi come un mare sconvolto da un tifone. Le esplosioni, simili ad una foresta, prendono l’aspetto di una parete tempestosa. Stretti l’uno contro l’altro, accovacciati attendiamo ad ogni istante il colpo che ci distruggerà, ci spazzerà via insieme alle nostre difese di cemento, e ridurrà il nostro rifugio simile al deserto crivellato di crateri.”
[da Nelle tempeste d’acciaio, di Ernest Jünger, pagg.212-213, Ed. Guanda, Parma 1995]
5- Illustrazione dal titolo "Noi e il mondo". Jugend N° 18, del 25 aprile 1917.
Sulla stessa rivista che sfrutta in modo ottimistico i sommergibili, è pubblicata questa immagine assai significativa dello stato d'animo tedesco nel corso della guerra e che si accentua con il passare del tempo: isolamento e accerchiamento, queste sono le parole per descriverlo. La scesa in campo degli USA come associati alle nazioni dell'Intesa, anche se sottovalutata, è avvertita come un'ulteriore minaccia per un popolo che vive il suo rapporto con gli altri come un continuo assedio.
“Per quanto cercassi lontano nella memoria non avevo proprio fatto nulla, io, ai tedeschi. Ero stato sempre gentile e ben educato con loro. Li conoscevo un po’ i tedeschi, ero persino stato a scuola con loro, quando ero piccolo, nei dintorni di Hannover. Avevo parlato la loro lingua. Erano una massa di piccoli cretini chiacchieroni con gli occhi pallidi e furtivi come quelli dei lupi; s’andava insieme , dopo la scuola, a pacioccare le ragazzine nei boschi dei dintorni, dove si tirava anche alla balestra e alla pistola che s’era comparata per quattro marchi. Si beveva birra zuccherata. Ma da questo a tirarci ora nello stomaco, senza nemmeno venire a parlare prima, e nel bel mezzo della strada, c’era un certo margine, anzi un abisso, troppa differenza.[…]I miei sentimenti non s’erano punto cambiati nei loro riguardi. Ci avevo voglia, malgrado tutto, di tentare di comprendere la loro brutalità, ma più ancora avevo voglia di tagliar la corda, una voglia enorme, assoluta, realmente la cosa m’opprimeva all’improvviso come effetto d’un formidabile orrore.”
[da Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline, 1932, pagg.8-9, Dall'Oglio, 1966]
6-Servizio fotografico su nuova e ultima offensiva italiana sull'Isonzo. Le Pays de France, 7 giugno 1917.
Mentre falliscono le offensive e si moltiplicano i contatti non ufficiali per giungere ad una qualche soluzione del conflitto, una speranza per l'Intesa potrebbe giungere dal fronte italiano. Cadorna scatena la sua ultima offensiva che provoca un immenso bagno di sangue. I soldati italiani si erano convinti, questa volta, di vincere la guerra e poter tornare a casa. La Battaglia della Bainisizza si conclude con un nulla di fatto e tanti morti. A Caporetto i soldati prenderanno la via di casa: quasi una rivolta generale contro la guerra, pagata con fucilazioni e anni di prigione. Per il momento queste immagini seguono lo schema fisso per tutte le offensive: mostrare i prigionieri nemici.
“Il 20 agosto gli Italiani hanno ripreso l’offensiva sull’Isonzo, da Plava sino al mare. Per riuscire a superare il fiume, con un lavoro gigantesco, avevano deviato una parte delle acque. La battaglia è iniziata su tutto il fronte di 60 chilometri, tutte le armi lavoravano in collegamento. Più di 200 aeroplani operavano sopra le linee nemiche: a sud una squadra navale bombardava la costa dell’Adriatico. La prima linea austriaca è stata conquistata nelle prime ore: i nostri alleati avanzano sul Carso sino in prossimità di Hermada che comanda la strada di Trieste. Gli italiani hanno fatto più di 13.500 prigionieri e hanno preso circa 30 cannoni. Il Generale Cadorna ha dichiarato che la situazione promette grandi speranze.”
[da Le Pays de France, La semaine militare, du 16 au 23 aout, N° 150, giovedì 30 ag0sto 1917]
7-I soldati americani vanno all’assalto al grido di "Lusitania!" The great war-1917.

