venerdì 2 novembre 2012

Il dopoguerra, l’inquietudine nelle fotografie di Le Miroir e in alcune pagine della letteratura.

Prima parte.
Vincitori e vinti
Il numero 259 di Le Miroir è datato 10 novembre 1918: il giorno dopo la guerra finisce, alle 11 del mattino. Sino a quell’ora ci saranno altre vittime in inutili tentativi di assicurarsi posizioni di vantaggio. Soldati e ufficiali dall’una e dall’altra parte cadono anche qualche minuto prima della cessazione delle ostilità.
Sul questo numero della rivista appaiono due fotografie, che meglio di altre riassumono l’idea della sconfitta tedesca e della vittoria dei soldati dell’Intesa.
La copertina mostra l’immagine cruda di guerra vera con un povero essere accartocciato: è un mitragliere tedesco accanto al suo strumento di morte ormai inservibile.
La Germania ha perso lo scontro per l’egemonia mondiale: nonostante l’ultima offensiva, i suoi uomini giacciono come povere cose in fondo alle trincee e nei ricoveri.

Le Miroir N° 259, 10 novembre 1918



Le Miroir N° 259, 10 novembre 1918



Nel paginone centrale una grande fotografia con l’esultanza dei soldati del Regno Unito a Saint Quentin liberata. E’ gente che esulta, sa che la guerra sta per finire e attende con ansia il segnale del cessate il fuoco. Hanno vinto, vogliono tornare a casa e sono stanchi di sangue, ma per il momento il nemico è ancora dinnanzi a loro e il compito è quello di proseguire la marcia per la vittoria finale. Stanno incalzando un avversario che si è battuto come un leone, si ritira nel massimo ordine e distrugge tutto quello che lascia alle spalle.
In qualche modo i vinti e i vincitori hanno cambiato il mondo: di quello che avevano conosciuto prima del 1914 non resterà nulla, se non il rimpianto per un’epoca che come tutti i finis entra nella leggenda.
Lo scrittore americano Francis Scott Fitzgerald in Tenera è la notte (prima stesura 1925), rivisiterà quel mondo scomparso con poche e significative righe scritte raccontando la visita dei personaggi del suo romanzo nei luoghi dove oggi sorgono i più importanti siti della memoria, consacrati ai combattenti inglesi e dei Dominions che vi lasciarono la vita: Beaumont Hamel e Thiepval.
“Dick svoltò l’angolo della traversa e continuò a percorrere la trincea. Giunse al periscopio, vi applicò l’occhio un momento, poi salì sul gradino e si sporse dal parapetto. Davanti a lui, sotto un cielo cupo, era Beaumont Hamel; alla sinistra la tragica collina di Thiepval. Dick la fissò attraverso il binocolo, con la gola chiusa di tristezza[…]
-Questa terra costò settanta vite umane al metro quell’estate. - disse a Rosemary[…]
-E’ morta tanta gente, da allora, e presto saremo morti tutti.- disse Abe con fare consolante.
Rosemary aspettò intensamente che Dick continuasse.
-Guarda quel ruscelletto: potremmo raggiungerlo in due minuti. C’è voluto un mese per gli inglesi per raggiungerlo: un intero impero che camminava molto lentamente, moriva sul fronte, e avanzava passo passo. E un altro impero indietreggiava, molto lentamente, qualche centimetro al giorno, lasciando i morti come un milione di tappeti insanguinati. Nessun europeo di questa generazione lo farebbe di nuovo. -
-Come, hanno appena smesso in Turchia. - disse Abe.
-E in Marocco…-
-E’ diverso. Quest’affare del fronte occidentale, non si potrebbe fare da capo, almeno per un pezzo. I giovani credono che potrebbero farlo, ma non è vero. Potrebbero combattere da capo la prima battaglia della Marna, ma non questa. Questa implicava religione e anni di abbondanza e tremende certezze e rapporti esatti che esistevano tra le classi. I russi e gli italiani non fecero niente di buono su questo fronte. Bisognava avere un equipaggiamento sentimentale tutto anima, capace di andare indietro più di quanto si potesse ricordare. Bisognava ricordare il Natale, e le cartoline del Kronprinz con la sua fidanzata e i caffeucci di Valencia e le birrerie dell’Unter den Linden e i matrimoni al Municipio e il Derby, e le basette del nonno.-
