domenica 26 settembre 2010

Memoria famigliare in alcune fotografie anonime della Grande Guerra-Seconda parte

Le famiglie si fanno fotografare. Spose e madri mandano le immagini al fronte. Quando il marito, il figlio, il fratello vengono in licenza si va dal fotografo.
Farsi fotografare e conservare almeno una fotografia di quel tempo, è un avvenimento che riguarda milioni di famiglie, per questo una ricerca sistematica sulla fotografia famigliare e anonima della Grande Guerra è stata definita opera titanica. Molto spesso negli album troviamo fotografie eseguite nel corso della guerra, mischiate ad altre risalenti agli anni precedenti oppure successivi. Non si può che procedere per esempi e tentare di costruire un percorso.
Centrale in questo momento della storia della fotografia, è l’immagine dei bambini.

Una fotografia all'interno dell'album
della famiglia Mongiol
All’interno di un album famigliare francese, appartenuto alla famiglia del soldato Eugène Mongiol e costruito con cartoline e fotografie realizzate e inviate in momenti diversi, troviamo un documento sorprendente sull’effetto che il conflitto produce nell’infanzia.
Una cornicetta di cartone racchiude la fotografia di una bambina: è un regalo per il papà al fronte, il supporto che tiene insieme fotografia e cornice è stato incollato solo da una parte. Sollevando il cartoncino scopriamo un disegno, forse il ritaglio di un’illustrazione popolare, in cui c’è un soldato tedesco che ha la testa asportata da un proiettile d’artiglieria calibro 75. 


Disegno unito alla fotografia della figlia di
Eugène Mongiol
E’ un riferimento al famoso cannone a tiro rapido, vanto dell’esercito francese e di cui la propaganda fa un grande battage pubblicitario, ma anche un segno di quanto la violenza abbia ormai contagiato l’intera società europea.
Si inviano cartoline prodotte in serie e costruite con fotomontaggi in cui l’immagine della famiglia rimasta a casa si fonde con scene di soldati al fronte. 
Cartolina inviata dalla moglie di Eugène Mongiol
il 30 dicembre 1916.
Il fotomontaggio mostra una
famiglia in cui il padre è assente e i soldati al fronte che
combattono.

Ne troviamo una nell’album: la moglie scrive al marito dando voce ai suoi bambini e augura, è il 30 dicembre 1916, un buon 1917 e che la guerra finisca presto. Le parole dei bambini, accompagnate al fotomontaggio della cartolina, sono un segno di incoraggiamento: dietro di te che sei al fronte, c’è una famiglia unita che combatte la stessa lotta. Ma il 1917 passa e la pace non viene. Eugène che ora si trova nell’Italia meridionale, a Foggia, e forse fa parte dei servizi sanitari dell’esercito francese venuti in soccorso dell’Italia dopo Caporetto, invia una cartolina quasi simile a quella che ha ricevuto alla fine del 1916. 

Cartolina inviata da Eugène Mongiol da Foggia
E’ la fine dell’anno, Eugène si augura che nel 1918 la famiglia possa riunirsi per sempre.
Nell’ottobre del 1917, Eugène compare in una fotografia insieme ai suoi compagni di squadra. Uno di essi porta a tracolla una piccola borsetta. 

Fotocatolina con la squadra di Eugène Mongiol
Nel gruppo, scrive sul retro, uno dei suoi compagni si è fatto fotografare con l’equipaggiamento contro i gas asfissianti. E’ quello in prima fila.
Nel riquadro il soldato con la borsa per l'equipaggiamento antigas,
dietro di lui Eugène Mogiol
Queste fotografie offrono elementi di riflessione sulla modernità della Grande Guerra: la lunghezza del conflitto e la prolungata distanza dalla famiglia, l’intrusione della violenza della guerra totale nella vita quotidiana, la modernità delle armi, rappresentata dall’equipaggiamento contro i gas.


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