Osssario di Fleury sur Douaumont. Fototgrafia di Stefano Viaggio, 2014 |
In questo blog spesso abbiamo pubblicato post che
mettono in relazione l'immagine fotografica della Prima Guerra Mondiale con la
letteratura sulla guerra e attorno alla guerra. In occasione del centenario
dell'inizio della Battaglia di Verdun, presentiamo la descrizione di questo
avvenimento che occupa quasi un anno intero, da parte di uno dei più importanti
scrittori francesi: Marcel Proust.
Verdun e Marcel Proust, fotocomposizione di Stefano Viaggio |
La descrizione della Battaglia di Verdun possiamo
trovarla nell’ultimo volume di Alla
ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, Il tempo ritrovato.
L’autore trasferisce gli avvenimenti di Verdun nella
sua immaginaria Combray e racconta la battaglia attraverso una lettera scritta
da Gilberte, la figlia di Swann e di Odette, al protagonista della "recherche".
Proust rievoca un intero mondo, perduto dal punto di
vista esistenziale attraverso lo scorrere del tempo, ma che torna alla memoria grazie
a sensazioni emerse improvvisamente dalla coscienza più profonda dell'individuo.
Sono proprio queste sensazioni a punteggiare la descrizione della battaglia da
parte di Gilberte, ma il tempo possiede anche una dimensione storica. Attraverso
la lettera, Proust riesce a descrivere un evento che diviene una delle tappe della storia di
Francia e della Prima Guerra Mondiale: la difesa ad oltranza del territorio
nazionale e dei valori della repubblica, il rifiuto della guerra in cui la
condizione umana e la natura subiscono una violenza talmente estrema da
annullare il senso di ciò che sta avvenendo sul campo di battaglia. E' durante
e dopo la Battaglia di Verdun che nasce l'idea che una cosa del genere non avrebbe
più potuto accadere: è l'inizio del moderno pacifismo.
In Il tempo
ritrovato, Gilberte, invece di rimanere al sicuro a Parigi, è quasi corsa
incontro ai tedeschi per sorvegliare e difendere le sue proprietà e le preziose
collezioni d’arte. Gilberte con il ricordo evoca il passato, ma tutto é
contrapposto alla realtà della distruzione.
“Voi non avete
idea di cos’è questa guerra, mio caro amico, e dell’importanza che vi assume
una strada, un ponte, un’altura. Quante volte ho pensato a voi, alle
passeggiate fatte con voi, e grazie a voi rese deliziose, in lungo e in largo
per questa contrada ormai devastata, dove oggi si stanno sferrando immensi
combattimenti per il possesso di tale strada, di tale poggio che voi amavate, e dove siamo stati così
spesso insieme. Probabilmente neppure voi, al par di me, avreste mai immaginato
che l’oscura Roussainville e l’opprimente Méséglise, donde ci portavano le
nostre lettere, e dove andarono a cercare il dottore quando vi ammalaste,
sarebbero diventati luoghi famosi. Ebbene, amico mio caro, essi sono per sempre
entrati nella storia con il medesimo titolo d’Austerlitz o di Valmy. La
battaglia di Méséglise è durata più di otto mesi, e i tedeschi vi hanno perduto più di centomila uomini,
Méséglise l’hanno distrutta ma non sono riusciti a prenderla. Il viottolo che
amavate tanto, quello che noi chiamavamo il sentiero dei biancospini e dove, a
sentir voi, vi sareste innamorato di me quand’eravate piccolo, mentre con tutta
sincerità vi assicuro che ero io ad essere innamorata di voi, non riesco a
dirvi l’importanza che ha assunto. L’immenso campo di grano cui fa capo è la
famosa quota 307 che chissà quante volte avrete sentito nominare sui
bollettini. I francesi vi hanno fatto saltare il ponticello sulla Vivonne che,
dicevate, non vi ricordava quanto avreste voluto della vostra infanzia, i
tedeschi ve ne hanno gettati altri, per una anno e mezzo hanno tenuto in pugno
una metà di Combray e i francesi l’altra metà.”
[da Il tempo ritrovato di M.
