domenica 21 novembre 2010

La guerra prima della guerra totale e industriale. Pianura padana 1859

L’immagine delle battaglie combattute in Italia nel 1859 durante la Seconda Guerra di Indipendenza, ci permette di osservare la visione della guerra nella seconda metà del XIX° secolo, quando la fotografia era già oggetto di dibattito tra critici d’arte e intellettuali e stava diventando un’impresa commerciale attorno a cui si mobilitavano crescenti interessi economici, con effetti e ricadute nel costume delle classi medio-alte della società europea.
Le gravures vennero pubblicate su un supplemento a puntate del “Journal pour tous”, dal titolo “La guerre d’Italie”. All’inserto collaborarono noti illustratori francesi dell’epoca, compreso Gustave Doré che firmò le immagini delle battaglie di Magenta e Solferino, di Napoleone Terzo e dei suoi generali in consiglio di guerra. Era il momento in cui la Francia sembrava diventare nuovamente la maggior potenza europea. Le gravures accompagnavano le relazioni ufficiali e i commenti dei fatti bellici con un ritardo di pochi giorni o qualche settimana dagli avvenimenti. Per i tempi era quasi una presa diretta.
Il resoconto visivo di ciò che era accaduto nella Pianura Padana non si limitava ai combattimenti, ma cercava anche di fornire una visione più ampia su cosa accadesse attorno ad un’armata in guerra: ad esempio il ruolo degli addetti all’approvvigionamento dell’armata francese. Le gravures quando raccontavano le battaglie, erano in piena sintonia con la tradizione dell’epopea napoleonica, quando invece presentavano i generali avevano un taglio da carte de visite, il nuovo formato inventato dal fotografo Eugène Disderi che poneva le basi per far diventare la fotografia un fenomeno di massa.
Un’immagine che di cui si farà un grande uso nel corso della Prima Guerra Mondiale riguarda la malvagità del nemico.

La guerre à l'autrichienne
 
Una gravure firmata da Philippote e intitolata "La guerre à l’autrichienne", apre il secondo numero di La guerre d’Italie e mostra la spogliazione degli abitanti di un paese lombardo da parte degli austriaci che nella loro avanzata fanno razzia di tutto ciò che è utile al sostentamento delle truppe. All’interno dell’inserto, un breve articolo riferisce sulla particolare brutalità delle truppe austroungariche che si sono fatte scudo degli abitanti di un paese per proteggersi dall’attacco dei piemontesi, hanno violentato e ucciso donne incinte. Sembra un’anticipazione delle accuse rivolte ai tedeschi per le violenze compiute durante loro avanzata attraverso il Belgio, nel 1914. Dopo aver ammesso che la guerra comporta sempre un peso gravoso per le popolazioni civili, l’articolo stigmatizza la condotta degli austroungarici.
“Nello stato attuale dei costumi la guerra si deve fare ai governi, agli stati, non alle persone. Non soltanto spogliare di tutto le popolazioni non combattenti, ma maltrattarle e abbandonarsi contro di esse ai più selvaggi eccessi, è proclamarsi in aperta ribellione contro la civiltà, i principi del cristianesimo e incorrere, meritandoselo, nella condanna dell’umanità.”
Il resoconto ufficiale di una battaglia difficilmente riuscirà a restituire l’epica dello scontro, a far immaginare cosa sia il combattimento tra due eserciti: per questo la letteratura e poi il cinema, hanno utilizzato il punto di vista di uno o più personaggi che vi partecipano. Attraverso questo tipo di visione si cerca di ricostruire un avvenimento che può presentarsi anche come una grande confusione in cui gli esseri umani obbediscono a leggi che trasgrediscono il comportamento nella vita quotidiana, quelle di uccidere e non farsi uccidere.
Un punto di riferimento letterario nella storia delle battaglie avvenute prima della guerra industriale e totale, è la visione che ha il giovanissimo Fabrizio del Dongo della battaglia di Waterloo nel romanzo La Certosa di Parma di Stendhal. Il diciassettenne Fabrizio stenta a capire esattamente a cosa stia partecipando. E’ preso da un senso di confusione e frustrazione, va alla rincorsa dello scontro con i prussiani, quando gli dicono che sta passando Napoleone non lo vede nel gruppo di cavalieri che attraversano rapidamente la pianura avvolti nella nuvola di polvere. Fabrizio spara contro un ufficiale prussiano e lo fa in episodio isolato della battaglia, mentre i soldati dell’armata francese si stanno sbandando e cominciano a ripiegare. Scopre che nella guerra non c’è niente di eroico perché la prima preoccupazione per il sodato è portare a casa la pelle e procurarsi cibo. La vivandiera che lo ha preso in simpatia e lo ha indirizzato verso la battaglia in cerca di gloria, è stata derubata e picchiata dagli stessi soldati francesi in fuga. L’artificio narrativo di Stendhal s'ispira alle sue esperienze personali e nelle memorie di combattenti della Prima Guerra Mondiale ritroviamo gli stessi elementi di confusione, frustrazione e lotta per la sopravvivenza.
Nel 1859 l’illustratore che a differenza del fotografo non ha a disposizione il rettangolo del mirino della macchina fotografica per eseguire una serie di scatti e raccontare l’avvenimento bellico nelle sue fasi principali, il compito è fussare con un'immagine ciò che chiameremo l’insieme di un avvenimento, osservato da un punto di vista esterno e  realizzato a posteriori sulla base di informazioni ufficiali.
Gli illustratori di La guerre d'italie , raccontando la campagna d’Italia del 1859, non si discostarono dalla tradizione e cercarono di ricostruire con singole gravures punti di vista che dessero ai lettori francesi un’idea totale non solo dei combattimenti, ma dell’intera guerra. Questo modo di raccontare si esplicitava nella mischia furibonda tra i soldati degli opposti schieramenti all’interno di un paesaggio caotico, sovrastato dal fumo delle artiglierie e dei colpi di fucile. Come in un racconto a fumetti, l’inserto ricostruiva il susseguirsi degli avvenimenti che sarebbero rimasti nella memoria collettiva della nazione francese. Questo racconto di immagini però non era realizzato e montato in modo casuale: il fiilm che scorreva sfogliando il giornale corrispondeva a ben precise esigenze politiche e lanciava messaggi a un'opinione pubblica francese preoccupata per i costi materiali e umanidella guerra nella pianura Padana.
Il numero 4 del supplemento al Journal pour tous apre con un’illustrazione di Gustave Doré in cui la battaglia combattuta casa per casa a Magenta, è vista come un caos di rovine in cui i soldati francesi si fanno strada a colpi di baionetta contro i nemici austroungarici.
Come altre gravures che seguiranno, è una visione di tipo grandangolare, in cui prevale il primo piano del combattimento corpo a corpo con i francesi che lentamente prevalgono avanzando da una posizione chiaramente sfavorevole mentre sullo sfondo, volutamente sfumato nel bianco per dare maggiore profondità all’immagine, la cavalleria si muove tra le rovine offuscate dal fumo delle artiglierie.

