domenica 11 novembre 2012

Il dopoguerra, l’inquietudine nelle fotografie di Le Miroir e in alcune pagine della letteratura Seconda parte


Germania: bandiere rosse a Berlino


Le Miroir, N° 267 del 5 gennaio 1919, ufficiali e soldati tedeschi con un grande proiettile di artiglieria.
La pubblicazione di una fotografia di questo tipo, due mesi dopo la fine della guerra, ha l’obbiettivo di sottolineare la pericolosità della Germania e le sue capacità distruttive. Queste operazioni di immagine sono finalizzate anche a mobilitare l’opinione pubblica per alzare il prezzo delle riparazioni nella prossima conferenza di Versailles.



“L’inquietudine, il radicalismo delle masse politicizzate, le agitazioni rivoluzionarie, furono intesi soprattutto, non già come strascichi della guerra, bensì quali annunci di un’epoca estranea, caotica, nella quale non sarebbe esistito più nessuno dei valori che avevano reso l’Europa grande e sicura.-E’ insomma come se il terreno ci sprofondasse sotto i piedi-“
[da “Hitler, una biografia” di Joachim Fest, Ed. Garzanti, 1999, pagg. 109-110]
Con queste parole lo storico tedesco e biografo di Adolf Hitler, Joachim Fest, descrive lo stato d’animo in cui venne a trovarsi una parte del popolo tedesco (in particolare la media e la piccola borghesia) all’indomani della sconfitta nella Prima Guerra Mondiale. Fest sottolinea questo concetto di spaesamento con la citazione di una frase del filosofo Karl Jaspers. La terra stava sprofondando sotto i piedi di un mondo che sino ad allora aveva posseduto solide certezze che ora venivano a mancare.
Questa situazione è traducibile in immagini fotografiche? Proveremo ad osservare e commentare alcune fotografie presentate dalla rivista Le Miroir all’inizio del 1919 e riguardanti la Germania, paese in cui sembrò per un momento che potesse rinnovarsi l’esperimento della rivoluzione sovietica.

Le Miroir N° 268 del 12 gennaio 1919, Karl Liebknecht parla nel corso di una manifestazione della Lega di Spartaco. Su Le Miroir non ci sono fotografie di Rosa Luxemburg.



“Il 9 novembre operai e soldati hanno abbattuto il vecchio regime in Germania. Sui campi di battaglia di Francia era svanita l’illusione sanguinaria di un potere mondiale della sciabola prussiana. La banda di banditi, che aveva acceso l’incendio mondiale e che aveva costretto la Germania in un mare di sangue, non sapeva più andare avanti. Il popolo tradito per quattro anni e che, servendo il mostro, aveva dimenticato il dovere culturale, il sentimento d’onore e l’umanità, che si era lasciato manovrare per ogni scelleratezza, si svegliò dal suo congelamento durato quattro anni sull’orlo del precipizio. Il 9 novembre si alzò il proletariato tedesco per liberarsi dal giogo vergognoso. Gli Hohenzollern furono cacciati, furono eletti i Consigli degli operai e dei soldati.”
[da Dopo l’Ottobre, AA.VV, pag. 44, Ed. Mazzotta 1977]
Così inizia il documento programmatico dei comunisti tedeschi del KPD (Spartakusbund-Lega di Spartaco), presentato al Congresso di fondazione, il 1 gennaio del 1919. In Germania la rivoluzione democratica ha abbattuto il vecchio potere guglielmino, sconfitto sui campi di battaglia; ora la componente comunista del movimento operaio tedesco, guidata da Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, indica nella presa del potere da parte dei Consigli degli operai e dei soldati, la strada per completare la Rivoluzione del novembre 1918 e proseguire verso quella mondiale, iniziata con la presa del potere da parte dei bolscevichi e la conseguente guerra civile.

Le Miroir N° 268 del 12 gennaio 1919, entrata della guardia prussiana a Berlino e manifestazione di sottufficiali contro il governo socialdemocratico. Sono gli ufficiali e i sottufficiali smobilitati che forniscono ai “corpi franchi” i quadri dirigenti per compiere la repressione del movimento insurrezionale organizzato dai comunisti spartachisti.