-Il generale Grant inventò questo tipo di battaglia a Petersburg nel '65.-
-No, non è vero: ha soltanto inventato il macello in massa. Questa specie di battaglia è stata inventata da Lewis Carrol e Jules Verne, da quello che ha scritto Undine e dai diaconi di campagna che giocano alle bocce, dalle madrine di Marsiglia e dalle ragazze sedotte nei vicoli del Wuttemberg e della Westfalia. E’ stata una guerra d’amore: un secolo d’amore borghese. E’ stata l’ultima guerra d’amore.-
-Dovresti offrire questa battaglia a David H. Lawrence . - disse Abe.
-Tutto il mio mondo sicuro è scoppiato qui in un gran turbine d’amore ad alto esplosivo. - insisté Dick.
[da Tenera è la notte di F. Scott Fitzgerald, pagg. 118-119, Ed. Oscar Mondadori, 1969]
Gli storici, i sociologi, gli studiosi di psicologia di massa hanno sottolineato come nella coscienza degli uomini che parteciparono al conflitto si fosse sedimentato un profondo turbamento che non si cancellò mai.
I soldati che si sono battuti su tutti i fronti hanno vissuto un’esperienza, in qualche modo indimenticabile. Sono stati attori e vittime di una tragedia epocale e che lascia un segno indelebile.
Lo storico Eric J.Leed nel suo Terra di nessuno, un testo fondamentale per la comprensione dei risvolti psicologici di chi partecipò e sopravvisse alla Grande Guerra, ha scritto:
“La casualità della morte al fronte, il carattere impersonale della violenza, erano accompagnate dal riconoscimento che ci fossero uomini dietro queste macchine, uomini che avevano scatenato e continuavano questa guerra, uomini che perseguivano la morte dei soldati immobilizzati nelle trincee. Questa combinazione di casualità, impersonalità, e volontà umana dietro la violenza tecnologizzata della guerra, rappresentava il fattore demolitore delle difese psichiche dei combattenti. Robert Graves sostenne che chiunque avesse trascorso più di tre mesi sotto il fuoco di prima linea poteva essere legittimamente considerato un nevrastenico.”
[da Terra di nessuno di E. J. Leed, pag. 238, Ed. Il Mulino, 1985]
Robert Graves, l’autore di "Io Claudio", parla a ragion veduta: ha sperimentato sulla propria pelle cosa vuol dire essere sottoposti al fuoco di sbarramento durante o prima di un’offensiva.
La condizione del soldato al fronte e la sua tensione psicologica sono descritte in modo efficace nei versi di un altro poeta inglese della Grande Guerra, Siegfried Sassoon.
"I soldati sono cittadini del paese grigio della morte,
Non traggono dividendi di domani dal tempo.
Nella grande ora del destino essi stanno,
Ciascuno con le sue avversioni, e gelosie, e dolori.
Con la loro vita in un culmine fatale e fiammeggiante.
I soldati sono sognatori; quando i cannoni prendono a tuonare
Pensano a focolari accesi, candidi letti, e spose.
Li vedo nei ricoveri immondi, rosi dai topi,
Nelle trincee sconvolte, frustati dalla pioggia,
Sognare ciò che un tempo facevano con racchette e palle.
Beffati dal vano desiderio di riavere
Giorni di vacanza, e spettacoli, e uose,
E di andare all’ufficio in ferrovia.
[da Sognatori di S. Sassoon]
Questo accumulo di tensione che i soldati si portano dietro ritornando alle loro case si scarica nelle vicende politiche e sociali dei mesi, degli anni successivi alla Grande Guerra. La pace, insieme alle manifestazioni di esultanza, di gioia e di lutto, produce inquietudine. E’ attorno a questa parola che occorre ragionare osservando alcune fotografie pubblicate da Le Miroir nel periodo precedente la sua trasformazione in un giornale sportivo illustrato.

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