Proust, Ed. Mondadori 1973, pagg. 63-64, traduz. di G. Caproni. Un’interpretazione
della trasposizione da parte di Proust della battaglia di Verdun in quella
immaginaria di Combray è contenuta nella nota di pag. 1214 del IV volume di A
la recherche du temps perdu, edito da Gallimard, 1989, e pubblicato nella
collana Pléiade. L’edizione critica di Le temps retrouvé è curata, per quel che
riguarda le note, da E. Nicole e B.
Rogers.]
In poche righe Marcel Proust descrive
una battaglia su cui sono stati scritti centinaia di libri: memorie,
rievocazioni, studi di strategia militare, giudizi politici, riflessioni. Tutta
la Prima Guerra Mondiale potrebbe essere concentrata su Verdun e su quello
scontro decisivo. Se i tedeschi fossero passati a Verdun la storia avrebbe
avuto un altro corso? E' difficile dirlo, ma é certo che sulle rive della Meuse
si combatté un duello mortale in cui, al di là delle strategie militari messe
in campo dai comandanti degli opposti schieramenti e degli errori compiuti, i
protagonisti che oggi vengono ricordati sono i soldati francesi e quelli
tedeschi. L'uomo di Verdun fu gettato in una fornace mai vista nella storia e
che fu dominata dall'artiglieria pesante: era a quell'epoca l'aspetto più
moderno della guerra industriale. Le cinque fotografie che presentiamo sono
tratte dalla rivista francese Le Pays de France e vennero pubblicate mentre la
Battaglia di Verdun era in corso, esse danno solo una vaga idea di ciò che i
soldati dovettero sopportare. Forse il miglior modo per capire é andare a
Verdun e visitare i campi di battaglia, osservare i boschi rinati da quella
terra avvelenata, guardare i crateri che ancora sono parte di uno strano e
innaturale paesaggio, sostare dinnanzi ai muri dei forti che conservano le
tracce dei bombardamenti a cui furono sottoposti, ascoltare il suono della
campana della torre lanterna dell'Ossario di Fleury sur Douaumont.
Le Pays de France 1916, soldati francesi rintanati sulla quota 304 |
Le Pays de France 1916, un soldato ucciso |
Le Pays de France 1916, cadaveri nei pressi di Verdun |
Le Pays de France 1916, trincea occupata dai francesi dopo un bombardamento |
Le Pays de France 1916, prigionieri tedeschi |
Per concludere una testimonianza di chi
a Verdun c'era e partecipò ai combattimenti in veste di cappellano militare:
Charles Thellier de Poncheville. Il brano che segue é tratto da Dix mois a Verdun (l'opera più
conosciuta di Thellier de Poncheville) e racconta un combattimento notturno.
"Assisto, dal mio rifugio, ad un
episodio della battaglia. Un attacco inizia verso la fattoria di Thiaumont, che
é molto vicina. Possiamo seguire le fasi del combattimento anche solo attraverso
le luci e i suoni. Sotto la fiamma incessante delle granate e delle
mitragliatrici, l'orizzonte si tinge di rosso. Bombe tedesche e francesi cadono
precipitosamente le une sulle altre, come impazienti di sorprendere il mistero
di questa lotta notturna. E' un'apoteosi di fontane luminose. Nell'accendersi
di questi bagliori trepidanti, risplende in modo sinistro l'eroe della festa, la
posta ridicola di questa mischia furiosa: un muro fantasma che erge come uno
scheletro la sua sagoma sbrecciata. Degli uomini si uccidono per disputarsi
queste pietre miserabili. Tutto intorno, colpi d'arma da fuoco si rispondono,
grida, richiami, qualche lamento. Presto accorre l'artiglieria con i suoi tuoni
più potenti. Quaranta minuti di frastuono, di spavento, di corpo a corpo al coltello,
nella trincea che si vuole prendere e che si difende. Poi, bruscamente, la
crisi di furore cessa. Sulla terra fumante, sui moribondi, sui cadaveri, sui
superstiti stremati, è ridisceso il profondo silenzio della notte."
(traduzione dell'autore)
[da Dix mois a Verdun di Charles
Thellier de Poncheville, pag. 121-122, J. De Girord Editore, Parigi, 1919.]
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