mercoledì 7 settembre 2011

La Prima Guerra Mondiale e il falso fotografico Prima Parte

Il caso Desgreés du Loü
“Una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita; questa, solo apparentemente è fortuita, o, più precisamente, tutto ciò che in essa vi è di fortuito è l’incidente iniziale, assolutamente insignificante, che fa scattare il lavoro dell’immaginazione; ma questa messa in moto ha luogo soltanto perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento. Ad esempio, un avvenimento, una cattiva percezione che non andasse verso cui già tendono le menti di tutti, potrebbe al massimo costituire l’origine di un errore individuale. Ma non di una falsa notizia popolare e largamente diffusa. Se posso servirmi di un termine a cui i sociologi hanno spesso dato, a mio parere, un valore troppo metafisico, ma che è comodo e, dopo tutto, ricco di senso, la falsa notizia è lo specchio in cui –la coscienza collettiva- contempla i propri lineamenti.”
Da “Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra” di Marc Bloch, Unversale Donzelli, 2005, pagg. 110-111.
Il brano con cui apriamo questo post dedicato al falso fotografico nel corso della Grande Guerra è tratto da “Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra”, un saggio molto importante del grande storico francese Marc Bloch sulla nascita e la diffusione di falsità e dicerie nel corso del conflitto. Un fatto che lui stesso, in quanto soldato al fronte, poté constatare in prima persona. Marc Bloch non parla delle fotografie pubblicate sulle riviste e la sua analisi si concentra sulla diffusione di informazioni non veritiere e vere e proprie leggende nate nelle immediate retrovie del fronte. L’arrivo, ad esempio, sia a Marsiglia che a Londra di importanti contingenti russi nel 1914, a sostegno degli eserciti anglofrancesi nel corso della ritirata di fine agosto che precedette la Prima Battaglia della Marna.
Notizie false e dicerie circolarono in tutte le nazioni in lotta e vennero utilizzate per tenere continuamente sotto pressione le popolazioni che vivevano lontane dai fronti.
Che ruolo ebbe l’immagine in tutto questo? La fotografia sino alla Grande Guerra era stata ritenuta la prova reale e visibile che un avvenimento era accaduto. Un gesto eroico dipinto poteva essere frutto della capacità del pittore di raccontare a posteriori un particolare avvenimento denso di significati patriottici. La fotografia doveva invece costituire la prova che un gesto, un atto di coraggio o di sacrificio era realmente accaduto.
Non fu così e nel corso del primo conflitto mondiale vennero pubblicate migliaia di fotografie che non raccontavano la verità.
Il massiccio impiego della fotografia e del cinematografo a fini propagandistici durante la Prima Guerra Mondiale, fu conseguenza dello sviluppo dell'editoria e dell'espansione del mercato per magazine illustrati che sempre più pubblicavano fotografie.
Alla vigilia del conflitto si affermarono riviste quasi esclusivamente fotografiche, ma nonostante questa novità l'illustrazione di derivazione pittorica venne ritenuta ancora la forma più elegante per raccontare un avvenimento e, visti i limiti tecnologici che ancora gravavano sulle fotocamere dell’epoca, ad essa fu assegnato il compito di testimoniare il combattimento.
Gli studiosi francesi Yves Le Maner e Alain Jaques, curatori della mostra “Combattants de la Grande Guerre-Photographies de l’Enfer et du Chaos”, tenuta nel centro internazionale di studi La Cupole e dedicata all’immagine della Grande Guerra nella regione francese del Nord-Pas de Calais, nel capitolo introduttivo cercano di chiarire sino a che punto corrisponda a veridicità l’ingente mole di fotografie (e riprese cinematografiche) che mostrano combattimenti, assalti e gesti eroici.
“…durante le offensive, se alcune fotografie registrano l’uscita dei combattenti dalle trincee, nessuna è stata realizzata durante l’attraversamento della terra di nessuno o al momento dell’assalto delle linee nemiche…Le immagini di assalto riprodotte nei magazine illustrati sono nella stragrande maggioranza ricostruzioni realizzate nelle retrovie.”
Dal catalogo della mostra Combattans de la Grande Guerre-Photographies de l’Enfer et du Chaos, curato da Yves Le Maner e Alain Jaques, pag 20, Ed. Ouest France 2009

Copertina del catalogo della mostra in cui è riprodotta una delle fotografie pubblicate nelle pagine 155-156-157