L'arrivo degli americani è salutato su giornali e riviste come la grande speranza. Qui si mettono in risalto le capacità combattive dei nuovi alleati che vogliono vendicare le vittime del transatlantico Lusitania affondato da un sommergibile tedesco nel 1915. I generali dell'Intesa però sono scettici sull'effettiva capacità di combattere dei nuovi amici e in molti non si fidano del Presidente Wilson che con i suoi 14 punti sostiene principi non graditi a francesi, inglesi e italiani. Lo scrittore John Dos Passos racconta i motivi che lo avevano portato ad arruolarsi come volontario ancor prima dell’entrata in guerra degli USA.
“A dire il vero i miei motivi erano complessi. Condividevo questa complessità di motivazioni con la maggior parte degli studenti della mia generazione. Eravamo pieni di indignazione virtuosa, ma nello stesso tempo eravamo pieni di curiosità verso il mondo in guerra. Avevamo passato la nostra adolescenza in mezzo agli ultimi bagliori pacifici del Diciannovesimo secolo. A cosa somigliava la guerra? Volevamo vederla con i nostri occhi. Ci arruolammo nel branco dei volontari, rispettavo gli obiettori di coscienza, a tratti mi veniva l'idea di seguire la loro strada, ma volevo assistere allo spettacolo.”
[da L’initiation d’un homme : 1917, di John Dos Passos, pag. 27,Gallimard, 2000]
8-Soldati canadesi durante la Terza battaglia di Ypres. Le Miroir-1917
Ancor oggi, ogni giorno, alle 20, sotto la Porta di Menin ad Ypres, viene suonato il silenzio di ordinanza e la folla si raccoglie per ricordare tutti i soldati caduti nelle tre battaglie combattute sul saliente di Ypres. Nella terza, e in particolare nei combattimenti sulla strada di Menin, la devastazione del terreno e violente piogge estive fanno sprofondare i soldati in un universo di fango.
“La battaglia sul fronte dell’Yser è proseguita con una serie di contrattacchi tedeschi finalizzati, senza dubbio, a disorientare i nostri alleati durante la preparazione della nuova offensiva[…]Il 27 sono state attaccate le posizioni di Zonnebeke. Nella mattinata del 30 altri tre attacchi: uno a sud di Reuteldeck, gli altri due da entrambi i lati della strada di Menin. Il 1° ottobre c’è stata un’offensiva ancora più violenta su un fronte di 1.600 metri, a nord della strada di Ypres a Comines e a est del Poligono. Gli assalti sono stati effettuati con tre ondate successive e per due volte, con forze considerevoli, durante le tre ore seguenti. Nella sera e durante la notte altri due attacchi hanno avuto luogo sullo stesso terreno e un sesto a sud della linea ferroviaria che collega Ypres a Roulers. A dispetto di questo accanimento, i tedeschi non hanno ottenuto nessun risultato rilevante.”
[da L’Illustration del 6 ottobre 1917, N° 3892, La Guerre 165° semaine (27 septembre-3 octobre 1917)]
9-Affondamento di un barcone austriaco sul Piave. La Domenica del Corriere, numero non identificato.
La disfatta di Caporetto viene arrestata sul Piave, Beltrame mostra i soldati italiani sempre all'offensiva e gli austriaci impotenti ad attraversare il fiume che diventerà "sacro". Nonostante immagini come queste, l'Italia sta correndo un pericolo mortale. Le implicazioni politico-culturali di Caporetto e della resistenza sul Piave, conteranno non poco dopo la fine delle ostilità.
“Napoleone avrebbe battuto gli Austriaci in pianura; non avrebbe dato battaglia sui monti. Li avrebbe lasciati avanzare e li avrebbe battuti verso Verona. Sul fronte francese nessuno dei due avversari aveva potuto battere l’altro. Forse le guerre non si vincono mai. Forse era un’altra guerra dei Cento Anni.”
[da Addio alle armi, di Ernest Hemingway, 1929, pag. 170,Mondadori, 1969]
10-Signora Margherita Del Nero al soldato Giuseppe Mizzoni, il 23 dicembre 1917. Cartolina.
Questa cartolina, nonostante la bandiera tricolore e i nastrini, ha poco di eroico. Una giovane donna prega affinché la guerra finisca e il suo uomo torni dal fronte. C’è la paura nel volto della donna. In tanti pensano, nel Natale del 1917, che la guerra possa durare almeno per tutto il 1919.
“…Se io, sopra questa misera carta potessi rappresentare lo spavento con la pena; accoppiati, che sento nel fondo dell’animo mio, sarebbero cose da non potersi descrivere…”
[da una lettera di Margherita del Nero, 10 ottobre 1917. La signora Margherita del Nero, nonna di Stefano Viaggio, morì l'11 ottobre 1918 nel corso dell'epidemia di febbre spagnola.]