Magenta

 Sul numero 6, è sempre Gustave Doré a celebrare, nella gravure d’apertura, il vincitore di Magenta.
Il generale Mac Mahon appare un po’ rigido sul cavallo e avanza in un terreno su cui spiccano due proiettili d’artiglieria. Questo particolare è importante perché sottolinea l’asprezza dello scontro e il disprezzo del pericolo da parte del protagonista.

Mac Mahon dopo Magenta


All’interno del numero troviamo un articolo intitolato Le champ de bataille che riporta alcune testimonianze registrate nei giorni seguenti il combattimento. La prima è di un pittore incaricato di dipingere la battaglia che così descrive ciò che ha visto.
“Qua e là la terra, marchiata da larghe impronte, sembra voler indicare il passaggio di una lotta terribile…Ciò non può che lasciare un’impressione dolorosa, giustificata di passo in passo dai tumuli di terra fresca e sormontati da due pezzi di legno grossolanamente incrociati.”
Come per la denuncia delle violenze compiute dagli austriaci contro la popolazione civile, è anticipato un tema che sarà al centro dell’immagine della Prima Guerra Mondiale: la terra segnata, lavorata quasi, dalle artiglierie e le semplici e rozze croci a ridosso dei campi di battaglia.
La guerra è presentata con il realismo possibile per i tempi: c’è lo scontro frontale tra gli eserciti e ci sono i morti. Prevalentemente vengono mostrati i nemici che cadono sotto l’impeto dell’attacco francese, ma in alcune illustrazioni i lettori possono vedere i soldati francesi colpiti dal fuoco avversario.
Un aspetto importante e che verrà poco mostrato in futuro, riguarda il soccorso ai feriti della parte avversa. Sul numero 3 della rivista, Napoleone III visita il campo di battaglia di Palestro mentre i francesi soccorrono i caduti austriaci. Un ufficiale è stato adagiato su una barella.


Napoleone Terzo sul campo di battaglia di Palestro
La battaglia di Solferino occupa, per la sua importanza, un ruolo decisivo nel racconto di immagini. Le gravures sono firmate per la maggior parte da Gustave Doré che illustra con poderosi punti di vista d’insieme, il momento centrale dello scontro: la conquista dell’altura di Solferino e dell’antica torre medievale a forma quadrangolare.
Nella visione offerta da Doré non sono soltanto i soldati austroungarici a cadere sotto l’impeto dei francesi; il lettore può osservare anche francesi uccisi, ad esempio in un’illustrazione pubblicata nel settembre del 1859, quando il ricordo del massacro sta sfumando nell’impressione dell’opinione pubblica. La guerra in Italia sembra già alle spalle, il supplemento al Journal pour tous non si chiama più La guerre d’Italie, ma Nouvelles du jour.