Il tentativo rivoluzionario fallisce: il proletariato tedesco rimane sostanzialmente fedele alla socialdemocrazia ora la governo e decisa a stroncare ad ogni costo il tentativo rivoluzionario.
Gli spartachisti sono sconfitti in poche ore e i due capi rivoluzionari assassinati, il governo socialdemocratico presieduto da Ebert affida il compito di ristabilire un ordine precario e inquieto ad ufficiali del vecchio esercito prussiano che covano il rancore per la cosiddetta pugnalata alle spalle, sferrata, a loro parere, da disfattisti, operai socialdemocratici ed ebrei.
[Per comprendere lo spirito dei componenti di quelli che passeranno alla storia come i Corpi Franchi del Baltico è fondamentale la lettura del romanzo autobiografico di Ernest Von Salomon, I Proscritti. L’autore, membro dei gruppi paramilitari di estrema destra e coinvolto nell’assassinio del Ministro degli Esteri della Repubblica di Weimar, Walther Rathenau, descrive con uno stile assai crudo la guerra civile che si scatenò in Germania all’indomani dell’11 novembre 1918. Il tono eroico e insieme disperato del romanzo, fanno di quest’opera un documento umano di grande valore per la comprensione degli eventi successivi nella storia tedesca fra le due guerre. I Proscritti è divenuto nel tempo, uno dei testi di culto per i gruppi di destra e di estrema destra in Europa.]
Su Le Miroir grande risalto viene dato agli avvenimenti tedeschi delle prime settimane del 1919.

Le Miroir N° 270 del 26 gennaio 1919, un soldato presiede la sfilata delle truppe al rientro dal fronte ad Amburgo. Il commento a questa fotografia sottolinea come i ruoli nell’esercito si stiano capovolgendo: gli ufficiali devono far posto ai soldati semplici. Questa idea di disordine nella tradizionale scala gerarchica, era già stata avanzata nei commenti alle immagini che provenivano dalla Russia rivoluzionaria.



Alcune delle fotografie di Le Miroir fanno parte della storia del Ventesimo secolo: i soldati armati insieme agli operai, la folla che ascolta i comizi, i combattimenti per le strade di Berlino, una grande autoblindo che apre il fuoco sugli spartachisti, le vittime e i funerali dei capi rivoluzionari uccisi, l’ultima fotografia di Kurt Eisner, presidente della Repubblica Bavarese dei Consigli ucciso dal nazionalista conte Arno Valley, le manifestazioni contro i primi tentativi della destra nazionalista di prendere il potere (putsch di Kapp). Sono questi i momenti in cui la fotografia riesce a sintetizzare in alcuni “scatti” una crisi profonda in cui si pongono i presupposti per quel processo politico-culturale che il regista svedese Ingmar Bergman ha raccontato in un film dedicato alla Germania degli anni Venti, “L’uovo del serpente”.

Le Miroir N° 272 del 9 febbraio 1919, un autoblindo governativa interviene contro gli spartachisti a Berlino.



Le Miroir N° 269 del 19 gennaio 1919, un’altra autoblindo su cui è stata issata una bandiera rossa da parte degli spartachisti.



Nelle didascalie che accompagnano queste fotografie c’è un certo compiacimento per la situazione in cui è precipitata la Germania, è unito al timore che il movimento rivoluzionario possa guadagnare terreno e alla soddisfazione per il successo delle forze moderate.

Le Miroir N° 274 del 23 febbraio 1919, la folla assiste ai funerali di Karl Liebkecht. Nonostante la sconfitta qui si può notare una vasta partecipazione popolare. La repressione del movimento spartachista da parte del governo socialdemocratico di Ebert e Noske, peserà profondamente nella storia futura dei due partiti della sinistra tedesca. La divisione e l’accusa di social fascismo, rivolta dai comunisti ai socialdemocratici favorirà la vittoria del nazionalsocialismo all’inizio degli anni Trenta.