I due studiosi indicano come eccezionalmente veritiere una serie di 5 fotografie che mostrano l’uscita dalle trincee dei soldati britannici il 24 marzo 1917 nel corso dell’offensiva davanti ad Arras. Si trattò di un’azione tesa a comprendere la reazione tedesca ad un attacco più massiccio e a raccogliere informazioni.
Una fotografia pubblicata su L’Illustration N° 3794 di sabato 20 novembre 1915 , è divenuta una delle icone con cui non solo si ricordò la Grande Guerra e la guerra di trincea, ma fu presa a modello per la costruzione di numerosi monumenti ai caduti.
L’immagine mostra il gesto eroico compiuto pochi secondi prima della morte dal Colonnello Desgrées du Loü (1860-1915) che il 25 settembre 1915, nel corso dell’assalto nel settore di Mesnil-les-Hurlus, in Champagne, afferrò la bandiera del 65° reggimento di fanteria che il portabandiera Lebert, ferito a morte, stava per lasciar cadere e si lanciò contro il fuoco nemico. Desgrées du Loü venne subito ucciso insieme agli uomini che gli erano accanto. A distanza di quasi un mese L’Illustration pubblicò in copertina una fotografia di intensa carica emotiva che esaltava il gesto eroico compiuto da Desgrées du Loü e dai soldati del 65° fanteria che non avevano voluto lasciare la loro bandiera nelle mani del nemico.
L’Illustration N° 3794 di sabato 20 novembre 1915

Questa immagine è ritenuta frutto di una ricostruzione e ha dato luogo a recenti polemiche dopo la comparsa sul numero 23 della rivista “14-18 le magazine de la Grande Guerre” di un articolo firmato da Michael Bourlet, un ufficiale del Servizio Storico dell’Armé de Terre.
Bourlet, raccontando la storia di Desgrées du Loü, del 65° fanteria e sottolineando l’importanza simbolica della bandiera, afferma chiaramente che la fotografia è falsa.
I discendenti di Desgrées du Loü hanno contestato l’articolo fornendo prove sull’autenticità della fotografia, tutto questo si è svolto su internet.
( chi vuole approfondire consulti il sito forum 14-18 digitando Desgrées du Loü )
La fotografia venne diffusa anche sulle riviste illustrate delle nazioni dell’Intesa e presentata come veritiera. L’abbiamo trovata sul sesto volume di “The great war. The standard History of the All-Europe conflict”, una pubblicazione britannica edita nel corso della Grande Guerra da H.W. Wilson e J. A. Hammerton e, all’epoca, di livello pari alla più famosa L’Illustration.

The Great War The standard History of the All-Europe conflict, Vol. 6°, 1916



La fotografia è vera o falsa? E’ difficile pensare che durante un assalto così sanguinoso e in cui le mitragliatrici tedesche facevano strage (tra morti, feriti e dispersi i francesi ebbero 700 perdite) un altro soldato abbia potuto fotografare utilizzando le macchinose fotocamere dell’epoca. Un altro elemento non convince: il soldato in primo piano non solo ha la baionetta innestata, ma tiene il fucile in posizione di attacco. Sul margine di sinistra un altro soldato porta il fucile in spalla ed anche lui è esposto al fuoco avversario. E’ un po’ strano. Inoltre il protagonista dell’immagine volge il capo all’opposto dell’obbiettivo e Desgrées du Loü non si vede in volto. Tutto può accadere in momenti simili, ma è un dubbio in più che si aggiunge.

The Great War The standard History of the All-Europe conflict, Vol. 6°, 1916, pag. 95






La didascalia pubblicata su “The great war. The standard History of the All-Europe conflict” chiarisce le motivazioni che spinsero L’Illustration a compiere questa operazione mediatica.
“Uno scultore che desiderasse realizzare un monumento di guerra francese difficilmente troverebbe una composizione più efficace del compatto gruppo colto dalla macchina fotografica in questa notevole fotografia. I soldati stavano balzando fuori dalla trincea per un attacco. L’ ufficiale comandante teneva alta la bandiera con i colori del reggimento: il colonnello Desgrées du Loü cadde mortalmente ferito dopo aver condotto i suoi uomini all’assalto. I soldati della -garde du drapeau- furono tutti uccisi o feriti, sebbene il vessillo venisse salvato.”
Questa fotografia è la base per costruire un’immagine che si espliciterà nella pietra e nel bronzo dei monumenti ai caduti: l’impeto dei soldati e soprattutto il gesto di salvare la bandiera del reggimento sono atti che risiedono nell’inconscio collettivo e che rendono credibile un’immagine sulla quale possono essere espressi molti dubbi. Il momento in cui fu pubblicata poi non deve essere sottovalutato: le offensive del 1915 stavano costando alla Francia migliaia e migliaia di caduti. Non servivano a sbloccare la situazione, ma venivano scatenate ugualmente in una logica offensiva votata la fallimento. Se la fotografia è falsa essa racchiude però due elementi fondamentali: il coraggio dei soldati e il gesto che salva l’onore. Due idee che potevano essere accettate e far divenire questa fotografia un punto di riferimento per l’intera collettività.



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