La battaglia di Solferino

Doré ricostruisce con due gravures, uno dei momenti più difficili della battaglia di Solferino: lo scoppio di un violento temporale che costringe ad una sospensione dei combattimenti e getta fra i soldati confusione e disperazione.


Solferino sotto il violento temporale

La gravure più interessante è la seconda e viene pubblicata sul numero 15 di La guerre d’Italie del 30 luglio 1859, a più di un mese dalla battaglia: s’intitola Charge de la cavalerie a Solferino. Il vero protagonista dell’immagine non sono i cavalieri francesi che incalzano gli austroungarici, ma il paesaggio. La nera torre si erge contro un cielo oscurato dalle nuvole altrettanto nere e basse all’orizzonte, mentre piovono dal cielo lampi in cui si manifesta l’ira di un Dio che sembra condannare la violenza degli uomini. I nemici fuggono in un terreno trasformato quasi in un fiume di fango dalla pioggia battente.
 In una prima versione della battaglia di Solferino, Gustave Doré aveva attenuato la visione apocalittica: le nubi attorno alla torre sembrano diradarsi, mentre ancora il cielo è solcato da fulmini e i soldati francesi proseguono la loro ascensione verso la cima della collina. La torre è avvolta nel fumo, ma nell’immagine non c’è il nemico ormai sconfitto. Questa gravure, a differenza dell’altra più realistica, sembra ispirarsi a quelle che avevano celebrato il conquista della Tur de Malakof in Crimea.
Solferino
Le visioni d’insieme di Gustave Doré celano, privilegiando l’epica dello scontro tra gli eserciti, gli aspetti più inquietanti del massacro di Solferino: in nessuna immagine è possibile vedere l’orrore di un combattimento in cui l’artiglieria gioca un ruolo importante, ma è il corpo a corpo a colpi di baionetta a provocare un numero di morti impressionante. Sullo stesso numero, il lettore può leggere anche notizie sulle trattative e la pace di Villafranca che segna la fine dell’impegno francese in Italia e la fine della Seconda Guerra d’Indipendenza del Risorgimento italiano. Insieme alle illustrazioni della battaglia di Solferino e ai ritratti dei generali che vi partecipano, il lettore trova relazioni ufficiali, gli elenchi dei caduti e le impressioni di chi visita i luoghi del combattimento qualche settimana dopo gli avvenimenti.
“…dopo una faticosa ascensione di una strada assai larga, arrivai su un piano elevato di 60 o 70 metri al disopra della pianura, avendo a mia destra il cimitero di Solferino, a sinistra il vecchio castello, la piazza e la chiesa…Dopo aver abbracciato rapidamente con lo sguardo il magico panorama, il paese, così calmo in questo momento, attorno al quale, pochi giorni prima, si agitavano tanti esseri umani, si distruggevano tante esistenze preziose, girai a destra per entrare nel cimitero…In questo luogo le tracce dei combattimenti non potevano lasciare dubbi sulla ferocia della lotta. Nonostante fossero passate tre settimane dal giorno della grande battaglia, la terra era ancora seminata di macerie e soprattutto di cartucce, prive di polvere da sparo, e di proiettili. Le case erano in gran parte prive di tetti, i camini erano caduti e i muri del cimitero letteralmente crivellati di colpi. Sono entrato nel cimitero: le tombe scavate, le croci divelte, rotte, il terreno battuto dai piedi degli uomini a tal punto che si distinguevano appena le sepolture, tutto indicava che lo scontro qui era stato terribile…”
Qui tutto, immagini e impressioni scritte, è raccontato a posteriori. Anche durante la Prima Guerra Mondiale notizie e immagini giungono all’opinione pubblica con qualche giorno di ritardo, ma la fotografia s’incarica di rendere più immediata l’informazione. L’operazione messa in campo da La guerre d’Italie con visioni d’insieme, immagini di generali riuniti in consiglio di guerra attorno a Napoleone Terzo, momenti di vita militare e soccorso ai feriti, singoli ritratti di generali, sarà reiterata tra il 1914 e il 1918, ma con una differenza: la fotografia mostrò, per quanto la censura lo permetteva, gli orrori veri della guerra, all'illustrazione fu riservato il compito di esaltare le virtù eroiche dei soldati che si lanciavano nella terra di nessuno contro cannoni e mitragliatrici.
Era però un’operazione culturale sulla quale vennero sollevati forti dubbi di autenticità e i primi a farlo furono gli stessi soldati al fronte.
Nei ritratti dei generali che avevano comandato l’esercito francese non vi è alcuna indicazione che si tratti di riproduzioni tratte da fotografie, ma l’influenza della nuova moda, l’uso della carte de visite, si avverte nella statica posa del soggetto ritratto a figura intera. Ad un organo di informazione destinato ad una larga diffusione, si affida il compito di far conoscere i protagonisti delle vittorie francesi e i militari che si sono distinti nei combattimenti. E’ un’operazione mediatica non nuova, ma nel nostro caso viene amplificata dalle numerose gravures pubblicate.

