La violenza nell’occhio fotografico: la distruzione del paesaggio.
Sin dal suo nascere la fotografia indaga sul paesaggio che si offre all’occhio dell’umanità. Il paesaggio diventata non solo uno dei temi principali della fotografia, ma un genere che assume una tale importanza da essere presente in tutti gli appuntamenti che i fotografi prima e l’industria fotografica poi, si danno per fare il punto dei progressi compiuti in quella che diventa una vera e propria catalogazione del pianeta.
[E’ un processo storico e culturale dettato anche da interessi militari, commerciali e culturali: ad esempio le conquiste coloniali, la corsa all’Ovest negli Stati Uniti d’America, la riscoperta delle grandi civiltà del passato]
Non solo si dedicano appositi concorsi al paesaggio, ma fioriscono riviste sui temi specifici della ripresa sul mare, sui monti, in campagna. Nei diversi manuali di fotografia il paesaggio occupa un posto a se stante, in cui vengono fissate regole di ripresa e modalità di esposizione.
Un paesaggio formato carte del visite. Faro di Corbiere, Isola di Jersey, 1860-1865, Studio Godfray, stampa all’albumina |
La fotografia della Prima Guerra Mondiale non abbandona il genere paesaggio, ne accentua anzi il suo aspetto drammatico. In effetti, si può dire che in questo caso la definizione potrebbe essere quella di una nuova fotografia che rappresenta non solo la distruzione del paesaggio, ma la sua scomposizione in vista di un’ulteriore ricomposizione.
Due fotografie pubblicate dal settimanale Le Miroir in cui si coglie un bombardamento osservato da una trincea, non c’è la certezza che siano state eseguite sulla linea del fronte. |
Si tratta spesso di una fotografia spontanea, ripresa cioè dai soldati che dalle trincee osservano la terra di nessuno, e di una fotografia guidata dall’interesse politico e militare di mostrare la propria terra devastata dalla furia del nemico e quindi, da riconquistare.
1917, Album di Edmond, dalla prima linea belga si fotografa la prima linea tedesca
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Dalla trincea si osserva il deserto creato dalle potenti artiglierie e i soldati guardano questo deserto che produce in loro quello stato d’animo che i francesi hanno definirono “cafard”: sgomento, malinconia depressiva, rimpianto di un mondo perduto e mai più recuperabile, nostalgia della propria casa e degli affetti famigliari. Pensiamo soltanto alle cartoline illustrate che a milioni riproducono fondali con paesaggi agresti e giardini di cartapesta in cui si ambientano incontri amorosi.
Cartolina illustrata francese spedita nell’ottobre del 1915 |
Si tratta di una violenza che lascia ferite profonde tra i combattenti della Prima Guerra Mondiale, forse altrettanto gravi e durature di quelle della visione della morte nei corpi dei compagni uccisi o in quelli dei soldati nemici che marciscono nei campi ed emanano l’insopportabile odore della decomposizione.
Le Pays de France, 1917: cadaveri di soldati tedeschi lungo un sentiero fangoso |
Numerose fotografie mostrano soldati in momenti di pausa della loro esperienza al fronte: sono eseguite in luoghi limitrofi agli ospedali militari, nelle retrovie o negli accantonamenti. Questi uomini si fanno fotografare immersi nel paesaggio di terre, torrenti e luoghi ancora intatti e non contaminati dalla guerra.
E’ come se si volesse esorcizzare la morte della terra che i soldati-contadini osservano dai ripari in cui sono costretti a vivere e a morire.
Le Pays de France, soldati francesi fotografati dall’alto all’interno di una trincea |
Questo paesaggio violato, questa terra sconvolta, questo deserto di putrescenza non fa altro che rendere visibile e palpabile ciò che si è diffuso negli anni precedenti al conflitto: un grande pessimismo sulle sorti dell’umanità, la paura della decadenza che avrebbe coinvolto non solo gli uomini, ma anche le cose. E per cose s’intendevano i campi di grano fiorenti, le foreste oscure e immutabili, i villaggi e le reliquie del passato costruite con un lavoro incessante durato secoli. Tutte cose che negli anni precedenti al conflitto vengono fotografate e diffuse nel quadro di una sempre crescente modernizzazione della società europea.
La rappresentazione del paesaggio violato e scomposto pubblicata sulle riviste è un altro aspetto di quell’abitudine alla violenza che avrebbe caratterizzato il periodo successivo alla Grande Guerra e che, per contrasto, avrebbe accentuato in una parte degli europei un’idea arbitraria di possesso attraverso la forza.