Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la produzione di cartoline in serie e riguardanti temi specifici non era una novità; questo fatto era stato preceduto dalla fotografia che aveva illustrato monumenti e opere d’arte, diffuso volti di personaggi famosi (ad esempio gli attori) e scene in cui venivano ricostruite particolari situazioni.
La stereoscopia era stata la forma per cui vere e proprie storie erano state raccontate attraverso due fotografie identiche e realizzate con un’apposita macchina stereoscopica. Una storia suddivisa in più stereoscopie, come le inquadrature di un film, veniva vista in casa propria attraverso un visore la cui qualità differiva a seconda del costo.
Stereoscopia americana con la presentazione del neonato al padre, è compresa in una serie dedicata ad una storia famigliare |
La produzione seriale aveva diffuso anche una versione militare: la fotografia aveva raccontato con riproduzioni di opere pittoriche, le grandi battaglie del XIX° secolo e fatto conoscere i volti di generali e teste coronate che prima del lungo quarantennio di pace in Europa, seguito alla guerra franco-prussiana del 1870, avevano combattuto sui campi di battaglia per la conquista dell’egemonia sul vecchio continente.
Cartolina sulla Battaglia di Rezonville, da un quadro di Albert Morot, guerra Franco-Prussiana del 1870 |
Alla cartolina toccò il compito di estremizzare questo processo culturale e commerciale.
La cartolina divenne ben presto una vera e propria industria, un mezzo popolare di portata straordinaria per diffondere non solo messaggi tra le persone, ma icone di carattere visivo che dovevano restare nell’immaginario collettivo e individuale.
Cartolina in cui due sposi ricordano il momento del fidanzamento, si noti la messa in scena fotografica |
La guerra mondiale portò alle estreme conseguenze il ruolo della cartolina postale che fu prodotta nell’ordine di milioni di copie; non è stato mai fatto un computo preciso di quante cartoline con al centro il tema della guerra furono stampate, vendute, inviate e conservate. Pensiamo che fossero nell’ordine di milioni.
La guerra creò l’abitudine a consumare un racconto estremamente sintetico che attenuò gli aspetti più duri della guerra. Lo storico George L. Mosse ha parlato di banalizzazione della guerra attraverso numerosi oggetti di consumo popolare: uno di questi, e fra i più importanti, fu proprio la cartolina postale.
Cartolina francese con un soldato in trincea che sogna sua moglie, nella didascalia: “con il cuore e il pensiero, sono sempre vicino a te” |
Una fotografia e un illustrazione dovevano dire in un’unica immagine molte più cose che non un bollettino militare o un articolo di giornale, strumenti di comunicazione e diffusione delle notizie destinati ad un pubblico culturalmente più colto o più avvezzo a leggere tra le righe anche notizie che riguardavano false vittorie o avanzate che si riducevano a poche centinaia di metri di terreno conquistato al nemico.
La caratteristica di ammorbidimento della realtà della guerra favorì il fatto che soldati e famiglie si abituassero a spedire le cartoline che c’erano a disposizione, senza preoccuparsi molto dell’immagine che riproducevano: erano cartoline e niente più. Venivano definite “illustrate” per sottolineare il fatto che si inviava qualcosa di scritto con un messaggio ritenuto più rapido e meno faticoso di una lettera che invece richiedeva il tempo e la capacità necessaria per scriverla.
Un vigoroso alpino schiaccia Francesco Giuseppe: l’imperatore austroungarico è ridotto a un essere lillipuziano per rappresentare i primi passi degli italiani per la liberazione delle “terre irredente”. Questa cartolina proviene dalla corrispondenza della famiglia Mizzoni e sul retro ci sono i saluti di Luigi al fratello di Giuseppe che è al fronte. Venne spedita il 16 novembre 1915. A quella data i primi passi della conquista italiana si erano rivelati ben più ardui di quanto l’immagine che voleva essere anche umoristica, rappresentasse.
I primi passi |
La guerra italiana si combatte anche sul mare e l’Adriatico è lo spazio marino che bisogna conquistare non solo per essere più forti in Europa e nel mondo, ma per vendicare la sconfitta di Lissa nel corso della Terza Guerra d’Indipendenza del 1866. Questa cartolina venne utilizzata per inviare auguri di buona Pasqua. La didascalia contraddice il messaggio di pace e fine della guerra che tutti si augurano nel 1917: “Dai misteri del mare le onde vaganti di Lissa invocano vendetta: adunate l’oro per dare a questa le armi”. Altro che pace! Si chiedeva ancora uno sforzo, questa volta economico, per conseguire una vittoria che appariva lontana. Sul retro solo un semplice saluto.
Il marinaio |
Con un montaggio fotografico una bambina chiede un fiore dalle terre redente. Il messaggio è prestampato, la madre di Milena, Margherita del Nero e moglie di Giuseppe Mizzoni, aggiunge un “e che torni presto”.
Sul retro il messaggio è di rassegnazione: “Per molti giorni ti ho atteso credendo che se non ho fatto Natale in tua compagnia, contavo almeno di fare il principio dell’anno 1916 insieme. Rassegniamoci e auguriamoci che questo nuovo anno sia apportatore di quiete di pace e di felicità.”
In questo caso ci sembra di ravvisare una corrispondenza tra il testo è l’immagine: la bambina alla finestra aspetta il padre e la vittoria. La madre utilizza questa cartolina per stimolare suo marito a chiedere una licenza e tornare anche per un momento a casa. Ma la licenza non arriva.
I bambini e la guerra in cartolina |
“L’italianità oppressa bacia il simbolo della libertà”, così recita la didascalia di questa cartolina costruita con un fotomontaggio in cui due donne simboleggiano l’Italia e le terre irredente incatenate, sullo sfondo il castello di Trento. Al centro si dispiega il tricolore che è come un ponte di speranza. Una sorella di Giuseppe Mizzoni, Veronica, inviò i saluti di buon anno al fratello. Forse la scelta della cartolina fu influenzata dall’impianto scenico dell’immagine che doveva evocare le ragioni del sacrificio e della lontananza.
Italianità oppressa |
E per concludere una fotografia formato cartolina che non proviene dall’archivio della famiglia Mizzoni. Venne inviata da Pierino forse a sua madre e chiedeva di fargli sapere se aveva ricevuto altre sue fotografie.
Una fotografia con il soldato Pierino |
La fotografia formato cartolina fu largamente usata sino agli anni successivi la Seconda Guerra Mondiale, era il modo per inviarsi le proprie immagini con messaggi di saluto ed di altro genere. Questa modo di scambiarsi le immagini riprendeva una delle prime forme di uso della fotografia: la “carte de visite”. I due soldati non potendo sollevare in alto la bandiera con al centro la croce sabauda, l’hanno messa in orizzontale e ben in primo piano. E’ un modo di dimostrare a chi sta a casa che quella bandiera per loro è importante ed è per essa che stanno combattendo. Forse in questo caso la scelta non fu solo dettata dalle necessità imposte dall’inquadratura, ma da tante immagini stampate sulle cartoline postali che erano passate sotto i loro occhi.
Il rapporto tra la cartolina postale e la Grande Guerra resta al centro della costruzione di un immaginario che ha fortemente influenzato le scelte delle società europee che si combatterono tra il 1914 e il 1918.