Il generale Cler

E’ sempre Gustave Doré a firmare l’immagine di Napoleone Terzo in un momento di pausa dalle fatiche della guerra, il ritratto dell’imperatore dei francesi è quello di un uomo che appare appesantito nell’uniforme ufficiale e siede accanto a un pezzo di artiglieria. E’ un ritratto ben diverso da quelli che lo mostrano in mezzo ai suoi soldati, ad esempio nel mese di agosto a Parigi mentre passa in rassegna le truppe che hanno partecipato alla campagna d’Italia.



 
Napoleone Terzo visto da Gustave Doré
Napoleone Terzo a Parigi passa in rassegna le truppe
che hanno combattuto in Italia
Su ciò che accade attorno ad una battaglia e sull’organizzazione di un esercito ottocentesco, l’inserto del Journal pour tous informa con alcune gravures che mostrano aspetti diversi.
Un omaggio è reso alle vivandiere che sono al seguito delle truppe e corrono i rischi del coinvolgimento nello scontro armato. In una gravure vediamo una vivandiera alla giuda di un carretto del 40° battaglione dell’armata d’Italia, la donna è visibilmente preoccupata: attorno a lei piovono proiettili d’artiglieria e un soldato l’aiuta a governare il cavallo. E’ un immagine che rimanda al personaggio tratteggiato da Stendhal all’inizio di La Certosa di Parma e che non troveremo nelle illustrazioni e fotografie della Prima Guerra Mondiale. Al posto delle vivandiere, vedremo le infermiere che assistono i feriti negli ospedali militari e le cerimonie di decorazione delle crocerossine che si sono particolarmente distinte. La guerra di trincea sarà un universo esclusivamente maschile.

                                                                           Vivandiea nel corso di una battaglia


Anche il rifornimento di cibo all’esercito è documentato con una gravure che mostra il lavoro dei soldati macellai alle prese con il taglio di enormi quarti di bue. Questa immagine tende ad accreditare un ottimo trattamento per i soldati inviati in Italia, sappiamo che la condizione del soldato non corrisponde all’immagine positiva che una gravure di questo tipo vorrebbe accreditare. Anche nel corso del primo conflitto mondiale verranno pubblicate immagini simili e saranno fotografie. Le riviste di tutte le nazioni in guerra, sullo stile di La guerre d’Italie, cercheranno di inviare messaggi rassicuranti non solo per dimostrare che i soldati al fronte combattono con la pancia piena, ma che la nazione ha riserve sufficienti per tenere duro sino alla vittoria.

                                                                              Approvigionamento delle truppe

Sul numero 22 di La guerre d’Italie, che anche l’ultimo della serie, la gravure di apertura merita una riflessione sulla differenza tra le guerre ottocentesche che si concludevano con una battaglia sanguinosa, ma definitiva per le sorti del conflitto (nel nostro caso quelle di Solferino e San Martino) e la guerra totale che finisce l’11 novembre 1918.




                                                                                            Après la guerre

In Après la guerre vediamo una strada di Parigi con la folla che attornia i prigionieri austroungarici. Due personaggi guidano un soldato austriaco e sembrano indicargli opposte direzioni, l’ambiguo civile vorrebbe trascinarlo in una bettola che potrebbe essere anche un bordello, lo zuavo, simbolo della mascolinità e del valore francese, indica la direzione opposta. Forse la signora che tiene per mano il bambino rappresenta il simbolo della famiglia che attende il soldato sconfitto in una pace ritrovata. Insomma lo zuavo ha ragione, la solidarietà fra i due combattenti prevale sul vizio e l’immoralità. Questa sorta di affratellamento maschile sarà del tutto assente nelle immagini che troveremo alla fine della Prima Guerra Mondiale e le fotografie tenderanno a sottolineare la sconfitta del nemico e la vittoria delle nazioni dell’Intesa. Con qualche inquietudine però: alcune fotografie mostreranno l’accoglienza riservata ai soldati tedeschi di ritorno dal fronte, in Germania la folla li tratta come vincitori. E’ il segno che la partita non si è conclusa.