Le fotografie che abbiamo visto in questo primo capitolo dedicato alla Germania nel 1919, s’inseriscono in quell’enorme flusso di immagini che ormai sta invadendo i quattro angoli della terra. Le Miroir pubblica con qualche settimana di ritardo le fotografie che giungono dalle agenzie e descrivono una situazione che potrebbe anche riportare la Germania nell’argine di ordine borghese e moderato auspicato da Francia e Gran Bretagna, ma non sarà così. Nel secondo capitolo concentreremo l’attenzione su una fotografia che riguarda la crisi tedesca, ma che può assumere significati più generali per l’uomo europeo all’indomani della Grande Guerra.

venerdì 2 novembre 2012

Il dopoguerra, l’inquietudine nelle fotografie di Le Miroir e in alcune pagine della letteratura.

Prima parte.
Vincitori e vinti
Il numero 259 di Le Miroir è datato 10 novembre 1918: il giorno dopo la guerra finisce, alle 11 del mattino. Sino a quell’ora ci saranno altre vittime in inutili tentativi di assicurarsi posizioni di vantaggio. Soldati e ufficiali dall’una e dall’altra parte cadono anche qualche minuto prima della cessazione delle ostilità.
Sul questo numero della rivista appaiono due fotografie, che meglio di altre riassumono l’idea della sconfitta tedesca e della vittoria dei soldati dell’Intesa.
La copertina mostra l’immagine cruda di guerra vera con un povero essere accartocciato: è un mitragliere tedesco accanto al suo strumento di morte ormai inservibile.
La Germania ha perso lo scontro per l’egemonia mondiale: nonostante l’ultima offensiva, i suoi uomini giacciono come povere cose in fondo alle trincee e nei ricoveri.

