Il documento che propongo in apertura non è una fotografia, ma una lettera e appartiene al carteggio intercorso, dal 1915 al 1918, tra i coniugi Margherita del Nero e Giuseppe Mizzoni. Erano i miei nonni materni.
Famiglia Mizzoni, 1917 |
Un giorno del 1916, Margherita Del Nero va al cinema insieme a sua figlia Milena, che ha tre anni, e racconta quel momento di svago al marito.
Lettera inviata da Margherita Del Nero il 7 novembre 1916 |
La lettera é inviata il 7 novembre 1916. Margherita e sua figlia “vedono” la guerra e cercano di riconoscere il loro caro nelle immagini proiettate sullo schermo. E’ una sorta di transfert che dura il tempo di un film e che resta nella memoria.
Quelle immagini sono giunte sino a noi e fanno parte dei documenti cinematografici attraverso i quali noi vediamo e conosciamo la Grande Guerra. La scalata degli alpini viene spesso inserita nei filmati che raccontano la Grande Guerra degli italiani.
L’immagine è il modo nuovo con cui si stabilisce il legame tra i milioni di soldati su tutti i fronti di guerra e le loro famiglie.
Cartoline, fotografie, pubbliche proiezioni di cinegiornali di guerra, fotografie che appaiono sulle riviste: questi sono gli strumenti per tenere unito un vincolo che l’estrema durata del conflitto rischia di spezzare.
La Prima Guerra Mondiale entra negli archivi fotografici familiari, costituiti da album che sino ad allora sembravano restituire un mondo ordinato e tranquillo. Ci sono le fotografie del servizio militare, con il soldato che indossa un’ordinata divisa e posa nello studio del fotografo. Ma quando scoppia la guerra, qualcosa cambia. Durante il conflitto i soldati che si fanno fotografare sono milioni. Per molti di essi, l’esperienza di porsi davanti ad un obbiettivo fotografico è una novità assoluta e rappresenta l’ingresso nella modernità.
E’ qualcosa che non è mai avvenuto da quando era stata inventata la fotografia.
soldati tedeschi |
soldati italiani |
In una foto cartolina di un soldato francese, rinvenuta in un album appartenente ad una famiglia di cui non si ha alcuna notizia, leggiamo:
“Alta Alsazia, 10 maggio. E' seduto su una vetta del versante dei Vosgi, con un paesaggio magnifico davanti agli occhi, ma purtroppo al suono di un cannoneggiamento continuo, che ti invio il mio ritratto per dirti arrivederci o addio. Non avrei mai immaginato che mi fosse riservata una sorte simile, sono nella territoriale e questa sera andremo fino agli avamposti dove ci avvicendiamo ogni due giorni. Il paesaggio è bello ma dei grossi crateri ci…”
foto-catolina di un soldato francese e il testo scritto sul retro |