Le Miroir N° 259, 10 novembre 1918



Le Miroir N° 259, 10 novembre 1918



Nel paginone centrale una grande fotografia con l’esultanza dei soldati del Regno Unito a Saint Quentin liberata. E’ gente che esulta, sa che la guerra sta per finire e attende con ansia il segnale del cessate il fuoco. Hanno vinto, vogliono tornare a casa e sono stanchi di sangue, ma per il momento il nemico è ancora dinnanzi a loro e il compito è quello di proseguire la marcia per la vittoria finale. Stanno incalzando un avversario che si è battuto come un leone, si ritira nel massimo ordine e distrugge tutto quello che lascia alle spalle.
In qualche modo i vinti e i vincitori hanno cambiato il mondo: di quello che avevano conosciuto prima del 1914 non resterà nulla, se non il rimpianto per un’epoca che come tutti i finis entra nella leggenda.
Lo scrittore americano Francis Scott Fitzgerald in Tenera è la notte (prima stesura 1925), rivisiterà quel mondo scomparso con poche e significative righe scritte raccontando la visita dei personaggi del suo romanzo nei luoghi dove oggi sorgono i più importanti siti della memoria, consacrati ai combattenti inglesi e dei Dominions che vi lasciarono la vita: Beaumont Hamel e Thiepval.
“Dick svoltò l’angolo della traversa e continuò a percorrere la trincea. Giunse al periscopio, vi applicò l’occhio un momento, poi salì sul gradino e si sporse dal parapetto. Davanti a lui, sotto un cielo cupo, era Beaumont Hamel; alla sinistra la tragica collina di Thiepval. Dick la fissò attraverso il binocolo, con la gola chiusa di tristezza[…]
-Questa terra costò settanta vite umane al metro quell’estate. - disse a Rosemary[…]
-E’ morta tanta gente, da allora, e presto saremo morti tutti.- disse Abe con fare consolante.
Rosemary aspettò intensamente che Dick continuasse.
-Guarda quel ruscelletto: potremmo raggiungerlo in due minuti. C’è voluto un mese per gli inglesi per raggiungerlo: un intero impero che camminava molto lentamente, moriva sul fronte, e avanzava passo passo. E un altro impero indietreggiava, molto lentamente, qualche centimetro al giorno, lasciando i morti come un milione di tappeti insanguinati. Nessun europeo di questa generazione lo farebbe di nuovo. -
-Come, hanno appena smesso in Turchia. - disse Abe.
-E in Marocco…-
-E’ diverso. Quest’affare del fronte occidentale, non si potrebbe fare da capo, almeno per un pezzo. I giovani credono che potrebbero farlo, ma non è vero. Potrebbero combattere da capo la prima battaglia della Marna, ma non questa. Questa implicava religione e anni di abbondanza e tremende certezze e rapporti esatti che esistevano tra le classi. I russi e gli italiani non fecero niente di buono su questo fronte. Bisognava avere un equipaggiamento sentimentale tutto anima, capace di andare indietro più di quanto si potesse ricordare. Bisognava ricordare il Natale, e le cartoline del Kronprinz con la sua fidanzata e i caffeucci di Valencia e le birrerie dell’Unter den Linden e i matrimoni al Municipio e il Derby, e le basette del nonno.-
-Il generale Grant inventò questo tipo di battaglia a Petersburg nel '65.-
-No, non è vero: ha soltanto inventato il macello in massa. Questa specie di battaglia è stata inventata da Lewis Carrol e Jules Verne, da quello che ha scritto Undine e dai diaconi di campagna che giocano alle bocce, dalle madrine di Marsiglia e dalle ragazze sedotte nei vicoli del Wuttemberg e della Westfalia. E’ stata una guerra d’amore: un secolo d’amore borghese. E’ stata l’ultima guerra d’amore.-
-Dovresti offrire questa battaglia a David H. Lawrence . - disse Abe.
-Tutto il mio mondo sicuro è scoppiato qui in un gran turbine d’amore ad alto esplosivo. - insisté Dick.
[da Tenera è la notte di F. Scott Fitzgerald, pagg. 118-119, Ed. Oscar Mondadori, 1969]
Gli storici, i sociologi, gli studiosi di psicologia di massa hanno sottolineato come nella coscienza degli uomini che parteciparono al conflitto si fosse sedimentato un profondo turbamento che non si cancellò mai.
I soldati che si sono battuti su tutti i fronti hanno vissuto un’esperienza, in qualche modo indimenticabile. Sono stati attori e vittime di una tragedia epocale e che lascia un segno indelebile.
Lo storico Eric J.Leed nel suo Terra di nessuno, un testo fondamentale per la comprensione dei risvolti psicologici di chi partecipò e sopravvisse alla Grande Guerra, ha scritto:
“La casualità della morte al fronte, il carattere impersonale della violenza, erano accompagnate dal riconoscimento che ci fossero uomini dietro queste macchine, uomini che avevano scatenato e continuavano questa guerra, uomini che perseguivano la morte dei soldati immobilizzati nelle trincee. Questa combinazione di casualità, impersonalità, e volontà umana dietro la violenza tecnologizzata della guerra, rappresentava il fattore demolitore delle difese psichiche dei combattenti. Robert Graves sostenne che chiunque avesse trascorso più di tre mesi sotto il fuoco di prima linea poteva essere legittimamente considerato un nevrastenico.”
[da Terra di nessuno di E. J. Leed, pag. 238, Ed. Il Mulino, 1985]
Robert Graves, l’autore di "Io Claudio", parla a ragion veduta: ha sperimentato sulla propria pelle cosa vuol dire essere sottoposti al fuoco di sbarramento durante o prima di un’offensiva.
La condizione del soldato al fronte e la sua tensione psicologica sono descritte in modo efficace nei versi di un altro poeta inglese della Grande Guerra, Siegfried Sassoon.
"I soldati sono cittadini del paese grigio della morte,
Non traggono dividendi di domani dal tempo.
Nella grande ora del destino essi stanno,
Ciascuno con le sue avversioni, e gelosie, e dolori.
Con la loro vita in un culmine fatale e fiammeggiante.
I soldati sono sognatori; quando i cannoni prendono a tuonare
Pensano a focolari accesi, candidi letti, e spose.
Li vedo nei ricoveri immondi, rosi dai topi,
Nelle trincee sconvolte, frustati dalla pioggia,
Sognare ciò che un tempo facevano con racchette e palle.
Beffati dal vano desiderio di riavere
Giorni di vacanza, e spettacoli, e uose,
E di andare all’ufficio in ferrovia.
[da Sognatori di S. Sassoon]
Questo accumulo di tensione che i soldati si portano dietro ritornando alle loro case si scarica nelle vicende politiche e sociali dei mesi, degli anni successivi alla Grande Guerra. La pace, insieme alle manifestazioni di esultanza, di gioia e di lutto, produce inquietudine. E’ attorno a questa parola che occorre ragionare osservando alcune fotografie pubblicate da Le Miroir nel periodo precedente la sua trasformazione in un giornale sportivo illustrato.